Caporalato nel cosentino, quattro indagati lasciano il carcere
Il Gip di Castrovillari e il Tribunale della Libertà di Catanzaro – accogliendo le richieste avanzate dagli avvocati Francesco Nicoletti e Giusy Acri - hanno sostituito la massima misura cautelare alla quale erano sottoposti quattro indagati con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari.
Nello specifico, il Giudice per le indagini preliminari della città del Pollino si è pronunciato sulle posizioni di un 51enne, P.P.; un 36enne, P.P.; e di un 43enne, O.A.; mentre il Tdl si è pronunciato su un 41enne, M.S.I.
Tutti e quattro erano ritenuti dei “caporali” dopo esser stati coinvolti nell’operazione portata a termine a fine marzo scorso (QUI) e con la contestazione, anche, di reati più gravi come quelli di violenza privata e tentata estorsione.
L’operazione è scattata ad opera dei carabinieri del Reparto Territoriale di Corigliano-Rossano e del Comando di Tutela del Lavoro che, supportati dai comandi provinciali di Crotone, avevano notificato l’ordinanza di custodia cautelare a 154 soggetti, sei dei quali erano finiti in carcere e nove ai domiciliari.
Contestualmente, il provvedimento del Gip aveva disposto anche il sequestro preventivo dei beni e delle quote aziendali di dieci imprese agricole, di cui quattro in provincia di Cosenza, cinque nel crotonese e una nel materano, oltre al sequestro di cinque veicoli che sarebbero stati utilizzati dai presunti “caporali” per il trasporto dei lavoratori in nero.
L’inchiesta, coordinata dalla Procura della Repubblica di Castrovillari e scaturita da una complessa attività d’indagine avviata dalla Stazione Carabinieri di Mirto Crosia, era stata condotta in stretta sinergia con i militari del Comando Carabinieri Tutela del Lavoro di Cosenza, ed aveva acceso i riflettori sul fenomeno dell’impiego di lavoratori in condizioni illecite da parte di diverse aziende calabresi e lucane nel periodo che va dalla seconda metà del 2018 fino al 2021.
Tra le vittime uomini e donne di nazionalità straniera che avevano presentato una serie di denunce-querele presso la stazione dei Carabinieri di Crosia, dando il via all’attività degli inquirenti che si era poi estesa anche ad altri territori.