Le questione su un’eredità e il pestaggio del nipote con l’aiuto della cosca calabrese, 9 arresti a Brescia
Gravi episodi delittuosi - compiuti anche con modalità mafiose - con la finalità di agevolare la cosca Bellocco di Rosarno. È questa l’accusa che ha portato la Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Brescia ad emettere un decreto di fermo di indiziato di delitto nei confronti di nove persone.
Oltre alle catture - eseguite dal ROS dei Carabinieri insieme a militari dei Comandi Provinciali della Lombardia, del Veneto e della Calabria - sono state eseguite numerose perquisizioni domiciliari e locali in varie province del territorio nazionale, cui ha partecipato anche la Guardia di Finanza di Brescia, che ha operato in relazione a specifiche e complementari ipotesi di reati finanziari sviluppate a carico degli indagati.
LA RICHIESTA DI “AIUTO” ALL’ESPONENTE DEI BELLOCCO
Il tutto ha iniziato a muovere i suoi primi passi da un’attività della Dda di Reggio Calabria, che nel corso di un’articolata indagine a carico di presunti appartenenti alla cosca ‘ndranghetista rosarnese, aveva avuto notizia di un’imminente azione aggressiva ai danni di soggetti mantovani.
Le indagini, coordinate da questa Direzione Distrettuale Antimafia e condotte dal ROS, si sono sviluppate attorno alla figura del 56enne calabrese Antonio Loprete, ritenuto vicino ai Bellocco, e alla coetanea mantovana Marta Magri che, “pienamente consapevole della caratura criminale del calabrese” – sostengono gli inquirenti - si sarebbe rivolta a Loprete per “risolvere” una controversia economica con il nipote e la cognata.
Secondo gli investigatori, la donna sarebbe stata a conoscenza dei soggetti “pericolosi” per altri legami in contesti economico-finanziari ritenuti “di dubbia liceità”, basati su “fosche operazioni” riconducibili al settore degli strumenti derivati dalla compravendita di garanzie e fideiussioni e ad “oscure attività di accesso al credito bancario”.
IL PIANO PER LA SPEDIZIONE PUNITIVA
Dalle indagini sarebbe emerso come il 56enne avrebbe affidato inizialmente l’esecuzione dell’azione intimidatoria al proprio nipote, Francesco Corrao - anch’egli ritenuto organico al clan Bellocco - e che a causa dell’arresto subito quest’ultimo il 24 gennaio del 2018 per un’altra vicenda, l’azione punitiva avrebbe subito un cambiamento di programma, costringendo nella stessa serata Loprete e il figlio Giuseppe, di 26 anni, a partire dalla Calabria verso Mantova per eseguire “il compito” in prima persona. Azione scongiurata solo grazie all’intervento della polizia giudiziaria.
Dopo il primo tentativo fallito, l’incarico sarebbe poi stato assegnato a Fabio Campagnaro e ad Alberto Reale, rispettivamente di 49 e 42 anni, entrambi padovani, che per gli inquirenti graviterebbero “nel mondo dei reati fiscali e finanziari” e che sarebbero stati assoldati da Magri dietro il pagamento di un importo iniziale di 3 mila euro.
Il 7 febbraio 2018 sarebbe stato dunque documentato come i due avrebbero effettuato un sopralluogo presso l’abitazione delle potenziali vittime, a Bagnolo San Vito (nel mantovano).
Le captazioni dimostrerebbero come la volontà di portare a termine il piano fosse ancora esistente tanto da essere programmato per il successivo 14 di marzo; anche in questo caso, grazie all’intervento della polizia è stato sventato il pestaggio.
Il 19 giugno dello stesso anno, improvvisamente e senza rilevare alcuna avvisaglia nel contesto delle indagini, il nipote della donna ha subito un’aggressione violenta da parte di alcuni soggetti che, dopo averlo avvicinato mentre usciva da un tabaccaio a Governolo, lo presero a pugni provocandogli la frattura della mascella.
Il giovane venne ricoverato nell’ospedale di Mantova dove fu sottoposto ad un intervento di chirurgia maxillo facciale di ricomposizione, con una prognosi iniziale di 40 giorni che si era poi protratta per altri due mesi, e con una compromissione della dentatura.
LOPRETE E IL COINVOLGIMENTO NEI RIFIUTI
Gli approfondimenti investigativi, in breve tempo, hanno portato a raccogliere dei gravi indizi sulla responsabilità del pestaggio in capo alla mandante, al committente Campagnaro, a Reale, al veneto Roberto Bortolotto, di 58 anni, che sarebbe risultato in possesso di un’arma da fuoco e che avrebbe contribuito alla realizzazione dell’azione, ed a identificare i presunti esecutori materiali nel moldavo Gheorghe Lozovan (classe 1976) e negli albanesi Eduard Keta (classe 1984) e Kleant Curri (classe 1994).
L’operazione di oggi, inoltre, ha portato all’esecuzione due ordinanze di custodia cautelare - una in carcere ed una agli arresti domiciliari - emesse dal GIP del Tribunale di Brescia, su richiesta della Direzione Distrettuale, nei confronti di Alessandro Gnaccarini, 53enne di Viadana e Gianluca Vendrasco, 42enne della provincia di Treviso, per traffico illecito di rifiuti.
Quest’ultima indagine, condotta dai Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico bresciano, p partita nell’ottobre del 2018 con il sequestro, a Soiano del Lago, di un capannone industriale all’interno del quale erano state stoccate illecitamente oltre mille tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi, classificati con un altro codice.
Gli accertamenti successivi evidenziarono l’esistenza di una struttura organizzata e ben rodata che avrebbe gestito abusivamente i rifiuti speciali.
In quest’ultimo contesto si sarebbe evidenziato, ancora una volta, il coinvolgimento di Antonio Loprete, che avrebbe messo a disposizione dell’associazione un capannone in provincia di Mantova.