Oltre 300 proprietà accumulate con l’aiuto delle cosche: mega confisca da 160 milioni
Un patrimonio da oltre 160 milioni di euro è stato confiscato quest’oggi ad un imprenditore edile di Reggio Calabria, Carmelo Ficara (66 anni), ritenuto vicino a diverse cosche di ‘ndrangheta sin dalla metà degli anni ‘80.
Questo il risultato di una lunga indagine svolta dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri - assieme al personale della Dia e dello Scico - sotto l'egida della Direzione Distrettuale Antimafia.
Questa mattina i militari sono intervenuti per eseguire quanto deciso dal Tribunale di Reggio Calabria, che ha disposto appunto la misura patrimoniale a carico dei beni considerati riconducibili all'uomo e secondo gli inquirenti ottenuti, nel corso del tempo, tramite una serie di reati ed operazioni illecite.
L'imprenditore - già coinvolto in due distinte operazioni, Monopoli (QUI) e Martingala (QUI) - avrebbe fatto leva sul sostegno fornito dalla cosca dei Latella e, dal 2000 in poi, si sarebbe invece appoggiato alla famiglia dei De Stefano.
L’INGENTE RICICLO DI DENARO
Nel corso delle indagini sarebbe dunque emerso un presunto sistema di collusione tra l'imprenditore e le cosche cittadine, che gli avrebbe permesso accumulare degli enormi profitti, poi riciclati e reinvestiti in fiorenti attività sul territorio.
Nel 2018 l’indagine si concretizzò con una prima serie di arresti nei confronti di quattro persone (QUI), accusate a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, trasferimento fraudolento di valori ed autoriciclaggio, assieme a diversi reati finanziari su compendi aziendali: un giro d'affari stimato in almeno 50 milioni di euro.
Successivi accertamenti portarono alla condanna dell'imprenditore - in primo grado - a 12 anni di reclusione (QUI), oltre che alla disposizione della libertà vigilata per 3 anni.
Le presunte responsabilità di Ficara ed il suo ipotizzato “stretto legame” con esponenti della cosca dei De Stefano portarono alla luce anche un carattere speculativo, a livello immobiliare, che gli avrebbe permesso di espandere le proprie attività divenendo uno dei principali imprenditori locali.
LE SOCIETÀ FITTIZIE E I PRESTANOMI
Un’ulteriore indagine - conclusasi sempre nel 2018 - coinvolse nuovamente l'imprenditore, in quanto considerato parte integrante di un articolato sodalizio criminale dedito al riciclaggio, all'autoriciclaggio, all'emissione di false fatture ed all'associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso. Complessivamente furono arrestata 27 persone (QUI).
L’indagine portò alla luce un intricato schema societario e di partecipazioni: coinvolte 51 società (anche estere) e relativi beni patrimoniali, mobili ed immobili, per una valore complessivo di circa 119 milioni.
Anche in questo caso, l'imprenditore edile si ritiene abbia ottenuto un indebito risparmio d'imposta, che gli avrebbe consentito - anche in tal caso - di accumulare ingenti profitti da reinvestire nelle proprie attività.
L'intera operazione, coordinata dalla Dda con il supporto del Gico e della Dia, metterebbe nuovamente in luce i presunti intrecci dell'imprenditore con la criminalità organizzata, ricostruendo una serie di acquisizione patrimoniali dal 1985 al 2017.
Anni durante il quale, e sempre secondo gli investigatori, il patrimonio dell'uomo sarebbe aumentato a dismisura, ben oltre la capacità reddituale denunciata dallo stesso.
I BENI CAUTELATI
Il sequestro patrimoniale fu disposto nell'ottobre del 2019 (QUI). La confisca di oggi ha attinto 7 attività tra imprese e società commerciali, 234 tra terreni e fabbricati, 99 immobili e 16 veicoli, assieme alle quote di partecipazione di due società attive nel settore edile e turistico. Complessivamente, il valore stimato è di oltre 160 milioni di euro.