‘Ndrangheta. Colpo al “tesoretto” di Giovanni Mancuso: confiscati beni per 20mln di euro

Vibo Valentia Cronaca

Un vero e proprio “tesoro” riconducibile a Giovanni Mancuso, detto “Billy”, noto pluripregiudicato ritenuto esponente di spicco dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, è stato confiscato dai finanzieri del Comando Provinciale di Vibo Valentia.

L’operazione è scattata all’alba di oggi sotto il coordinamento del Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, nonché del Procuratore Aggiunto, Vincenzo Capomolla e dei Sostituti Procuratori, Antonio De Bernardo e Pasquale Mandolfino.

I BENI CAUTELATI

Un duro colpo per Giovanni Mancuso che, già sottoposto alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, con questa nuova misura subisce la confisca di beni mobili, immobili, aziende agricole, ditte individuali e conti correnti bancari - a lui riconducibili ma formalmente intestati a prestanomi - per un valore stimato in circa 20 milioni di euro.

Tra gli immobili oggetto della misura, ricadenti nel comune di Milano, Limbadi, Nicotera, Filandari, Rombiolo, Zungri, Drapia e Vibo Valentia, spiccano capannoni industriali, terreni, immobili, un’area di servizio una villa residenziale composta da tre piani, nonché diverse autovetture e mezzi agricoli.

L’ORIGINE DEL PROVVEDIMENTO

Il provvedimento, scattato in esecuzione di un decreto emesso dalla seconda sezione penale del Tribunale di Catanzaro, trae origine dall’operazione “Terra Nostra(QUI), diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro e condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Vibo Valentia, a conclusione della quale, nell’ottobre 2019, erano stati sequestrati 92 terreni; 29 fabbricati; 6 autoveicoli; 1 trattore agricolo; 2 aziende agricole; 2 ditte individuali, delle quali una esercente l’attività di commercio di carbolubrificanti con annessa stazione di servizio.

Un decreto di confisca, quello odierno, che arriva dunque a conclusione dell’attività che avrebbe confermato la riconducibilità dei beni a Mancuso, nonché la sussistenza del profilo della sproporzione tra i redditi complessivi del suo nucleo familiare ed il valore dei beni sequestrati.

In particolare, la DDA sarebbe risuscita - attraverso le verifiche investigative della GdF - a sostenere l’impianto investigativo originario dal quale sarebbe emerso che Mancuso, insieme ad altri 23 soggetti, facenti parte dello stesso nucleo familiare e ritenuti affiliati al clan, controllasse tutte le attività economiche del comune di residenza e dei centri vicini, ricavandone proventi illeciti e costituendo un ingente e diversificato patrimonio di beni mobili, immobili, aziende agricole, imprese commerciali e disponibilità finanziarie, detenuti sia direttamente che attraverso prestanomi e ai quali era stata attribuita, fittiziamente, la titolarità o la disponibilità degli stessi.

Un metodo, sostengono gli inquirenti, per eludere le disposizioni di legge previste dalla normativa antimafia in materia di prevenzione patrimoniale.

Sarebbe stata inoltre ampiamente dimostrata una sperequazione tra i redditi complessivi dichiarati da Giovanni Mancuso e dal suo nucleo familiare ed il valore dei beni allo stesso ricondotti.

Sono stati esclusi dall’originario decreto di sequestro esclusivamente una ditta individuale, ma non anche il suo compendio aziendale, inteso per esso i beni strumentali necessari all’esercizio dell’attività commerciale posta in essere e due vecchie autovetture, per un valore complessivo di 110 mila euro.