Tentano la rapina a un portavalori, “pizzicati” dagli agenti di scorta a un pm
Il piano sembrava ben organizzato. Travestiti da poliziotti e altri da netturbini, sperando così di non dare nell’occhio, si sarebbero presentati davanti al centro commerciale “Le Ninfee”, in Viale Calabria a Reggio Calabria, e avrebbero atteso l’arrivo di un portavalori che avrebbe dovuto prelevare l’incasso del weekend per consegnarlo alla filiale in loco della Bnl.
È in questo momento che sarebbe dovuta scattare l’azione: armati di pistola e fucile avrebbero dovuto arraffare il bottino, circa 160 mila euro, e poi sparire indisturbati.
Un piano però che è letteralmente saltato e grazie all’acume di alcuni agenti di scorta ad un magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia, che passando dalla zona hanno notato due soggetti che indossavano delle divise della polizia ma in modo apparso strano, cioè senza i distintivi di qualifica, cinturone e con le cravatte indossate in modo non corretto.
I poliziotti hanno allerto così i colleghi della questura, che ha inviato sul posto una volante. Alla vista della pattuglia, però, due si erano dati alla fuga, facendo perdere le proprie tracce.
Sin da subito, pertanto, la Mobile, coordinata dalla Procura, aveva avviato un’indagine per capire cosa stesse succedendo e oggi hanno arrestato quelli che ritengono fossero gli appartenenti ad un gruppo che voleva appunto rapinare il furgone portavalori.
A tutti vengono contestati, in concorso, la tentata rapina aggravata dall’aver compiuto l’atto in numero superiore a tre persone, la detenzione e porto illegale di armi da sparo aggravato dal voler usarle per commettere la rapina e il riciclaggio aggravato di un’autovettura rubata ed utilizzata per la tentata rapina.
LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI
I fatti risalgono al 9 settembre scorso e sono stati ricostruiti dagli investigatori della Mobile, direttamente coordinati dall’Aggiunto Gerardo Dominijanni e del Sostituto Alessandro Moffa.
Le investigazioni - che hanno portato all'operazione denominata Fake Identity - si sono subito concentrate sull’analisi dei numerosi sistemi di videosorveglianza della zona. Vennero ascoltate anche numerose persone, tra le quali i responsabili del Centro Commerciale e della sicurezza della banca, ed eseguite diverse perquisizioni a dei pregiudicati proprio per rapina, riuscendo, in poco tempo, sia a ricostruire la dinamica dei fatti che ad individuare ed identificare i presunti autori.
Gli investigatori ritengono infatti che dalla mattina presto di quel giorno, due degli arrestati, Scaramozzino e Mirandoli, indossando delle divise della Polizia e dei giubbotti antiproiettile sotto la giacca, sarebbero arrivati a piedi nei pressi del centro commerciale, percorrendone più volte il perimetro esterno.
Negli stessi minuti, a bordo di un’autovettura risultata poi rubata, così come la targa della stessa auto, sarebbero poi arrivati gli altri che, a loro volta, indossavano le tute arancione simili a quelle degli operatori della nettezza urbana e addetti alla pulizia delle strade.
Quest’ultimi - identificati in Amato e Venuti – portavano anch’essi e sotto le tute dei giubbotti antiproiettile e, soprattutto, erano armati di una pistola e di un fucile a pompa che era nascosto in un piccolo bidone per la raccolta dei rifiuti che, a rotelle, portavano con sé insieme ad scopa e paletta.
Dalla visione delle immagini è stato possibile ricostruire che i quattro - che tra l’altro sono stati immortalati dalle telecamere mentre parlavano tra di loro - sarebbero rimasti per circa un’ora e mezza (dalle 7,30 alle 9) nelle vicinanze del centro commerciale e proprio nel punto in cui sarebbe giunto, da lì a poco, il furgone portavalori.
La rapina però venne sventata grazie alla segnalazione degli agenti di scorta ed all’arrivo in zona delle Volanti, alla cui vista tutti decisero di scappare, evidentemente non ritenendo vi fossero più le condizioni per agire in “sicurezza”.
Nelle fasi della fuga, poi, Amato e Venuti avrebbero contato sull’apporto di Condello che li avrebbe atteso i presunti complici poco distante fornendogli l’auto personale per allontanarsi.
La portata indiziaria degli elementi raccolti dalla Polizia a carico degli indagati è stata, pertanto, condivisa dall’Autorità Giudiziaria che ha emesso le misure cautelari in carcere eseguite oggi.