Soli e fragili adescati e “svuotati”: così la banda rumena accalappiava e circuiva gli anziani
Il profilo della vittima designata è quasi sempre lo stesso: anziano ottuagenario, solo, lontano dai figli, quando vedovo, comunque desideroso di un affetto, quantomeno di un’amicizia.
Dall’altra parte un gruppo senza scrupoli, dove un ruolo lo giocano delle abili adescatrici: donne straniere che riescono con arguzia a circuire le fragili menti degli anziani.
Li portano in alcuni casi a farsi consegnare il loro patrimonio, i risparmi di una vita; a volte addirittura a contrarre un finanziamento pur di poter soddisfare le finte necessità economiche che le loro altrettanto finte “amiche” sono capaci di inventarsi, di volta in volta, per spillargli sempre più denaro.
Il tutto dura per un po’, con diversi anziani caduti vittime dei raggiri che consentiranno guadagni anche di oltre un milione di euro.
Il “castello” crolla però quando uno degli anziani, esasperato ed in lacrime, troverà la forza e la dignità di presentarsi ai carabinieri della stazione di San Luca, nel reggino, e di aprirsi col maresciallo Michele Fiorentino.
Da qui - è il 2018 - prende le prime mosse l’inchiesta “Transilvania” (QUI), dal nome dell’area geografica punto di arrivo dei flussi finanziari ottenuti con questi “stratagemmi”, e che stamani ha smantellato una banda internazionale composta da una sessantina di rumeni.
Tredici le persone raggiunte da un mandato di arresto europeo e tre da altrettante ordinanze di custodia cautelari emesse dal Gip del tribunale di Locri (QUI) che gli contesta a vario titolo l’associazione per delinquere finalizzata alla circonvenzione di incapace, il riciclaggio, la fittizia intestazione di beni, la rapina e l’estorsione.
Come accennavano tutto parte dalla denuncia sporta dall’anziano originario della locride. L’uomo racconterà ai Carabinieri di essere stato circuito da una giovane donna rumena che avrebbe fatto finta di essere innamorata di lui portandolo in un anno a consegnarle circa 20 mila euro.
L’APPROCCIO DELLE “ADESCATRICI”
I militari iniziano subito ad indagare, convinti non fosse questo un caso isolato. Indagini che li conducono a scoprire l’esistenza di un’articolata organizzazione criminale composta appunto da rumeni.
Qui ognuno ha un compito ben definito. Il vertice è in Romania ma la base operativa è nel reggino (tra Bianco e Melito di Porto Salvo) estendendo i suoi “interessi” fino in Sicilia.
Da quanto ricostruito dagli investigatori la “banda” farebbe capo a due coniugi originari di Bistriţa-Năsăud (in Romania) e si sarebbe avvalsa di giovani donne che, addestrate appositamente ed agendo singolarmente, avrebbero selezionato con attenzione le potenziali vittime, generalmente uomini anziani di età compresa tra i 70 ed i 90 anni.
Dalle vittime, poi, sarebbero riuscire a farsi versare delle cospicue e continue somme di denaro, fino a mille euro per singola transazione. Denaro che veniva consegnato direttamente nelle mani delle truffatrici o bonificato ai vertici della banda in Romania.
Il sistema di approccio era più o meno sempre lo stesso: ci si avvicinava dapprima al malcapitato con la scusa di vendergli oggettistica di esiguo valore, come accendini e fazzoletti; poi seguiva la fase di “adescamento”, nel corso della quale le ragazze, approfittando delle condizioni di solitudine e vulnerabilità degli anziani, si dichiaravano infatuate di quest’ultimi ma, ovviamente, bisognose di denaro per asseriti motivi di salute personali o dei propri familiari residenti, in particolare, nell’est Europa.
LE MINACCE ALLE VITTIME
Nel corso delle indagini, però, sono emerse anche delle minacce legate alle richieste di soldi, trasformatesi in alcuni casi in vere e proprie estorsioni quando la vittima, accortasi della spirale nella quale era incappata, decideva di non darne più degli altri, per poi essere anche ricattata dietro l’intimidazione di rivelare la relazione clandestina ai suoi familiari o all’eventuale coniuge.
Di particolare rilievo - a conferma della spregiudicatezza dei componenti dell’associazione - è l’arresto effettuato nel dicembre del 2018 dai militari della Stazione di San Luca.
Allora vennero sottoposte a fermo di indiziato di delitto due donne dell’organizzazione, successivamente condannate e tutt’ora in carcere, accusate di aver commesso una rapina nell’abitazione di un settantasettenne circuito precedentemente, e durante la quale gli avrebbero somministrato una dose quasi letale di valium, causandogli, nei giorni successivi, ben due infarti (QUI).
In altre due occasioni, rispettivamente nel dicembre 2018 (QUI) e nell’aprile 2021, i Carabinieri arrestarono in flagranza altre due donne nel momento in cui queste riscuotevano i soldi che si ritenne estorti dopo la ribellione da parte delle proprie vittime, che si vedevano costrette a pagare nuove somme affinché non venisse rivelata ai familiari la relazione.
GLI SPOSTAMENTI IN ROMANIA
La violenza con cui avrebbe agito la banda, e la ripartizione dei ruoli al suo interno, sarebbe dimostrata anche dall’episodio avvenuto nell’ottobre 2018 a Grotteria e che vide coinvolto un uomo quasi novantenne, che fu portato in un’abitazione privata in uso alla sua adescatrice, dando così il tempo ai complici della donna di portargli via il portafoglio dall’autovettura.
Gli appartenenti al grippo, poi, facevano periodicamente rientro alla base logistica in Romania per ridefinire le strategie operative e spartirsi i proventi.
Questo elemento ha fatto emergere la necessità per gli investigatori di avviarne il monitoraggio degli spostamenti tramite i canali di cooperazione internazionale di polizia.
Lo sforzo sinergico tra i Carabinieri reggini e l’Europol ha permesso di localizzare 16 destinatari della misura cautelare, 13 dei quali individuati tra la Romania, la Germania e l’Olanda.
Gli altri indagati in stato di libertà rispondono delle stesse condotte di circonvenzione, mentre sono una quindicina le vittime accertate nell’arco temporale coperto dall’indagine.
L’ACTION DAY EUROPEO
Le fasi della cattura, concretizzatesi nell’action day di ieri, hanno visto la cooperazione di polizia affiancata alla cooperazione giudiziaria tra Procure: contestualmente all’esecuzione dei Mandati di Arresto Europeo, le polizie rumena e tedesca - su richiesta della Procura di Locri, previe interlocuzioni con i Procuratori esteri - hanno operato perquisizioni personali e locali nei confronti degli indagati, sequestrando dispositivi telematici il cui contenuto sarà oggetto di una successiva analisi a consolidamento del quadro probatorio delineatosi nel corso delle indagini preliminari.
Nell’ambito della stessa investigazione sono stati inoltre censiti, con la collaborazione dell'Europol, flussi illeciti di denaro per oltre un milione di euro.
A conferma della valenza operativa dei rapporti tra Forze di polizia di Stati diversi, finalizzati alla condivisione delle informazioni, è importante sottolineare come dallo scambio informativo avvenuto nel corso di queste indagini anche tramite l’Interpol, si è arrivati a rintracciare e catturare in Romania, Inghilterra e Francia sette latitanti rumeni, tutti destinatari di Mandati di Arresto Europeo per reati commessi in Italia e collegati a vario titolo con i membri dell’organizzazione criminale investigata.