Teatro Sybaris. Mercoledì cala il sipario, in scena “La malattia della famiglia M”
Cala il sipario sulla dodicesima edizione della stagione teatrale comunale. L’appuntamento da non perdere al Teatro Sybaris è per mercoledì 13 aprile alle 21 con "La malattia della famiglia M" del Teatro Stabile di Bolzano, commedia scritta e diretta da Fausto Paravidino e da lui interpretata assieme a Jacopo-Maria Bicocchi, Iris Fusetti, Emanuela Galliussi, Nicola Pannelli, Fausto Paravidino, Fausto Maria Sciarappa e Pio Stellaccio. Trentaseienne genoano Fausto Paravidino è l’autore italiano più conosciuto della sua generazione: i suoi lavori sono stati tradotti e rappresentati in tutto il mondo. A Castrovillari si è avuto modo di apprezzarlo nelle passate edizioni di Primavera dei Teatri con "Trinciapollo", "Genova 01" e "Natura morta in un fosso". Scritta nel 2000 "La malattia della famiglia M" racconta in maniera diretta e poetica il disagio esistenziale di una famiglia allo sbando nella provincia italiana di questi anni. L’atto unico è stato già rappresentato con successo in altri paesi europei e in gennaio ha debuttato alla Comedie Française di Parigi, il teatro nazionale di Francia, una delle istituzioni più prestigiose d’Europa, sempre per la regia del suo autore. Quest’anno la stagione teatrale di Castrovillari, organizzata dall’assessorato alle politiche culturali e dall’associazione culturale Novecento, sotto la direzione artistica di Benedetto Castriota, ha riscosso grandi consensi con un cartellone molto vario e ricco che, in continuità con gli altri anni, ai grandi nomi del panorama nazionale e internazionale ha affiancato le affermate realtà teatrali del luogo. Un grande punto di forza di questa stagione è stato che molti appuntamenti sono stati una prima in Calabria, come quello della Ricciarelli, di Max Giusti e di Beppe Braida, con molti spettacoli che hanno visto il Teatro Sybaris strapieno. Ma torniamo a “La malattia della famiglia M” atto conclusivo di questa fortunata rassegna. La malattia a cui si allude nel titolo è in realtà il disagio esistenziale di una famiglia allo sbando che vive in una città di provincia. La storia riguarda due sorelle, un fratello, un padre malato e l’assenza di una madre. Questa famiglia ha una malattia, forse ne ha più d’una. C’è un padre che vive una malattia clinicamente non specificata che lo sospende dalla possibilità di esercitare l’autorità e che lui usa come arma e come scusa. C’è il lutto dell’assenza della madre che pesa su questi personaggi come una colpa e procura loro una vaga tristezza della quale tutti si accusano a vicenda. Ci sono poi due amici, Fulvio e Fabrizio, che interagiscono con questa famiglia e involontariamente portano la farsa tra questa gente triste. Cristofolini, il cechoviano medico del paese, è testimone implicato in questa storia a più voci, dove ciascuno dialoga con l’altro ma rimane in solitudine, incapace di risolvere le proprie difficoltà nel comunicare. Per la prima volta in un lavoro teatrale di Fausto Paravidino, oltre ai giovani compaiono anche gli adulti; come in altri suoi testi, tipo lo straordinario “Natura morta in un fosso”, e anche nel suo film “Texas”, mette in scena la vita di provincia. Con il suo scorrere, apparentemente banale e piatto, con le parole che si susseguono l’una all’altra apparentemente banali, ma che invece vanno a scavare proprio dove ci sono ferite aperte e situazioni, come ha detto lo stesso autore, di normale anormalità. Ma nel testo c’è anche tanta ironia e autoironia generazionale capace di attirare lo spettatore e catapultarlo in una trama che non lo lascerà fino a quando, sulla storia, non si chiuderà il sipario. “Rivelatosi a ventitré anni, Paravidino, nato come attore e divenuto a buon diritto capofila dei nostri giovani scrittori di teatro, è anche il solo che, come i suoi prediletti inglesi, sa scrivere con la libertà e la naturalezza con cui si chiacchiera nella vita…” afferma il critico Franco Quadri. Con questo lavoro Paravidino, conferma tutto il suo eclettismo; drammaturgo, prima di tutto, ma anche regista e attore, e sotto questa veste lo ricordiamo al cinema ne “Il partigiano Johnny” e in TV (in Romanzo Criminale nella parte di Ranocchia, in Moana dove interpretava Schicchi e in Crimini).