L’imprenditore crotonese, il “sistema” dei Consorzi ed un “giro” da 60mln: 7 arresti e 36 indagati

Crotone Cronaca

Nel settembre dell’anno scorso era stato condannato a 10 anni (QUI) nell’ambito del processo con rito abbreviato scaturito dalla maxi operazione Stige (QUI), imponente blitz con cui la Dda di Catanzaro fece arrestare circa 170 persone - tra cui spiccarono nomi “eccellenti” della politica locale - infliggendo un duro colpo alla cosca dei Farao-Marincola di Cirò Marina, nel crotonese (QUI)

E oggi finisce dinuovo in manette Franco Gigliotti, ma ora con l’accusa di far parte, addirittura di essere al vertice, di un gruppo criminale che secondo gli inquirenti, composto da sette persone (sei finite tra le sbarre ed una ai domiciliari) avrebbe commesso una serie di reati fiscali realizzando quello che viene definito come “un articolato meccanismo di frode” con il quale sarebbero riusciti a fornire, a importanti aziende nazionali ed internazionali che operano sul territorio emiliano, servizi e manodopera a prezzi fuori mercato.

Questo quanto emergerebbe dall’inchiesta “Work in Progress” (QUI) scattata stamani e condotta dalle fiamme gialle di Parma, coordinate dalla Procura locale e che ha chiesto ed ottenuto dal Gip la misura cautelare, eseguita dalle fiamme gialle, contestando agli indagati i reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di plurimi delitti di frode fiscale nel settore della metalmeccanica e dell’impiantistica industriale, oltre che per svariate ipotesi di reati fiscali.

Provvedimento che ha disposto anche il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, ed anche per equivalente, di liquidità, beni immobili, mobili e partecipazioni societarie, fino alla concorrenza dell’importo di quasi 12 milioni di euro.

OLTRE 120 CAPI D’IMPUTAZIONE

Le indagini - dirette da Paola Dal Monte, della Procura di Parma - sono state svolte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria locale con delle tecniche di investigazione pura, sviluppando intercettazioni telefoniche e telematiche, ascoltando persone informate sui fatti, eseguenti accertamenti bancari ed investigazioni fiscali e contabili.

Alla fine gli inquirenti hanno indagato ben 36 persone e contestato, complessivamente, oltre centoventi capi di imputazione per associazione a delinquere.

Le ipotesi di reato sono quelle di emissione di fatture per operazioni inesistenti, ma anche di dichiarazione fraudolenta con l’uso di fatture o altri documenti inesistenti, e l’indebita compensazione di debiti con crediti inesistenti.

In alcuni casi, nei quali sarebbero emerse delle cosiddette “triangolazioni” fittizie con società di diritto estero, è stata anche contestata la transnazionalità del reato, ovvero che lo stesso sia stato commesso in più stati dell’Unione Europea.

Sotto la lente della Procura e delle Fiamme Gialle sono finiti soprattutto due Consorzi - il Gf Nuove Tecnologie Scpa, oggi denominato Steel-Tech Scpa e l’I.F.C. Impianti - con le relative società consorziate, che operano nel settore dell’impiantistica industriale.

I CONSORZI, LE CARTIERE E LE FATTURE FALSE

I Consorzi - la cui clientela è costituita anche da società di rilevanti dimensioni e di elevato spessore imprenditoriale nelle province di Parma e Reggio Emilia - sono ritenuti riconducibili rispettivamente a Franco Gigliotti ed a Francesco Ingegnoso.

Gli investigatori sostengono quini che il modo di operare degli stessi consorzi possa ritenersi articolato in tre momenti distinti ma nel contempo complementari.

Il primo momento sarebbe costituito dalle due entità consortili, la Gf Nuove Tecnologie ed il Consorzio I.F.C. Impianti. Secondo gli investigatori sarebbero state utilizzate, rispettivamente, da Franco Gigliotti e Francesco Ingegnoso per relazionarsi con importanti società del parmense o del reggiano ed ottenere affidamenti di lavori sempre più cospicui e prestigiosi.

Il secondo momento sarebbe costituito dalle società consorziate facenti parte delle stesse due entità consortili e che avrebbero avuto un ruolo principale nella realizzazione delle attività ritenute illecite.

Queste società, gestite di fatto e rispettivamente sempre da Gigliotti e Ingegnoso tramite diversi prestanome avrebbero eseguito materialmente i lavori presso le imprese committenti dei consorzi, utilizzando svariati lavoratori regolarmente assunti e retribuiti ed emettendo regolari fatture, nei confronti dei Consorzi, per le prestazioni eseguite.

Inoltre avrebbero utilizzato le fatture considerate fittizie ed emesse da numerose societàcartiere” per abbattere il reddito imponibile ed ottenere consistenti crediti Iva.

