Operazione Galassia, Cassazione conferma ai manager sequestro di 60 mln

Reggio Calabria Cronaca

Dopo la confisca di 39 milioni da parte del Tribunale di Catania per Tavarelli e Ivanovic, ex manager del bookmaker SKS365 (a carico dell'attuale proprietà della socità e management non risulta nessuna imputazione) ed entrambi coinvolti nell’operazione Galassia che li vedeva impegnati in una fitta organizzazione criminale di scommesse abusive online, arriva la sentenza di Cassazione che conferma il sequestro preventivo disposto a dicembre 2018 dal Tribunale di Reggio Calabria.

Le indagini, condotte dalle forze dell’ordine otto mesi fa, avevano portato a decine di arresti e al sequestro di beni per circa 70 milioni di euro, in Italia e all’estero, oltre che di un corposo numero di agenzie di scommesse e internet point.

Il ricorso dei manager, presentato stavolta contro “l’applicazione della misura reale del sequestro preventivo - fino alla concorrenza di oltre 60 milioni di euro - dei conti correnti, dei prodotti finanziari e di altre utilità” detenute dai due indagati, è stato giudicato inammissibile dalla Suprema corte.

Intanto, il Tribunale del Riesame ha escluso la ricorrenza dei gravi indizi a carico dell’ex dirigente della bookmaker SKS365, Giuseppe Decandia in relazione al reato associativo contestatogli sostanzialmente per il fatto che “egli non avrebbe avuto alcuna relazione diretta con i sodaliche avevano gestito la rete dei punti per la raccolta clandestina in Calabria” e, dunque, “non potrebbe rispondere penalmente di condotte tenute da terzi”.

Fra gli altri reati compaiono anche la dichiarazione infedele dei redditi e dell’iva, di truffa aggravata ai danni dello Stato, il riciclaggio, l’auto riciclaggio e il reimpiego di proventi.

Il Tribunale del capoluogo dello Stretto dovrà adesso rivalutare la possibilità della custodia cautelare in carcere per Giuseppe Decandia in seguito al ricorso della Procura per la scarcerazione autorizzata sette mesi fa.

La Cassazione ha poi confermato il carcere per Santo Furfaro, ritenuto come un altro esponente di vertice della presunta associazione a delinquere e che avrebbe garantito al gruppo la protezione del clan Tegano attraverso il versamento del 5% degli introiti delle giocate.