Operazione Eleo, altri 18 indagati tra Petilia e Crotone
Sono 18 le persone raggiunte da un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, di cui 11 già sottoposti a fermo di indiziato di delitto eseguito lo scorso 25 gennaio, tre già detenuti nell’ambito di altri procedimenti penali e quattro quelli catturati oggi.
Tutti sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsioni, usura, reati in materia di armi, furti, danneggiamenti seguiti da incendio, tutti aggravati dal metodo mafioso.
Questa mattina i militari del comando provinciale di Crotone hanno infatti eseguito i provvedimenti a Petilia Policastro, nel capoluogom pitagorico e in diverse case circondariali.
Il provvedimento trae origine un’indagine che, condotta dai carabinieri di Crotone e Petilia dal marzo 2018 all’aprile 2020, è stata diretta e coordinata dal Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri e dai Sostituti Paolo Sirleo, Domenico Guarascio e Pasquale Mandolfino.
L’OMICIDIO VONA
L’uomo sarebbe stato attirato in un’azienda agricola in località “Scardiato” a Petilia Policastro, con il falso pretesto di “conoscere” i responsabili dell’incendio appiccato nel 2016 in un capannone.
Qui ad attenderlo ci sarebbero stati l’assassino e altri complici e sarebbe stato ucciso con almeno due colpi di arma da fuoco. I responsabili avrebbero quindi eliminato il cadavere che, infatti, non è stato mai trovato. (QUI)
L’8 novembre 2018, in località Scavino di Petilia Policastro, i carabinieri hanno trovato la carcassa dell’autovettura dell’allevatore scomparso (LEGGI), completamente distrutta dalle fiamme e abbandonata in una stradina interpoderale a servizio di alcuni appezzamenti di terreno coltivati ad uliveti.
L’ORGANIZZAZIONE DELLA LOCALE
Le indagini hanno inoltre permesso di ricostruire gli affari della Locale di ‘ndrangheta di Petilia Policastro, non solo nel territorio petilino, ma anche a Cotronei, nella Sila.
La locale, a partire dal 2014, si sarebbe riorganizzata a seguito delle scarcerazioni di esponenti di spicco. Sarebbe quindi esplosa una escalation di atti intimidatori sul territorio.
Le indagini hanno permesso inoltre di individuare e delineare i singoli ruoli dei vari componenti del clan, comprese le nuove leve che si prestavano a fare d’autista al boss.
LE ESTORSIONI E I DANNEGGIAMENTI
Sono stati ricostruiti diversi episodi di illecita attività finanziaria e di usura commessi nei confronti di commercianti e liberi professionisti che versavano in gravi difficoltà economiche.
I sodali, come ricostruito dagli investigatori, avrebbero inoltre tentato di estorcere denaro a imprenditori locali attivi nel settore turistico, in particolare a Trepidò e nell’area silana. Qui gli esponenti del sodalizio avrebbero inoltre danneggiato e rubato in diverse strutture per imporre il “servizio di guardiania” nei villaggi turistici della zona.