Successivamente avrebbero compensato indebitamente i debiti tributari, in alcuni casi, con crediti fiscali inesistenti per non versare le imposte dovute.

Quanto al terzo momento si ritiene sia costituito dalle presunte società cartiere, che per gli inquirenti sarebbero state utilizzate consapevolmente e volontariamente dai loro rappresentanti legali o degli amministratori di fatto, per emettere fatture per operazioni inesistenti nei confronti delle società facenti parte dei due Consorzi.

La tesi è dunque che attraverso l’utilizzo di queste complesse ed artificiose modalità, Gigliotti e Ingegnoso, nel tempo, sarebbero riusciti ad ottenere, a favore delle società, benefici indebiti e sostanziali risparmi finanziari grazie ad una sistematica evasione delle imposte sui redditi e dell’Iva, riuscendo a proporre i propri servizi a prezzi estremamente concorrenziali ed a conquistare consistenti quote di mercato nel settore metalmeccanico e dell’impiantistica industriale.

Le indagini avrebbero poi consentito di ricostruire i flussi finanziari derivanti dall’emissione delle fatture false, in parte confluiti sui conti correnti esteri intestati a società con sede in Romania ed in parte transitati sui conti correnti delle società cartiere ubicate in diverse parti d’Italia.

UN GIRO DI FATTURE DA DECINE DI MILIONI

In quest’ultimo caso, si sarebbe scoperto che le provviste di denaro, incassate a fronte delle fatture, venissero pressoché contestualmente prelevate, direttamente in contanti, – o comunque convogliate su carte di credito prepagate - per fungere da riserve occulte di liquidità e consentire stava al vertice del “sistema” di monetizzare il profitto dei reati.

In merito alla compensazione di debiti tributari, si sarebbe constatato come il consulente fiscale compilasse, per conto delle società assistite, i modelli di pagamento F24 utilizzando in compensazione crediti fiscali inesistenti, riferiti ad incentivi o investimenti in aree svantaggiate, ma che di fatto non sarebbero mai avvenuti.

Nel loro complesso, le indagini avrebbero permesso di accertare fatture per operazioni inesistenti, emesse da 18 distinte imprese “cartiere”, di cui tre in Romania, per un importo di oltre 60 milioni di euro e crediti fittizi utilizzati, in compensazione, per oltre 3,5 di milioni.

Sulla scorta di tutte queste fattispecie di presunti reati il Gip del tribunale di Parma, Mattia Fiorentini, ha così disposto il carcere nei confronti di sei degli indagati e i domiciliari per uno di loro.

IL "SETTEBELLO" AL “VERTICE PENSANTE”

Quanto in particolare al consorzio Gf Nuove Tecnologie, nell’ordinanza i ipotizza la sussistenza di un accordo stabile tra quattro persone, ritenute il “vertice pensante di quella che viene definita come “una vera e propria struttura delinquenziale”, tanto che ad essi viene contestata l’associazione a delinquere.

Si tratta di Franco Gigliotti, che si ritiene dirigesse e coordinasse l’intera “galassia” delle consorziate, amministrate da presunti prestanone.

L’uomo, sebbene detenuto nell’ambito dell’operazione Stige, avrebbe di fatto continuato a gestire il Consorzio e a dare ordini attraverso persone a lui particolarmente vicine, tra cui si cita Giuliano Fanticini, già destinatario di una precedente ordinanza cautelare.

Altra figura quella di Giuseppe Gigliotti, cugino di Franco, amministratore di diritto di due società consorziate (G.G. Service srl e G.G. Service srls) a vantaggio delle quali avrebbe utilizzato delle fatture per operazioni inesistenti, emesse dalle presunte “cartiere”, ed utilizzato in compensazione crediti di imposta inesistenti.

Gli inquirenti sostengono come appaia rilevante, “ai fini dell’apporto cosciente alle finalità dell’associazione”, una presunta vicenda estorsiva ai danni di un’impresa che aveva intenzione di partecipare ad una gara cui era invece interessato il Consorzio in esame, vicenda per la quale a suo tempo fu emessa un’ordinanza cautelare a carico di Gigliotti (accusato di essere il mandante di un danneggiamento con incendio subito dell’impresa concorrente) e di Francesco Greco (considerato invece l’esecutore materiale);

Un altro dei sette arrestati è poi Pasquale Romeo, legale rappresentante di una delle società consorziate (la P.R. Service srl); secondo il Gip, questi non solo avrebbe utilizzato fatture per operazioni inesistenti emesse dalle società cartiere a disposizione del consorzio, ed utilizzato in compensazione crediti di imposta insussistenti, ma avrebbe dato un contributo causale alla struttura associativa, partecipando a pieno titolo (anche per essere il fratello della segretaria di Gigliotti) alle dinamiche del Consorzio, tanto da prendere parte in prima persona alle complesse trattative con l’imprenditore rimasto poi vittima dell’attentato.

