Violenze ed estorsioni per appropriarsi di terreni agricoli. Scacco al clan Bagnato

Crotone Cronaca

Prima approcci violenti e intimidatori per farsi “consegnareinteri terreni, poi l’utilizzo di professionisti per effettuare i passaggi burocratici tramite dei falsi testamenti o false dichiarazioni di usucapione contenute in atti di donazione.

È quanto hanno scoperto i Carabinieri di Petilia Policastro e i colleghi dell’Aliquota della Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, che nell’ambito dell’operazione denominata Capitastrum, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare - emessa dal gip del Tribunale del capoluogo di regione su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia - nei confronti di tre persone.

Tutti sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, invasione di terreni, falsità ideologica e materiale, trasferimento fraudolento di valori e danneggiamenti aggravati dal metodo mafioso.

Le porte del carcere si sono così spalancate per il presunto capo del clan, Antonio Santo Bagnato (53 anni), già detenuto nell’ambito dell’inchiesta “Trigarium”, e per Giuseppe Bagnato (33 anni). Ai domiciliari, invece, la moglie del boss, Stefania Aprigliano (39 anni).

Altre cinque persone sono invece indagate a piede libero: Domenico e Giuseppe Bagnato, rispettivamente di 38 e 80 anni; Domenico Colao, 38; Domenica Le Rose, 63; e Michele Marrazzo, 36.

Contestualmente i militari hanno eseguito il sequestro preventivo di 104 terreni agricoli, 5 immobili e un veicolo per un valore complessivo di circa un milione di euro.

IL MODUS OPERANDI

Il provvedimento trae origine dalle indagini condotte dai carabinieri, dirette e coordinate dal Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri e dai Sostituti Paolo Sirleo, Domenico Guarascio e Pasquale Mandolfino.

Le investigazioni si sono concentrate sull’operatività della cosca “Bagnato” di Roccabernarda e in particolare del presunto capo cosca, Antonio Santo Bagnato, che dal 2005 al 2017, secondo gli inquirenti, avrebbe utilizzato diversi “strumenti” per impossessarsi illecitamente di numerosi terreni agricoli situati nel comune di Roccabernarda.

Gli elementi raccolti hanno permesso agli investigatori di ricostruire il modus operandi del clan. È infatti emerso che questi avrebbe usato violenza e intimidazioni per indurre i proprietari di alcuni terreni a cedere gli stessi.

In un secondo momento, sfruttando la collaborazione di professionisti, la cosca avrebbe ottenuto i fondi tramite dei passaggi burocratici ritenuti poco chiari, perché portati a compimento per il tramite di testamenti falsi o dichiarazioni altrettanto false di usucapione contenute in atti di donazione.

I militari hanno infatti raccolto decine di dichiarazione da parte delle vittime che hanno raccontato di essere state protagoniste di diversi episodi estorsivi portati a termine dalla cosca per appropriarsi illecitamente dei terreni agricoli.