Inchiesta Nuovo Potere. Fioccano le condanne in Cassazione: in otto finiscono in carcere
Fioccano le prime condanne in Cassazione dopo gli arresti eseguiti nel corso dell’inchiesta “Nuovo Potere” (QUI), avviata dai carabinieri dopo due gravi fatti di sangue avvenuti 15 anni fa, nel lontano 2004, e che aveva portato a delineare gli assetti di due cosche di ‘ndrangheta, inizialmente in cruenta contrapposizione tra loro, quelle dei Pangallo-Maesano-Favasuli e dei Zavettieri (QUI).
Entrambe i clan operavano un predominio territoriale, politico ed economico sui comuni di Roghudi e Roccaforte del Greco, nel reggino, dove controllavano l’attività estorsiva, gli appalti, così come l’intestazione fittizia di beni, il compimento di reati predatori ed gestivano il traffico di stupefacenti.
Nei giorni scorsi, dopo la pronuncia della Suprema Corte che ha confermato a loro carico condanne che vanno dai 2 ai 10 anni di reclusione, i militari hanno così eseguito otto ordini di carcerazione emessi dalla Procura Generale di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Generale Bernardo Petralia.
In particolare, i carabinieri di Melito Porto Salvo insieme ai colleghi della Compagnia del capoluogo hanno arrestato: Francesco Pangallo, 44anni, che è stato condannato a oltre 10 anni di carcere per associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso e reati in materia di armi.
In carcere sono finito anche: Domenico Carmelo Iaria, 44 anni, a sua volta condannato a più di 6 anni di reclusione per associazione mafiosa, procurata inosservanza di pena aggravata dall’agevolazione mafiosa e reati di armi. Agostino Palamara, 46 anni, Domenico Attinà, 48 anni; Giovanni Pangallo, 56 anni; Filippo Stelitano, 41 anni e tutti condannati a quasi 5 anni e mezzo di per associazione mafiosa; Francesco Pangallo, 45 anni, 4 anni per illecita concorrenza con minaccia o violenza aggravata dall’agevolazione mafiosa; Andrea Pasquale Mesiano, 72 anni, condannato a oltre 2 anni e mezzo per illecita concorrenza con minaccia o violenza aggravata dall’agevolazione mafiosa.
Gli arrestati sono stati tradotti portati nella casa circondariale “Panzera” di Reggio Calabria.