A Sbarre il “cuore” dello spaccio: ben organizzato e pure stipendiato
Quasi una ventina le persone coinvolte, per la precisione 17 che sono finite in carcere mentre altre due che sono state sottoposte ad altrettanti obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria.
Questo il bilancio complessivo dell’operazione chiamata in codice “Sbarre” (QUI), mutuando il nome dall’omonimo quartiere reggino e dove si ritiene facessero base due associazioni criminali dedite al traffico di droga.
Ma tra i reati contestati agli indagati, e a vario titolo, ne compaiono anche altri come quello della produzione e detenzione di stupefacenti, così come della tentata estorsione, il sequestro di persona, lesioni personali, ricettazione. Ed ancora, la detenzione e porto illegale di arma comune o di armi clandestine.
Il blitz è scattato all’alba da parte dei Carabinieri della città dello Stretto, su ordine della Dda locale, ma si è allargato anche fino a Monza e Villafranca di Verona.
GLI ARRESTATI
In carcere sono finiti: Luigi Chillino, nato a Reggio Calabria il 5.08.1985; Anouar Azzazi, nato a Casablanca (Marocco) il 22.8.1984, e detenuto nella casa circondariale di Cosenza; Andrea Foti, nato a Reggio Calabria 15.5.1981; Imaddin Sellak, nato a Reggio il 4.1.1999, e detenuto nella casa circondariale locale; Gabriele Foti, nato a Reggio Calabria il 2.10.1992, detenuto a Reggio Calabria.
E poi: Stefano Foti, nato a Reggio Calabria l’1.7.1972; Demetrio Foti, nato a Reggio Calabria il 3.1.1994; Vincenzo Gallo, nato a Reggio Calabria il 19.1.1989, e sottoposto agli arresti domiciliari a Reggio Calabria; Carmelo Gatto, nato a Reggio Calabria il 27.1.1989; Pasquale Idone, nato a Reggio Calabria il 28.7.1989; Antonino Frosinone, nato a Reggio Calabria il 26.12.1993.
Infine, Anas Amrani, nato ad Isola della Scala (VR) il 28.5.1998; Giuseppe Chillino, nato a Reggio Calabria il 19.3.1965; Antonio Sarica, nato a Reggio Calabria il 28.11.1988; Andrea Pennica, nato a Reggio Calabria l’8.12.1998; Gianluca Mirisciotti, nato a Reggio Calabria il 14.11.1989; Alessandro Larocca, nato a Reggio Calabria il 12.6.1993.
Sottoposti invece all’obbligo quotidiano di presentazione alla polizia giudiziaria: Viktoriya Balatsyr, nata a Kremenchuk (Ucraina) il 15.2.1998; Sebastiano Repaci, nato a Reggio Calabria il 17.12.1986.
TRA “SALARIO FISSO” E “MODICI” AFFARI
L’indagine parte da lontano, dall’ottobre del 2017, e si è conclusa a marzo scorso. Secondo quanto appreso dagli inquirenti, dunque, esistevano questi due “gruppi” distinti ma che operavano in modo non concorrenziale in zone contigue del quartiere.
Il primo sarebbe stato composto da numerosi presunti affiliati che si erano organizzati in maniera “sistemica” nelle piazza del popoloso Rione Guarna-Caridi.
L’ipotesi è che a dirigerlo vi sarebbe state due persone, Luigi Chillino e Gabriele Foti. Il gruppo avrebbe avuto una struttura definita “non rudimentale”, caratterizzata dalla individuazione di una base operativa e con ruoli specifici affidati a ciascuno degli appartenenti.
Per esempio, erano predisposti dei turni ad orari tendenzialmente fissi per presidiare i luoghi di detenzione e di spaccio e per questo “lavoro” sarebbero stati previsti tanto di “stipendi”.
La struttura, poteva contare su una regolare tenuta della contabilità, appositamente trascritta così come su utenze intestate a terzi e usate per tramettere direttive e indicazioni sulle attività da svolgere, senza disdegnare anche l’utilizzo di post-it e “pizzini”. Inoltre, era stato pensato e applicato anche un linguaggio convenzionale proprio per lo scambio di messaggi tra i consociati.
Quanto alla seconda organizzazione, sarebbe stata invece più limitata dal punto di vista numerico, connotata da mezzi minori ed impegnata in transazioni di droga di valore più modesto.
Al comando si ritiene vi fosse Antonio Sarica - soggetto che avrebbe intrattenuto rapporti con personaggi di elevata caratura criminale considerati vicini alle famiglie di ‘ndrangheta locale dei Tegano e dei Molinetti - e che sarebbe stato attivo già a partire dal 2017, in modo definito “sistematico e professionale”, stabilendo la sua base operativa in una non modesta area compresa tra la zona cittadina di Rione Sbarre e Via Calabria.
IL SEQUESTRO DEI DUE MINORENNI
La vicenda dalla quale si sono dipanate le investigazioni è quella di un sequestro di persona a scopo di estorsione, avvenuto nel settembre del 2017, nei confronti di due minorenni, uno dei quali ritenuto reo di aver commesso il furto, ai danni dell’organizzazione, di una non irrisoria quantità di stupefacente, poi dallo stesso rivenduta (a Gianluca Mirisciotti).
Gli investigatori sostengono che i sequestratori siano stati quattro degli indagati: Giuseppe Chillino, Anouar Azzazi, Gabriele ed Andrea Foti, che avrebbero costretto le due vittime a rimanere, per parecchio tempo, in una abitazione in via Bolzano e anche in una cantina di viale Europa.
Gli stessi presunti “aguzzini” li avrebbero anche minacciati con delle armi, oltre ad averli legati e imbavagliati, così da costringerli a confessare ed imporgli la restituzione o comunque il pagamento del controvalore della droga.
