Reclutati dai caporali e “spremuti” nei campi tra minacce e stipendi da restituire: in 15 in manette

Calabria Cronaca

Orari di lavoro di oltre 12 ore al giorno per paghe comprese tra i 15 ed i 30 euro, senza visite mediche, neppure in casi di infortunio, e sotto la continua minaccia di essere licenziati o addirittura uccisi.

Un quadro sconcertante quello messo in luce dalla vasta indagine avviata dai Carabinieri di Mirto Crosia, che si è estesa a macchia d’olio a Cosenza, Catanzaro e Crotone e, travalicando i confini regionali, fino a Matera.

Questa mattina i carabinieri di Corigliano-Rossano, assieme a personale del nucleo per la Tutela del Lavoro di Cosenza, Crotone, Catanzaro e Matera e dei comandi provinciali dei capoluoghi pitagorico e lucano, hanno arrestato 15 persone - di cui 13 italiani, un rumeno ed un bulgaro - accusati a vario titolo di intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro, minacce ed estorsione.

Per sei di loro si sono aperte le porte del carcere di Castrovillari, mentre in nove sono stati posti ai domiciliari.

Il provvedimento, emesso dal gip del Tribunale di Castrovillari su richiesta della Procura della Repubblica, ha portato anche al sequestro preventivo di beni a carico di dieci imprese agricole (di cui quattro persone giuridiche e sei ditte individuali), oltre che di cinque veicoli usati da presunti caporali per il trasporto dei lavoratori. Il valore complessivo del sequestro ammonta a circa 15 milioni.

LE DENUNCE DELLE VITTIME

L’attività di indagine nasce a Mirto Crosia, a seguito di alcune denunce da parte dei lavoratori impiegati nei campi del circondario.

Quello che sembrava essere un fatto circoscritto si è però rivelato ben più ampio, sia geograficamente che temporalmente: l’attività di reclutamento e gestione dei lavoratori era infatti gestita da alcuni caporali che operavano per conto di aziende dislocate in più provincie ed erano in attività almeno dalla seconda metà del 2018 fino al 2021.

Le investigazioni si sono così estese coinvolgendo oltre a Crosia anche Corigliano-Rossano, Celico e Spezzano della Sila nel cosentino; Strongoli, Cirò Marina e Crotone nel crotonese; Policoro nel materanese; e Catanzaro.

Un sistema ben organizzato e strutturato, che riusciva a far leva sulle condizioni disperate dei lavoratori - per lo più gambiani, nigeriani e rumeni - che per necessità e bisogno finivano loro malgrado ad accettare le condizioni imposte.

LO SFRUTTAMENTO DIFFUSO

Nel corso dell’indagine è stato possibile corroborare le dichiarazioni e le testimonianze rese dalle vittime, tramite attività di osservazione del territorio e verifiche di natura tecnica.

Ciò ha permesso di evidenziare come il fenomeno dello sfruttamento dei lavori fosse ben diffuso, addirittura “cristallizzato”, a partire dal reclutamento da parte dei caporali.

È stato così accertato il ricorso sistematico a minacce ed atti di violenza fisica nei confronti dei lavoratori, che venivano persino minacciati di morte quando provavano a protestare.

15 EURO PER 12 ORE DI LAVORO

Circostanze che si verificavano prevalentemente al ricevimento della paga, compresa tra i 15 ed i 30 euro al giorno per oltre 12 ore di lavoro nei campi. Gli stessi erano poi costretti ad accettare, pena il licenziamento.

Evidenziate inoltre delle ripetute e reiterate violazioni riguardo la tutela dei lavoratori in tema di igiene e sicurezza, in quanto non sono mai stati sottoposti a visita medica, neppure in caso di infortunio.

Emblematico, in tal senso, il caso di un lavoratore che si era stirato un gamba dopo aver caricato oltre 630 cassette di pomodori, ed al quale è stata negata ogni tipo di assistenza.

Negate anche delle pause dal lavoro idonee, dato che ai lavoratori erano concessi solo dei periodi di riposo che spaziavano tra i 10 ed i 30 minuti.

Documentato, infine, come i caporali gestissero le paghe pretendendo la restituzione di parte dello stipendio, ed anche di come “istruivano” i lavoratori in caso di controlli da parte delle forze dell'ordine, spiegandogli cosa dovevano rispondere e come dovevano comportarsi.

LA GUERRA AL CAPORALATO

L'indagine, attualmente in fase preliminare, proseguirà con maggiori accertamenti e verifiche. La Procura di Castrovillari infatti intende porre maggiore attenzione ad ogni forma di infiltrazione illecita nei tessuti economici ed imprenditoriali, per garantire il mancato ricorso a pratiche parassitarie.

In particolare, l'operazione odierna si pone come segno tangibile di contrasto ad ogni forma di sfruttamento, operato talvolta da insospettabili imprenditori. L'obiettivo è quello di recuperare la fiducia dei cittadini verso le istituzioni, ribadendo come solo il rigosoro rispetto della legge possa garantire una piena consapevolezza dei propri diritti.