Abramo Cc, ex operatori 060606: “questa la verità, difendiamo la nostra dignità”
Difendere la propria “dignità di fronte alla pubblica opinione” dopo le dichiarazioni rilasciate da parte da Roberta Cianciarelli, presidente della cooperativa sociale Acapo, e dalle quali trasparirebbero “nei nostri confronti, un mero pregiudizio legato alla scarsa voglia di lavorare e mancanza di professionalità”.
Questo il motivo che ha spinto i 107 lavoratori della Abramo Customer Care impegnati fino al 30 settembre scorso sulla commessa ChiamaRoma060606, e non più attivi dal primo di ottobre, data in cui è subentrata la Acapo, a raccontare il loro disagio con l’intento, sostengono i dipendenti, “che l’opinione pubblica conosca anche il nostro punto di vista”.
Un punto di vista condiviso con le sigle sindacali e con la politica che “con il loro impegno – affermano i lavoratori - si sono fatte parti attive nella difesa del diritto al lavoro riconosciuto a tutti noi”.
Gli stessi dipendenti Abramo sostengono quindi di aver appreso il primo di settembre scorso che nei loro confronti fosse stato avviato, da parte dell’azienda uscente, un procedimento di licenziamento collettivo, e nato in seguito alla volontà del Consorzio Leonardo, di “rispettare” la clausola sociale, prevista nei cambi di appalto.
“Per noi quindi – ribadiscono - si sarebbe dovuto attivare un semplice cambio di intestazione della busta paga, con il conseguente mantenimento dei livelli di retribuzione in primis, degli scatti di anzianità e delle mansioni, acquisiti in cinque anni di onorato servizio sulla commessa del Comune di Roma”.
“Durante il mese di Settembre – proseguono - siamo stati travolti, insieme ai colleghi del call center di Anac, da un triste destino che, altro non ha fatto, che incupire i nostri animi, già fortemente provati dalla realtà sociale che tutto il mondo vive oggi”.
Per comprendere la loro situazione, i 107 dipendenti partono nello spiegare come la clausola sociale sia riconosciuta dalla legge (la n. 11/2016) e che preveda come la ditta subentrante in un qualsiasi appalto, “in cui questa è prevista”, non possa esimersi dal farsi carico del personale in forze di quella uscente.
“È vero, dopo molti anni di servizio passati nella nostra azienda, alcuni di noi hanno sofferto del trattamento ricevuto, ma vista la necessità, da parte di tutti, di voler conservare e mantenere il posto di lavoro, dopo aver attutito il colpo, abbiamo atteso fiduciosi quello che possiamo definire un trasloco” precisano.
“Si sa, quando si cambia casa, tutti noi – aggiungono i lavoratori - dobbiamo decidere di lasciare qualcosa alle nostre spalle. Bene la Società subentrante, ci ha chiesto di lasciare mansioni, anzianità e parte della busta paga, chiedendoci di accettare in silenzio le uniche condizioni che poteva offrirci: passare da un contratto delle Telecomunicazioni ad un contratto delle Cooperative sociali”. “Solitamente, lo studio della matematica si inizia alle elementari, quindi anche i più piccoli, potranno comprendere che tra un contratto e l’altro ci sono differenze dei minimi tabellari, che avrebbero ridotto gli stipendi da un massimo di 390-400€, per i lavoratori a tempo pieno, fino ad un minimo di 120€ per i dipendenti assunti con contratto part-time”.
“Ma come? Il Governo parla di tutela dei dipendenti, di sgravi fiscali, avverte che nessun cambiamento avverrà nelle tasche degli italiani e poi accadono queste cose? Complice il referendum, le elezioni regionali e amministrative, nelle quali sono stati impegnati gli esponenti politici del Governo, noi abbiamo dovuto lottare e urlare più forte affinché qualcuno potesse ascoltare la nostra voce”, fanno notare ancora.
Mentre sindacati e rappresentanti politici erano al loro fianco, comunicando come si fosse di fronte a quello che è stato definito come la “creazione di un assurdo precedente, che legittima l’assegnazione delle Gare Consip a ribasso, la presidente della cooperativa, Cianciarelli, “in giro per le testate locali calabresi e romane, comunicava che si trattava di fantomatici peggioramenti”.
“Forse – aggiungono i 107 - per applicare appieno la mission della Acapo, nella quale è largamente decantata la vicinanza alle categorie svantaggiate e ai lavoratori, con un senso di solidarietà degno di una così influente figura manageriale come quella della Dott.ssa Cianciarelli, la stessa, potrebbe decidere di decurtarsi lo stipendio, mostrando che anche lei avrebbe accettato una proposta così vantaggiosa”.
“Ma noi siamo – proseguono i dipendenti - semplici operai specializzati, guardando l’inquadramento contrattuale che ci è stato proposto e nonostante tutto, sappiamo quanti sforzi devono fare gli imprenditori nel mantenere ad oggi strutture complicate come i call center, quindi non le chiediamo un così grande sforzo”.
Quello che chiedono i dipendenti è “di evitare di diffamare un gruppo di lavoratori, nel quale è riuscita ad attivare conflitti e differenze di trattamento, procedendo con le assunzioni degli unici 13 dipendenti che hanno deciso di accettare la proposta, concedendo loro come premio un maggiore monte ore. Chi prima nasce, prima pasce. E lo sa bene lei, che con un organico di circa 1120 unità dislocate sul territorio italiano, punta il dito sulle multinazionali che, al contrario delle Cooperative sociali, non godono degli stessi sgravi fiscali”.
“Per fare impresa al giorno d’oggi, - polemizzano poi i lavoratori - basta costituire una cooperativa sociale di tipo B, partecipare alle gare pubbliche abbattendo la concorrenza grazie al minor costo del lavoro previsto dal CCNL. Adam Smith teorizzò questo concetto nel 1770 circa. Nonostante tutti gli sforzi fatti, noi siamo al momento in cassaintegrazione in attesa che qualcosa si muova”.
“Di certo - aggiungono - sembra solo che dobbiamo riappacificarci con la Presidente Cianciarelli, la quale sembra nutrire un senso di risentimento nei confronti di questo gruppo di operatori telefonici. L’augurio che ci facciamo è di riprendere presto a svolgere il nostro lavoro, un lavoro umile certo, se così si può definire un servizio a favore dei Cittadini di Roma, ma un lavoro che prevede garanzie che forse una cooperativa non può permettersi”.