Comuni: Legautonomie, in Calabria poca sicurezza e poche risorse

Calabria Attualità Elvira Madrigrano

Nella sala stampa dell’Unical, ad Arcavacata, ieri mattina, è stato presentato il “rapporto sullo stato delle autonomie locali calabresi 2010” a cura di Legautonomie. Al tavolo dei relatori il presidente di LegAutonomie, Mario Maiolo, il curatore dell'indagine Claudio Cavaliere, segretario dell'associazione autonomista, il presidente del Consiglio regionale Francesco Talarico e il preside di Scienze politiche dell'Unical, Guerino D'Ignazio. Il rapporto sostanzialmente esamina lo stato di salute dei bilanci comunali calabresi e li compara con la media nazionale. Il rendiconto, quest’anno, ha una valenza maggiore in vista dell’approvazione, slittata alla prossima settimana, della Commissione bicamerale sul federalismo fiscale e il decreto che riguarda le tasse dei Comuni. La finanza locale è analizzata attraverso i conti consuntivi dal 2003 al 2008, cinque anni che studiano i bilanci dei 409 comuni calabresi. I dati che affiorano dal rapporto, sono i primi dopo l’abolizione dell’Ici sulla prima casa, quello che emerge dalle tabelle è la difficoltà dei comuni calabresi a far fronte alla gestione finanziaria dell’ente stesso a causa di una diversa distribuzione dei redditi catastali, minori rispetto al resto delle regioni italiane. Gli effetti negativi, dunque, sono in aumento dal momento che in molti enti, nel corso dell’anno, si avrà una contrazione delle entrate e considerando che il PIL della Calabria è nettamente inferiore a quello delle altre regioni è impensabile che i comuni possano investire in servizi ed infrastrutture. Dal report si evince, infatti, che trentadue comuni calabresi hanno realizzato zero euro in spese conto capitale cioè in investimenti. Questi comuni nel 2008 hanno semplicemente speso i soldi per le uscite di cassa correnti, vale a dire per il proprio sostentamento. Il fascicolo contiene, altresì, il resoconto annuale sulla sicurezza degli amministratori locali calabresi che nel 2010 ha fatto registrare un andamento particolarmente drammatico. Nonostante nel 2009 fossero già state registrate 78 intimidazioni a danno di amministratori locali, nel 2010 il trend in Calabria è in aumento con 106 episodi. Nel nuovo anno il dato è destinato a salire, una dimostrazione sono gli ultimi atti intimidatori dei giorni scorsi ai danni del sindaco di Crotone, Peppino Vallone. La provincia dove lo scorso anno si è verificato il maggior numero di atti intimidatori, nel corso dell’ultimo decennio, è Reggio Calabria con 244 episodi criminosi. Al secondo posto la provincia di Catanzaro con 297, segue Vibo Valentia 172, al quarto posto Cosenza con 138, ultima Crotone 112. Il numero dei comuni calabresi interessati dal fenomeno sono 217, il 53% del totale. La tipologia degli atti intimidatori è varia. Al primo posto la metodologia più comune utilizzata sono lettere minatorie, recapiti di proiettili ed ordigni inesplosi pari al 38.6%. Dato sconcertante il numero di consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose: nel 2010 in Italia sono stati 4 comuni di cui 3 in Calabria.