Illusa su Facebook lascia la Romania e finisce per strada a Crotone. Prostituta a 19 anni tra violenza e botte

Crotone Cronaca

Il “giro” avrebbe potuto anche diventare più vasto ma è il caso di dire che è stato probabilmente stroncato “sul nascere” dai carabinieri.

Un “business”, quello dello sfruttamento della prostituzione, in cui si sarebbero “gettati” in sette, quattro rumeni e tre italiani, preoccupandosi di procacciare sui social le donne dell’est da avviare alla “professione”, come sempre illudendole di una vita migliore nel nostro Paese, addirittura facendole innamorare di quello sconosciuto che invece le avrebbe portate sulla strada, o direttamente a casa dei clienti, o peggio ancora in quella dove erano costrette a vivere in condizioni igieniche che definire al limite della decenza è forse troppo poco.

Per le più riottose, poi, non mancavano le minacce, gravi, addirittura l’uso della violenza, anche sessuale.

Insomma, una vera e propria “organizzazione” l’hanno definita gli investigatori dell’Arma, quella attiva ad Isola Capo Rizzuto, dove faceva base, ma che estendeva il suo “commercio anche al capoluogo pitagorico.

Stamani i militari della Tenenza locale hanno messo però la parola fine all’intera vicenda, facendo scattare le manette ai polsi di sette presunti responsabili del “mercato” del sesso made in Crotone (LEGGI).

GLI ARRESTATI

In quattro sono finiti in carcere, per gli altri il Gip ha stabilito la misura meno afflittiva dei domiciliari. Le porte della casa circondariale si sono spalancate dunque per Sebi Costel e Aurel Petrica Dragoi, rispettivamente di 22 e 25 anni; e per Alexandra e Florin Galion, di 19 e 40 di anni. Ai domiciliari, invece, i tre italiani, tutti i Isola: Vito Vallone, 48 anni; Giovanni Cristofalo, 81 anni e Francesco Carmine Verterame, 63 anni.

Florin Glalion, padre di Alexandra, è attualmente ricercato essendosi reso irreperibile e che al momento si troverebbe in Romania.

DALLE AVANCES SUL SOCIAL ALLA STRADA

Le indagini dell’Arma sono partite nell’ottobre del 2018 e si sono dipanate fino al gennaio scorso. Tutto è iniziato grazie al coraggio di una delle vittime, all’epoca appena 19enne, che sfuggita ai suoi aguzzini si presentò in caserma e dopo essere stata rassicurata aveva iniziato a raccontare la sua storia di violenze, costrizioni; un giogo che l’aveva portata a lasciare la sua casa, la sua nazione, per poi finiresulla strada” in un paese lontano.

Arrivata in Italia con la promessa di una vita migliore, aveva invece trovato la “schiavitù”. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, infatti, la ragazza sarebbe stata adescata tramite Facebook da Sebi Dragoi, ammaliata via chat con “dolci parole”, fattole ritenere che fosse un bravo ragazzo e che avrebbero potuto costruirsi insieme una nuova vita ad Isola Capo Rizzuto.

Una volta nel nostro paese la 19enne, però, sarebbe stata costretta a prostituirsi con la forza venendo anche abusata dal suo presunto aguzzino che addirittura e per avere un bambino l’avrebbe obbligata ad atti sessuali non protetti insultandola e prendendola a schiaffi e pugni. In un caso l’avrebbe anche ferita con un’arma da taglio.

LA COMPAGNA DEL PRESUNTO AGUZZINO

Tra i personaggi della vicenda, poi, un ruolo merita - sempre secondo gli inquirenti - Alexandra Galion. Quest’ultima, compagna di Aurel Petrica Dragoi, avrebbe anche lei esercitato la “professione”, ma avrebbe anche indotto la giovane vittima a prostituirsi e avuto un ruolo attivo nell’organizzazione.

È dopo che la stessa era rimasta incinta, poi, che la “struttura” pare avrebbe iniziato attivamente a cercare di adescare nuove donne da indurre al meretricio, sempre tramite i social network e sempre con lo stesso “metodo” e le stesse “promesse”.

Alcune delle vittime designate, hanno spiegato gli investigatori, intelligentemente avevano intuito che dietro ci fosse qualcosa di poco chiaro, rifiutando le offerte di venire in Italia.

Ma gli stessi carabinieri hanno sottolineato che se questo “giro” non fosse stato arginato dall’inchiesta, probabilmente sarebbe stato destinato ad allargarsi ulteriormente, consentendo lauti guadagni all’organizzazione: basti pensare, è stato evidenziato, che una prestazione sessuale venisse pagata sui 30 euro e che in una giornata si arrivasse ad incassare tra i 150 e i 200 euro. Denaro che sarebbe sempre finito nelle mani dei fratelli Dragoi.

IL RUOLO DEGLI ITALIANI, PAGATI ANCHE COL SESSO

Quanto ai tre italiani finiti ai domiciliari, a questi gli inquirenti contestano di aver “aiutato” la struttura nelle attività. In particolare, e secondo il racconto della vittima, la stessa veniva accompagnata dai clienti da Sebi Dragoi, e quest’ultimo sarebbe stato sempre in compagnia di uno degli isolitani.

La tesi è che quest’ultimi, in pratica, venissero pagati, sia in denaro ma a volte anche con in cambio di prestazioni sessuali, nello specifico per portarla sul “posto di lavoro”.

Le indagini, come dicevamo, sono state eseguite dai carabinieri della tenenza di Isola Capo Rizzuto anche tramite delle intercettazioni.

La misura cautelare è stata firmata dal Gip Romina Rizzuto, della Procura di Crotone. I dettagli sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa dal Comandante provinciale dei Carabinieri, Alessandro Colella, dal Comandante della Compagnia cittadina, Francesco Esposito, e dal Comandante della Tenenza di Isola, Gabriele Migliano.