Colpo al “business” del mandamento di Partinico: la coca la prendeva in Calabria
Un maxi blitz ordinato dalla Dda di Palermo ha inferto un altro duro colpo a Cosa Nostra siciliana decapitata, in questo caso, da 85 misure cautelari eseguite nei confronti di altrettante persone.
Di queste 63 sono finite in carcere, 18 agli arresti domiciliari e quattro sono state sottoposte ad obblighi di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria.
La Procura di Palermo gli contesta, a vario titolo, l’associazione mafiosa, il concorso esterno, l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, reati in materia di armi, droga, l’estorsione e la corruzione.
Un’operazione, chiamata in codice “Pars Iniqua”, eseguita dai Carabinieri e dalla Dia del capoluogo siculo ma che si è estesa anche fin nelle province di Trapani, Latina, Napoli, Roma e Nuoro, dove i militari hanno eseguito 70 delle misure odierne.
Sempre nel palermitano così come nel trapanese, nella provincia romana, milanese, cagliaritana e in quella calabrese di Reggio Calabria, la Divisione investigativa antimafia ha invece eseguito quattordici arresti - dieci in carcere e quattro ai domiciliari - oltre ad un obbligo di dimora nel comune di residenza e di presentazione alla polizia giudiziaria.
Quanto proprio al “filone” che ha interessato anche la nostra regione, l’ipotesi investigativa è quella di aver identificato un’articolata consorteria criminale, riconducibile allo storico casato mafioso dei Vitale “fardazza” di Partinico (nel palermitano), capace di coltivare e produrre, in quel territorio, delle ingentissime quantità di marijuana, e di gestire un vasto traffico di droghe, approvvigionandosi, per quanto riguarda la cocaina, dalla ‘ndrina dei Pesce di Rosarno (nel reggino), e a cui risulterebbero appartenere alcuni dei coinvolti nell’inchiesta di oggi, Michele Grasso (cl. 1981), Rocco Pesce (cl. 1971).
La droga sarebbe stata poi approvvigionata anche da Pietro Canori (cl. 1950), che è considerato un noto narcotrafficante romano che già nel 2021 era stato catturato in Spagna, dove trascorreva la latitanza perché ricercato sempre per reati concernenti gli stupefacenti e per questo inserito allora nell’elenco dei 30 latitanti più pericolosi in campo nazionale.