Atra figura quella di Ennio Di Pietro, professionista e depositario delle scritture contabili oltre che consulente fiscale delle società del gruppo facente capo a Franco Gigliotti, e che avrebbe curato innanzitutto l’invio telematico delle dichiarazioni annuali nelle quali venivano operate le presunte compensazioni indebite.

Tuttavia, al di là di questo “compito istituzionale”, si ritiene abbia funto da raccordo per qualsiasi problema delle società del gruppo, nel senso che, a prescindere dalla competenza pressoché esclusiva nel settore rispetto agli altri indagati, emergerebbe che fosse lui ad orchestrare la strategia delle cessioni dei crediti Iva (che peraltro sarebbero stati quasi sempre creati in maniera fittizia). La gravità indiziaria a suo carico viene ricavata dal Gip anche dalla circostanza che fosse tenutario delle scritture contabili non solo delle società italiane, ma anche delle presunte cartiere rumene.

Il professionista è accusato anche - al di fuori del contesto associativo - di aver utilizzato lo stesso modus operandi appena descritto (ovvero le compensazioni indebite) in favore di altre società facenti capo a soggetti diversi (la CRJ Impianti; Food Tech Impianti; Tecno System) riconducibili al Consorzio I.F.C. Impianti, gestito da Ingegnoso.

A prescindere dal profilo associativo sintetizzato, le contestazioni riguardano anche Franco Ingegnoso, con l’accusa di aver utilizzato, per la società Futura Project (di cui era amministratore di fatto), delle fatture per operazioni inesistenti emesse da società cartiere, ed anche per avere effettuato, in favore della Crj Impianti srl, Food Tech Impianti, Tecno System (di cui era anche amministratore di fatto), delle indebite compensazioni di imposta con crediti risultati inesistenti (si tratta delle società riconducibili al Consorzio I.F.C. Impianti).

C’è poi Alessandro Vitale, come legale rappresentante di varie società (Extra Holding; PHFC) nei cui confronti è stata ritenuta sussistente la gravità indiziaria per diverse vicende riconducibili ai reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti a favore di imprese del gruppo-Gigliotti ed in concorso con altro indagato, Michele Mari.

Quanto a quest’ultimo, si ritiene che oltre che in concorso con Vitale, avrebbe operato anche in proprio e pertanto, come legale rappresentante di alcune società (Extra Holding; Ferol srls), gli vengono contestati altri reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti a favore di imprese del gruppo-Gigliotti.

I SEQUESTRI

Oltre al profilo personale, come anticipato, l’ordinanza cautelare ha ad oggetto anche dei sequestri preventivi di denaro, disposti a carico delle società (circa venti) a vario titolo coinvolte nelle presunte operazioni fiscali illecite.

In mancanza, o per il residuo, il Giudice per le Indagini preliminari ha disposto che il sequestro venga effettuato a carico dei soggetti che si sarebbero resi responsabili di questi reati, ovvero, da un lato, i legali rappresentanti delle società e, dall’altro, i gestori di fatto delle stesse.

Quanto al provvedimento di sequestro preventivo da 12 milioni, è stato disposto il blocco della liquidità presente sui rapporti finanziari di 24 persone giuridiche ed il sequestro di 75 immobili, 49 autoveicoli e 55 quote societarie.

Contestualmente all’esecuzione della misura cautelare e reale sono state effettuate in tutto venti perquisizioni locali, interessando oltre che la provincia di Parma anche le provincie di Bologna, Reggio Emilia, Rimini, Lodi, Torino, Palermo, Agrigento e Caltanissetta, con l’impiego di circa duecento finanzieri.

I beni in questione si trovano nelle provincie di Parma, Rimini, Reggio Emilia, Milano, Monza, Lodi, Varese, Torino, Cuneo, La Spezia, Reggio Calabria, Crotone, Caltanissetta, Enna, Agrigento, Taranto, Napoli, Caserta e Cagliari.

Nel sistema economico locale, oltre a un ingente danno per l’Erario, il meccanismo fraudolento – sostengono alla fine gli inquirenti - ha cagionato (e cagiona tuttora) un rilevante danno per le concorrenti del mercato di riferimento, poiché le imprese che operano nel rispetto della normativa sono costrette a sopportare una pressione fiscale (e quindi dei costi) ben maggiori, con conseguente impossibilità di offrire manodopera ai prezzi proposti dai Consorzi oggetto di indagine”.