Processo “Ndrangheta Stragista”, la sentenza: “Non si escludono mandanti politici”
“Non può affatto escludersi, anzi appare piuttosto assai probabile, che dietro tali avvenimenti vi fossero dei mandanti politici che attraverso la 'strategia della tensione' volevano evitare l'avvento al potere delle sinistre, temuto anche dalle organizzazioni criminali, che erano riuscite con i precedenti referenti politici a godere di benefici e agevolazioni”.
E la grave quanto sconcertante dichiarazione contenuta nella sentenza del processo “Ndrangheta Stragista”, che lo scorso 24 luglio ha condannato all’ergastolo Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, esponenti di Cosa Nostra ritenuti referenti della cosca Piromalli.
Il fatto di sangue che ha inchiodato i due siciliani risale al 18 gennaio 1994, e si riferisce agli attentati ai Carabinieri Antonio Fava e Vincenzo Garofalo, uccisi lungo la Salerno-Reggio Calabria.
“Si può, quindi, affermare che in tale circostanza si era venuta a creare una sorta di convergenza di interessi tra vari settori che hanno sostenuto ideologicamente la strategia stragista di Cosa Nostra”, si legge ancora nella sentenza.
“Ciò che si ricava è che dietro tutto ciò non vi sono state soltanto le organizzazioni criminali, ma anche tutta una serie di soggetti provenienti da differenti contesti (politici, massonici, servizi segreti), che hanno agito al fine di destabilizzare lo Stato per ottenere anch'essi vantaggi di vario genere, approfittando anche di un momento di crisi dei partiti tradizionali”.
Anche per questi motivi, alcuni atti sono stati trasferiti alla Procura della Repubblica, affinché questa continui ad indagare.