Omicidio Aloi a Simeri: inizia il processo
È iniziato oggi, davanti alla Corte d'assise di Catanzaro, il processo a carico di Alfredo Trapasso, catanzarese di 31 anni, finito in manette per l'omicidio di Antonio Aloi, operaio 39enne ucciso con quattro colpi di pistola e poi dato alle fiamme all'interno di un casolare di Simeri Crichi (Catanzaro), dove venne ritrovato semicarbonizzato la sera di domenica 19 settembre 2010. L'imputato e' stato citato a giudizio immediato dalla Procura della Repubblica e proprio contro questa scelta è stata diretta un'eccezione dei difensori di Trapasso, gli avvocati Luigi Falcone e Nicola Cantafora - secondo i quali il procedimento avrebbe dovuto invece passare per l'udienza preliminare -, che però i giudici hanno respinto. La Corte ha di seguito ammesso i mezzi di prova richiesti dal pubblico ministero Simona Rossi e dagli avvocati, prima di rinviare per il prosieguo all'udienza del 10 gennaio, quando sarà affidato al perito l'incarico di trascrivere alcune intercettazioni ritenute utili alla definizione del giudizio.
Secondo quanto ricostruito dalla pubblica accusa sarebbe stato Trapasso a portare Aloi nel casolare incriminato, dove poi lo avrebbe ucciso con una calibro 7,65 e dato alle fiamme, che però non hanno distrutto completamente il corpo, ne' il telefono cellulare della vittima, rinvenuto vicino al cadavere. Una settimana dopo il delitto, i carabinieri della Compagnia di Sellia Marina e del Reparto operativo provinciale hanno individuato proprio Trapasso come il presunto assassino, ipotizzando che avrebbe agito per via di un regolamento di conti con la vittima. L'uomo, su disposizione del sostituto procuratore Paolo Petrolo, fu sottoposto a fermo di indiziato di delitto. L'imputato, tra le altre cose, presentava sul corpo delle ustioni secondo gli investigatori compatibili con l'accensione delle fiamme che dovevano distruggere le prove del delitto nel casolare di Simeri. Trapasso, per parte sua, rispondendo alle domande del giudice per le indagini preliminari che convalidò il fermo e dispose a suo carico la custodia cautelare in carcere - confermata dal tribunale del riesame il 4 novembre 2010 -, ammise di aver visto Aloi il giorno dell'omicidio, ma di essersi separato da lui molto prima dell'ora della morte, negando di aver avuto a che fare con quel brutale delitto.