Crotone, Krimata: il “fatturificio” e l’inchiesta scattata dai lavori alla clinica privata
Gli inquirenti non avrebbero dubbi: a capo di un giro di fatture per operazioni inesistenti, utili probabilmente a consentire alle aziende beneficiarie di scaricare costi e, magari, pagare meno imposte, ci sarebbe stato lui.
Parliamo di Mario Esposito, classe 1954, di Isola Capo Rizzuto, soggetto considerato appartenere ad una della più potenti cosche di ‘ndrangheta del territorio crotonese: quella degli Arena-Nicoscia.
E sempre lui è la figura centrale dell’inchiesta di stamani, nome in codice Krimata, portata a termine dalla Guardia di Finanza di Crotone (QUI): due gli arresti, lo stesso Esposito (che è finito in carcere) e Lorenzo Marrelli (49 anni, di Crotone), dell’omonimo gruppo imprenditoriale nel settore sanitario che faceva capo al compianto Massimo Marrelli, deceduto qualche anno fa in un tragico incidente; poi altre quattro misure cautelari tra obblighi di dimora e divieti di esercitare la propria attività per altri due imprenditori ed altrettanti commercialisti.
Ma torniamo all’indagato principale. Gli inquirenti spiegano che il suo nome, come collegato alla cosca isolitana, sia indicato “univocamente” da collaboratori di giustizia e che risulti anche da riscontri investigativi.
Ma gli stessi inquirenti precisano come all’indomani della tregua tra gli Arena e Nicoscia, Esposito si fosse “defilato”, “curando in tendenziale autonomia i propri affari illeciti” sebbene “continuando a mantenere saldi i legami con la consorteria criminale di provenienza”, come scrive il Gip nell’ordinanza.
Insieme al fratello, effettivamente, aveva spostato parte dei suoi interessi altrove, specialmente in Toscana, intraprendendo attività nel settore edile ma secondo i magistrati “funzionali alla commissioni di reati”.
L’avvio di queste attività - viene però precisato - non avrebbe determinato “un effettivo e sostanziale allontanamento … dal contesto mafioso di riferimento”.
L’IPOTESI DELLE COINTERESSENZE
Varie dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, nel corso di diversi provvedimenti giudiziari, d’altronde, avrebbero parlato proprio di una sua adesione alla cosca.
Dichiarazioni che incrociano anche uno dei gruppi sanitari più importanti non solo nel crotonese, come accennavamo all’inizio quello fondato dallo scomparso medico ed imprenditore Massimo Marrelli.
È il collaboratore Giuseppe Giglio difatti a mettere in correlazione Marrelli - e dunque le sue aziende - con Mario Esposito, raccontando al magistrato che quest’ultimo fosse “molto legato” all’imprenditore, “per conto del quale”, annota il Gip, avrebbe “ristrutturato una clinica” e “un opificio per la lavorazione dei cereali”.
Sempre in base al racconto del collaboratore di giustizia, sarebbe stato ancora Esposito ad assicurare all’imprenditore “l’acquisto a buon mercato del raccolto di frumento … impiegato … come combustibile di una centrale che produce energia”.
Dall’ordinanza cautelare si evince infatti che l’attività di indagine è scaturita in occasione dei lavori di ristrutturazione della “ex Villa Giose”, oggi “Marrelli Hospital”, clinica privata gestita dalla società “Marrelli Health” di cui era amministratore, prima della sua morte, Massimo Marrelli, e amministrata anche dalla moglie dell’imprenditore e dal nipote Lorenzo Marrelli, indagato nell’inchiesta e finito oggi agli arresti domiciliari.
Indagine che ipotizza l’esistenza di una presunta associazione a delinquere finalizzata a commettere appunto dei reati tributari per il tramite di fatture per operazioni inesistenti.
LE FATTURE SOTTO LA LENTE
Tale associazione - sostengono ancora gli inquirenti - sarebbe risultata “imperniata” sulle presunte “cointeressenze illecite tra Esposito e Marrelli Massimo, cui faceva capo l’omonimo gruppo societario, in larga parte amministrato da Marrelli Lorenzo”.
La tesi dell’accusa - ovviamente ancora tutta da dimostrare nelle aule giudiziarie - è in sintesi che Esposito, per realizzare il suo scopo, si sia servito di Antonio Franco (46 anni) e Antonio Costantino (40), rispettivamente rappresentante legale e socio di un’azienda, la Tfc, che viene considerata come una vera e propria società “cartiera”; dei commercialisti Francesco Quattromani (51 anni) e Andrea Valenti (39), sottoposti oggi al divieto di esercitare la professione per un anno; e di Lorenzo Marrelli, come amministratore di alcune imprese dell’omonimo gruppo.
Le fatture emesse tra il 2013 ed il 2016 dalla società che si ritiene fare riferimento ad Esposito, la Iuledil Srl, direttamente a quelle del gruppo Marrelli, e finite sotto la lente degli inquirenti, ammontano ad un totale di quasi 1,9 milioni (compresa Iva), a cui si aggiungerebbero altri 493 mila euro fatturati a imprese terze: circa 2,4 milioni in tutto.
Importi che si riferiscono alla ristrutturazione del Marrelli Hospital, alla costruzione del nuovo edificio per la radioterapia della stessa clinica privata, a lavori edili nelle sedi delle altre imprese del gruppo; ed attraverso imprese terze all’assistenza a lavori e forniture varie.
Gli inquirenti sostengono pertanto che un totale di oltre 1,1 milioni di queste fatture si riferiscano però a operazioni definite dagli stessi “oggettivamente e soggettivamente inesistenti”. Il gip ha escluso per tutti gli indagati l’aggravante mafiosa.