Le vittime sarebbero state poi liberate solo grazie all’intervento del presunto capo del secondo gruppo, Antonio Sarica, che si sarebbe impegnato a assumersi “in proprio” il loro debito, pagando la somma ai sequestratori.
DALLA GUARDIANIA ALLA CONTABILITÀ
Secondo quanto emergerebbe dall’indagine, i soggetti gravitanti intorno alla figura di Chillino si sarebbero organizzati in modo da assicurare, nella zona dello spaccio, un costante controllo del territorio, stabilendo turnazioni per tutelare l’attività, secondo le direttive fornite dai capi gruppo, e tramite un penetrante servizio di “guardiania”.
L’inchiesta farebbe anche luce sulla contabilità tenuta dal gruppo di spacciatori: emergerebbe infatti come gli stessi fossero soliti annotare le transazioni quotidiane di droga su dei fogli manoscritti nei quali, sia pure in modo del tutto rudimentale, mantenevano una sorta di bilancio dell’attività, in modo da monitorare i rapporti di dare-avere di ciascun “pusher”.
Nella piazza di spaccio - il 16 aprile del 2018 - le forze dell’ordine hanno infatti ritrovato, all’interno di un rudere, diversi biglietti, “post-it” e “pizzini”, che riportavano numeri e lettere con chiari riferimenti alle dosi di droga cedute e al soggetto che aveva provveduto alla loro vendita.
Il gruppo, per scambiare messaggi e indicazioni sul da farsi e con lo scopo di eludere eventuali identificazioni esterne, come accennavamo prima, avrebbe utilizzato delle “utenze operative occulte”, in quanto spesso intestate formalmente a extracomunitari (che non vivevano nel reggino) ma di fatto da loro usate.
In particolare, lo schema adottato sarebbe stato quello di servirsi di queste per scambiare prevalentemente messaggi di testo dal contenuto più o meno criptico, e per non essere immediatamente identificati facendo ricorso ai propri epiteti, “Talpa”, “Avvocato”, “Centro”, e contenenti delle “comunicazioni di servizio”.
L’ESPANSIONE NEL RICCO VENETO
Le indagini, ancora, avrebbero pure consentito di accertare che il gruppo avesse delle mire espansionistiche che avrebbero portato alcuni dei presunti associati a spostarsi sul territorio nazionale ed a svolgere una parte della loro attività di spaccio in Veneto, dove potevano contare sul sostegno di alcuni associati e familiari.
Il secondo gruppo criminale, come accennavamo ritenuto riconducibile a Antonio Sarica, si sarebbe caratterizzato per la regolare e “professionale dedizione allo spaccio dei suoi componenti”, sostengono gli investigatori.
In pratica, costoro avrebbero operato in un contesto organizzato, caratterizzato dalla presenza di grossisti capaci di garantire costanti forniture di droga (in prevalenza marijuana) ed in grado di soddisfare le richieste di una pletora di clienti abituali ed affezionati.
La tesi è poi che gli stessi presunti affiliati abbiano dialogato - quanto agli approvvigionamenti dello stupefacente - anche con rappresentanti delle famiglie locali della ‘ndrangheta, compiacendosi del riconoscimento attribuitogli da parte delle ‘ndrine e muovendosi con agilità nel sottobosco criminale reggino per rifornirsi continuamente della droga da collocare sul mercato.
“TOTÒ”, IL “BARONE” ED IL “PUPO”
Tra i principali e più dinamici presunti componenti gli inquirenti citano Antonio Sarica (detto Totò), Andrea Pennica (detto “Barone” o “Anderson”) e Gianluca Mirisciotti (detto “Pupo”).
Le intercettazioni li descriverebbero come dei soggetti che si sarebbero mossi sinergicamente sul territorio, acquistando la droga, per lo più marijuana ma senza disdegnare la cocaina, da rivendere al dettaglio.
Sempre nel corso delle indagini emergerebbe come i tre si siano rivolti, in tal senso, ad alcuni grossisti di riferimento e che si siano poi dedicati al piccolo spaccio ma con modalità definite “collaudate e professionali”.
Anche con riguardo a questo secondo gruppo criminale è stato delimitato il territorio sul quale lo stesso avrebbe operato, ricompreso tra via Sbarre e Viale Calabria del capoluogo, più nel dettaglio all’interno di quest’area sono stati individuati alcuni luoghi, convenzionalmente indicati come “il parco”, “il muretto”, “il palo”, che avrebbero funto da punto di ritrovo o da luogo dove nascondere sia lo stupefacente che il denaro guadagnato dallo spaccio.
Nel corso dell’attività sono state arrestate in flagranza 16 persone, ne sono state denunciate 5 in stato di libertà, mentre altre 12 sono state segnalate per uso di droga.
Inoltre, dalle captazioni tecniche e dai riscontri effettuati lo stupefacente emerso complessivamente nell’indagine ammonta a oltre 8 kg di marijuana (dal prezzo di mercato di 3 euro al grammo) e circa 250 grammi di cocaina (venduta a 70 euro al grammo).
L’operazione di oggi è stata condotta dai militari del Comando Provinciale di Reggio Calabria, coadiuvati dallo Squadrone Eliportato Cacciatori, dal Nucleo Cinofili di Vibo Valentia e dai Comandi Compagnia di Monza e Villafranca di Verona, che hanno operato sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia della città dello Stretto, diretta dal Procuratore Capo Giovanni Bombardieri.
Le misure sono state emesse dal Gip del Tribunale locale, Arianna Raffa, su richiesta dei Sostituti Walter Ignazitto e Diego Capece Minutolo.