Frode fiscale. Smantellato gruppo vicino alla ‘ndrangheta, perquisizioni in tutt’Italia
Avevano creato un vero e proprio sistema di cosiddetta “frode carosello” all’Iva, nel settore delle telecomunicazioni, e attuata con l’uso di una fitta rete di società “cartiere” e “filtro” nei paesi dell’unione europea ed extra europea. Aziende risultate tutte intestate a prestanome con precedenti anche per associazione di stampo mafioso e traffico di droga.
Una truffa che - dal 2015 al 2018 - ha consentito al gruppo, tramite l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, di frodare per oltre 160 milioni di euro le imposte ai fini Iva e Ires e per oltre 34 milioni di euro.
LE INDAGINI
L’operazione è scattata all’alba di questa mattina, quando circa 300 finanzieri dei Comandi Provinciali della Guardia di Finanza di Milano e Lecco e dello Scico di Roma hanno iniziato a eseguire in Lombardia, Piemonte, Lazio, Valle d’Aosta e anche in Calabria, un’ordinanza emessa dal gip del Tribunale del capoluogo lombardo, che prevede la custodia cautelare personale e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di venti persone indagate, a vario titolo, per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, estorsione, usura ed auto-riciclaggio. Diciotto le persone che sono finite in manette.
Eseguiti anche provvedimenti di sequestro preventivo “per equivalente” su beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie, detenute in Italia e all’estero, per un valore complessivo di oltre 34 milioni.
I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Milano, della Tenenza di Cernusco Lombardone e dello Scico stanno, inoltre, effettuando più di 50 perquisizioni locali e domiciliari su tutto il territorio nazionale ed estero, con il supporto del personale delle Forze di Polizia della Croazia e della Confederazione Elvetica.
IL SISTEMA CONNESSO ALLA ‘NDRAGHETA
I provvedimenti rappresentano l’epilogo di una complessa attività investigativa coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Milano, che ha consentito di disarticolare un’organizzazione criminale composta anche da persone vicine a clan di ‘ndrangheta, da tempo radicato ed operante in Lombardia, e a un gruppo criminale di origine calabrese attivo sul territorio meneghino.
Le indagini hanno permesso di scoprire che due coniugi di esponenti di una nota cosca ‘ndranghetista ed un uomo condannato per reati di mafia fossero stati assunti all’interno di imprese coinvolte nel meccanismo fraudolento.
Nel corso delle investigazioni sono stati anche ricostruiti diversi episodi di usura e connesso auto-riciclaggio, e un’estorsione con tipiche modalità mafiose che ha indotto il gip alla contestazione dell’aggravante di metodo mafioso nei confronti di alcuni indagati.