Commercio di pellet “tossico”, scoperto business da 2 milioni di euro
Illecita gestione di rifiuti pericolosi, adulterazione di sostanze pericolose, frode in commercio e vendita di prodotti industriali con segni mendaci.
Sono le contestazioni mosse nei confronti di due persone accusate ti aver dato vita ad un presunto traffico illegale di pellet contenente sostanze tossiche e per un giro di affari di circa due milioni di euro.
Questi i risultati di una indagine che, durata diversi mesi, è stata coordinata dalla Procura della Repubblica di Benevento. Le attività sono partite a seguito del ritrovamento dai carabinieri forestali di Summonte in un negozio di Atripalda, di buste di pellet che mostravano anomalie sia nel contenuto che nell’etichettatura.
Così, questa mattina, la polizia giudiziaria, coordinata dalla Procura beneventana, con i militari del Gruppo Carabinieri Forestale di Avellino, ha effettuato dei controlli e delle perquisizioni in diverse località italiane, Calabria compresa.
Le due persone, indagate a piede libero, secondo gli investigatori avrebbero messo in piedi il sistema di vendita del materiale. Così i carabinieri forestali hanno eseguito diverse perquisizioni nelle sedi societarie in provincia di Brescia, Bari, Campobasso, Vibo Valentia, Catanzaro e Cosenza.
In Campania sono state interessate tutte le province, per un totale di 18 sedi perquisite dai Nuclei investigativi di polizia agro-ambientale e forestale dei Gruppi carabinieri forestali territorialmente competenti.
I militari hanno sequestrato confezioni - in buste da 15 kg - di pellet contaminato e pericoloso per la salute pubblica, per un quantitativo complessivo di prodotto di circa 20 tonnellate.
La tesi è che il prodotto provenisse da una azienda di Flumeri, la cui sede legale era a Mirabella Eclano, snodo principale di distribuzione per i rivenditori del centro-sud.
Dalle analisi chimiche emergerebbe che all’interno del pellet vi fossero tracce di vernici e gesso, fluoro e formaldeide, valori di cloro, zolfo e ceneri molto superiori ai limiti, ed elevata presenza di piombo.
Il prodotto, in sostanza, non sarebbe stato ottenuto da pura massa legnosa ma da legni già usati e trattati per fare mobili e infissi e arrivati quindi a fine vita.
Il materiale, invece di essere gestito come rifiuto di legno contenenti sostanze pericolose, e che quindi dovevano essere smaltite in appositi impianti, sarebbe stato utilizzato, appunto, per fare il pellet.
I militari hanno inoltre scoperto che la merce contaminata proveniva dall’estero attraverso una società esportatrice di nazionalità egiziana ed arrivava in Italia tramite un’altra società di trasporto, anch’essa egiziana, in container e via mare, con terminal al porto di Salerno.