Accordo tra romani e calabresi per lo spaccio nella Capitale, 20 arresti
Scacco ad una organizzazione dedita al traffico di stupefacenti, tra cui cocaina, hashish e marijuana, operativa a Roma e nella sua provincia, e che si ritiene capeggiata da due uomini di origini calabresi, di cui uno considerato contiguo alla ‘ndrina Giorgi di Locri, nel reggino.
Questa mattina i Carabinieri del Comando Provinciale della Capitale, coadiuvati dai Comandi dell’Arma competenti territorialmente, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 21 persone - di cui 14 finite in carcere, 6 ai domiciliari ed una sottoposta all’obbligo di dimora (QUI) - emessa dal gip del Tribunale locale su richiesta della Procura della Direzione Distrettuale Antimafia.
Il provvedimento si basa sui risultati delle indagini svolte dai militari del Nucleo Investigativo di Via in Selci, nell’ambito dell’indagine denominata “Domingo”, sviluppata tra gennaio e ottobre 2019.
Indagini, grazie alle quali, si sarebbe ricostruito l’organigramma del gruppo, così come i canali di canali di approvvigionamento, il sistema di gestione delle “piazze di spaccio” e le modalità di cessione dello stupefacente.
L'ORGANIGRAMMA
L’intermediario per l’acquisto ed il finanziamento di ingenti quantitativi di cocaina sarebbe stato un uomo della Repubblica Dominicana, mentre le operazioni di approvvigionamento della droga avvenivano mediante la collaborazione di cittadini peruviani residenti a Roma che, a loro volta, si avvalevano di fornitori connazionali che spedivano la sostanza in Italia nascondendola in flaconi di prodotti fitoterapici.
La droga veniva quindi consegnata dai pusher capitolini che, usando come base il quartiere “La Rustica”, la vendevano al dettaglio tra Via Nicandro e Via Delia.
Gli tessi spacciatori venivano spesso contattati telefonicamente dai clienti. La sede dell’organizzazione, e in particolare il luogo in cui conservare e custodire lo stupefacente o per i summit sarebbe stata un’abitazione proprio di via Delia.
Inoltre, le indagini avrebbero svelato il ruolo di due detenuti, uno nel carcere di Frosinone l’altro in quello di Terni che, attrezzati di mini telefoni cellulari – ritrovati durante una perquisizione delle celle – avrebbero gestito i rifornimenti di stupefacente a favore di alcuni sodali per la successiva distribuzione ai clienti.
Nel corso delle investigazioni sono state arrestate, in flagranza di reato, 12 persone accusate di detenzione ai fini di spaccio e sono stati sequestrati, complessivamente, circa 8 chili di cocaina, 1,4 di marijuana, 15 di hashish, una pistola revolver Colt Cobra calibro 38 rubata e 50 cartucce cal. 38 special.
L'AVVIO DELLE INDAGINI
Le indagini sono partite il 16 novembre del 2018 dopo l’arresto di un corriere all’aeroporto di Fiumicino. Una donna, a bordo del volo proveniente da Lima, durante una perquisizione personale fu trovata con oltre 6 kg di cocaina in stato liquido, nascosta in delle provette riposte nel bagaglio spedito.
Dopo la perdita dell’ingente quantitativo di narcotico, uno dei presunti promotori dell’associazione ha affermato che quell’episodio sarebbe costato 200mila euro ed avrebbe quindi pianificato di inviare una persona in Perù e far ingerire gli ovuli per eludere così i controlli alla dogana.
L’associazione - secondo gli inquirenti - avrebbe avuto a disposizione ingenti risorse finanziarie e numerosi mezzi, come maglie di comunicazione riservate messe a disposizione dei fornitori, veicoli e locali (dei box affittati) utili al trasporto e alla custodia di ingenti quantitativi.
Il vincolo sarebbe inoltre caratterizzato da una rigida ripartizione dei compiti tra gli associati e da una compartimentazione nei ruoli affidati ad ognuno dai vertici del sodalizio, con stabili collegamenti operativi sul territorio.