La ‘ndrangheta e i nuovi business. Relazione Dia: il Covid ha “infettato” l’economia legale
“La mafia, la ‘ndrangheta, la camorra, la mafia foggiana… nascono su specifici territori per poi proiettarsi altrove... Questo è il segno della loro forza, costituire proprie cellule che sono cosche, ‘ndrine, clan in altre regioni d’Italia. A questo segue la proiezione delle strutture economiche che operano su tutto il territorio nazionale per reinvestire e occultare i capitali accumulati. Quindi da una parte il controllo del territorio di provenienza anche attraverso l’uso della forza, e dall’altra parte il controllo dell’economia nei territori che vengono infiltrati”.
È quanto sostiene il Procuratore Nazionale Antimafia Cafiero De Raho ribadendo come “… il salto di qualità” della criminalità organizzata avviene proprio “quando si superano i confini nazionali, quando la proiezione è di livello europeo e oltre oceano… ecco che diventa chiara la proiezione globale delle mafie. Una rete criminale che non ha confini o frontiere”.
Un’analisi che trova conferme nel rapporto che la Dia, la Divisione Investigativa Antimafia, consegna a Parlamento e Ministro dell’Interno due volte l’anno (LEGGI), e che per quanto riguarda l’ultimo di report “dato alle stampe”, quello relativo cioè al secondo semestre dell’anno scorso, si arricchisce anche della disamina dei nuovi scenari in cui si avventurano le mafie italiane, ‘ndrangheta compresa.
Nel periodo giugno-dicembre 2020, infatti, il perdurare dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19, ha accentuato “le conseguenze negative sul sistema sociale ed economico italiano originate dalle severe misure rese necessarie per contenere l’espandersi del contagio”.
STOP ALLE STRATEGIE CRUENTE
Per gli analisti della Dia, quindi, delle difficoltà finanziarie dei cittadini e delle imprese che ne sono conseguite, potrebbero approfittarne le organizzazioni criminali, per altro sempre più orientate verso una sorta di “metamorfosi evolutiva” che prevede la riduzione delle strategie cosiddette “cruente” per concentrarsi invece e progressivamente sulla silente infiltrazione del sistema imprenditoriale.
Alla luce di queste considerazioni, la Divisione Investigativa Antimafia si è orientata sull’analisi e l’interpretazione delle possibili strategie d’azione e delle linee di tendenza evolutive, soprattutto sul piano imprenditoriale, nel medio-lungo periodo, delle organizzazioni mafiose, che non conoscono confini di settore, geografici e relazionali specie con riferimento alla cosiddetta “area grigia”, ovvero il mondo finanziario, politico-amministrativo e delle professioni.
L’INTERLOCUTORE DI “PROSSIMITÀ”
In questo contesto la ‘ndrangheta calabrese si conferma ancora una volta un’organizzazione unitaria, fortemente organizzata su base territoriale e saldamente strutturata su vincoli di parentela che da qualche tempo non rappresentano più un fattore di concreta impermeabilità, se si tiene conto infatti della scelta di collaborare con la giustizia intrapresa da esponenti mafiosi anche di elevato spessore.
Gli analisti spiegano dunque che secondo un modello collaudato e già emerso in recenti investigazioni, e sempre alla luce della crisi prodotta dall’emergenza sanitaria, la criminalità calabrese persisterebbe nel tentativo di accreditarsi presso imprenditori in crisi di liquidità ponendosi come interlocutore “di prossimità”.
In pratica imponendo forme di sostegno finanziario e prospettando la salvaguardia della continuità aziendale, “nel verosimile intento - sostengono dalla Dia - di subentrare negli asset proprietari e nelle governance aziendali”.
Lo scopo sarebbe quello però di riciclare le proprie disponibilità di provenienza illecita e di inquinare l’economia legale impadronendosi di campi produttivi sempre più ampi.
E ciò, con ogni probabilità, avverrà in ogni area del Paese in cui le cosche si sono radicate. In questo contesto, il pericolo più attuale è rappresentato dall’usura e dal conseguente accaparramento delle imprese in difficoltà che, unito alla scarsa propensione delle vittime a denunciare, contribuisce alla sottostima e alla diffusione del fenomeno.
Per altro verso, la minaccia da fronteggiare è la constatata capacità dei gruppi calabresi di infiltrare gli appalti pubblici avvalendosi di quell’area grigia che annovera al suo interno professionisti compiacenti e pubblici dipendenti infedeli.
“LA HOLDING DEL CRIMINE”
Per dirla con le parole dell’Avvocato Generale della Corte d’Appello di Reggio Calabria, Fulvio Rizzo, la ‘ndrangheta “ha assunto ormai le caratteristiche di una holding del crimine, che pur mantenendo una sua solida capacità di controllo delle attività illecite nel territorio … foraggiandosi con le estorsioni e il traffico di stupefacenti, ha mostrato la capacità di gestire, grazie ai capitali illeciti, le attività economiche commerciali ed imprenditoriali per riciclare i profitti e legittimare le disponibilità finanziarie, con una capacità di mimetismo tale da inquinare dall’interno le attività economiche lecite e drogare la concorrenza…”
I NUOVI AFFARI DELLE MAFIE
La relazione segnala poi come un fattore comune a tutte le mafie italiane sia la capacità di avvalersi sempre più delle possibilità offerte dalla tecnologia, orientando i propri interessi verso i settori del gaming, cioè del gioco d’azzardo e delle scommesse (il betting), realizzando circuiti paralleli a quello legale allo scopo sia di riciclare, sia di incrementare le cospicue risorse a disposizione.
Analoghe infiltrazioni ad opera della criminalità organizzata, in prevalenza della ‘ndrangheta e della camorra, si registrano nel settore del contrabbando di prodotti energetici - olio lubrificanti ed oli base - in virtù dei notevoli vantaggi economici derivanti dalla possibilità di immettere sul mercato prodotti a prezzi sensibilmente più bassi di quelli praticati dalle compagnie petrolifere.
AGGREDIRE I BENI ILLECITI
Per la Dia, pertanto, questo quadro, impone di continuare nella lotta contro la criminalità organizzata con particolare attenzione all’aggressione dei beni accumulati illecitamente dalle mafie, utilizzando quindi gli strumenti dell’azione giudiziaria e delle misure di prevenzione patrimoniali.
Su questo fronte, la portata dei provvedimenti di prevenzione eseguiti anche nel secondo semestre del 2020 testimonia l’attenzione verso il settore della Direzione Investigativa Antimafia che orienta le sue attività verso l’obiettivo generale di proteggere il tessuto economico del Paese dalle ingerenze della criminalità organizzata specie durante la difficile situazione contingente ancora caratterizzata da generale incertezza e diffuso disagio sociale.
Da giugno a dicembre dell’anno scorso, difatti, ammonta a oltre 287 milioni di euro il valore dei beni finiti sotto sequestro; 181 milioni sono quelli giunti a confisca; Ben 138 aziende controllate, 364 le interdittive antimafia emesse e oltre 304 mila le segnalazioni per operazioni sospette.