Dall’omicidio Bruni alle estorsioni ad imprenditori in difficoltà: recisa la “catena” degli ‘Italiani’ e degli ‘Zingari’

Cosenza Cronaca

In colpo solo “decapitati” il vertice di due distinte cosche mafiose del cosentino, note e temibili entrambe: parliamo dei Lanzino-Ruà-Patitucci, conosciuti anche come il “Clan degli Italiani”, e di quello degli “Zingari”, gruppo riferibile alla famiglia degli Abbruzzese, e cosiddetto “Banana”.

Sono loro le diciotto persone – tra presunti “boss” e gregari - fermate nell’ambito dell’operazione non a caso denominata “Testa del Serpente(QUI IL VIDEO), e che almeno secondo gli inquirenti avrebbe inferto un duro “schiaffo” alle consorterie egemoni a Cosenza.

Le accuse contestate a tutti e a vario titolo sono quelle di omicidio; di estorsione sia tentata che consumata nei confronti di numerosi titolari di attività commerciali ed imprenditoriali situate nella provincia bruzia; ma anche il porto e la detenzione illegali di numerose armi, anche da guerra; oltre che reati in materia di stupefacenti; di usura ai danni di imprenditori che versavano in stato di bisogno; e, infine, quella di lesioni.

Gli investigatori ritengono dunque di aver fatto luce non solo sull’egemonia dei due clan e su numerosi casi di estorsione; un potere - quello degli “Italiani” e degli “Zingari” - che si sarebbe imposto anche grazie alla loro disponibilità di armi, alcune delle quali sequestrate nel corso delle indagini.

L’altro elemento su cui gli inquirenti credono di averne compreso le dinamiche, è l’omicidio contestato ad alcuni dei fermati di oggi. Si tratta, in particolare, dell’assassinio di Luca Bruni, presunto boss della ‘ndrangheta cosentina che scomparve il 3 gennaio del 2012 (QUI) e che poi venne ritrovato morto due anni dopo, nel dicembre 2014 (QUI).

Bruni era il figlio del presunto boss Francesco Bruni, detto “Bella Bella”, a sua volta assassinato nel 1999 poco dopo essere uscito dal carcere e fratello di Michele Bruni, deceduto nel 2011 in carcere a causa di una grave malattia.

L’ipotesi è che la vittima avesse così assunto un ruolo di vertice all’interno del proprio gruppo dopo la morte del fratello, Bruni, e che stesse tentando di organizzarsi per ampliare il raggio d’azione della cosca (QUI).

Un tentativo, questo, che sarebbe stato in contrasto con gli accordi già stabiliti da un “patto” stipulato tra i due clan degli “italiani” e degli “zingari”: da qui la decisione di farlo fuori.

I FERMATI

Il provvedimento di fermo ha colpito i seguenti presunti esponenti di vertice delle due principali organizzazioni criminali: Luigi Abbruzzese, cl. 1985; Antonio Abruzzese, cl. 1984; Marco Abbruzzese, cl. 1990; Nicola Abbruzzese, cl. 1988; Franco Abbruzzese, cl. 1973; Antonio Marotta, cl. 1979; Francesco Casella, cl.1963; Antonio Bevilacqua, cl.1956; Antonio Colasuonno, cl. 1978; Claudio Alushi, cl. 1996; Adamo Attento, cl. 1991; Roberto Porcaro, cl.1984; Carlo Drago, cl.1964; Giovanni Drago, cl.1993; Alberto Turboli, cl.1980; Danilo Turboli, cl.1995; Andrea D’elia, cl. 1992; Pasquale Germano, cl. 1994,

Il blitz è stato condotto dalla Polizia di Stato, dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza. La misura è stata emessa dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro e le indagini sono state coordinate dal Procuratore Nicola Gratteri, dall’Aggiunto Vincenzo Capomolla e dal Sostituto Camillo Falvo.