Dia: la ‘ndrangheta silenziosa brama il Pnrr, e intanto ricicla all’estero mimetizzandosi tra gli onesti

Calabria Cronaca

Il termine tecnico è quello di “inabissamento”: gli analisti lo utilizzano per sintetizzare l’inclinazione delle mafie più strutturate, ‘ndrangheta compresa, al raggiungimento di un più basso profilo di esposizione e, come tale, particolarmente insidioso proprio in ragione dell’apparente e meno evidente pericolosità.

Una tendenza che risulta sempre più diffusa perché decisamente più vantaggiosa, perché consente una mimetizzazione nel tessuto sociale premettendo, conseguenzialmente, di continuare a concludere affari illeciti in condizioni di relativa tranquillità, senza destare le attenzioni degli inquirenti.

La criminalità organizzata, dunque, preferisce agire con modalità silenziose, affinando e implementando l’infiltrazione pervasiva del tessuto economico-produttivo del paese, avvalendosi anche delle complicità di imprenditori, professionisti ed esponenti delle istituzioni, formalmente estranei ai sodalizi.

È quanto spiegano gli investigatori della Divisione Investigativa Antimafia, nella loro ultima relazione semestrale, che fa riferimento ai primi centottanta giorni del 2022 (QUI), presentata ieri al Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, e che analizza i fenomeni di criminalità mafiosa sulla base delle evidenze investigative, giudiziarie e di prevenzione.

LA “FAME” DI PNRR

Secondo gli analisti della Dia, intanto, un’indubbia capacità attrattiva per le mafie è rappresentata dai progetti di rilancio dello sviluppo imprenditoriale nella fase post-pandemica e dall’insieme di misure finalizzate a stimolare la ripresa economica nel Paese compulsate anche dai noti finanziamenti europei del Pnrr, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Sulla base di queste considerazioni, la Relazione propone, con la consueta attenzione allo sviluppo ed alle trasformazioni delle organizzazioni, la descrizione del quadro criminale - anche schematizzata con l’ausilio di mappe esplicative della sua evoluzione che spiegano le presenze dei principali gruppi attivi in ragione delle risultanze delle investigazioni concluse dalla Dia e dalle Forze di polizia - senza tralasciare gli importanti, ulteriori elementi informativi contenuti nei provvedimenti di scioglimento degli Enti Locali.

IL RILIEVO ESTERO

L’elaborato sottolinea, inoltre, quanto il contrasto specifico debba essere svolto soprattutto avvalendosi della cooperazione internazionale, data la perdurante propensione delle mafie italiane a rivestire ruoli di rilievo anche all’estero.

“È noto - si legge infatti nella relazione - come le organizzazioni criminali, italiane e straniere, siano ormai proiettate a valicare sistematicamente i confini nazionali, costituendo una crescente minaccia per la sicurezza degli Stati, delle loro economie e dei diritti individuali”.

I “MULTISERVICE PROVIDER”

Gli scenari futuri vedono pertanto le economie degli stati sempre più contaminate dalle consorterie criminali definite “multiservice provider”, in grado cioè di sfruttare nel mondo digitale la capacità organizzativa di fare networking, di stabilire alleanze operative e strategiche tra gruppi diversi, anteponendo l’unità di intenti alle lotte interne.

D’altra parte il limitato ricorso alla violenza, soprattutto nei territori oltre confine, e la conseguente mutazione delle organizzazioni criminali profilate sempre più verso una vocazione affaristico-imprenditoriale, evidenziano il rischio che possa ridursi la percezione della pericolosità sociale delle stesse.

IL LINGUAGGIO COMUNE

Per una efficace lotta contro tali insidie, la Dia ha sempre sottolineato, durante gli incontri internazionali, la necessità di utilizzare un linguaggio comune, metodologie e normative condivise per massimizzare l’efficacia delle azioni di contrasto poiché i nuovi scenari richiedono strategie congiunte e coordinate ad ogni livello, anche in considerazione del recente interesse delle mafie verso il sistema delle criptovalute, oltre ad un più moderno ed efficace adeguamento normativo da parte dei Paesi Europei ed extra Europei.

LA DIFFUSIONE DEI VIRTUALASSET

In particolare, in relazione al crescente sviluppo delle transazioni finanziarie attuate ricorrendo a nuove tecnologie e allo scambio di rappresentazioni digitali di valore, come le criptovalute e gli NFTs, nei sei mesi presi in esame è stato avviato un tavolo permanente con lo scopo di studiare le correlate fenomenologie ed individuare possibili elementi di contatto con la criminalità organizzata.

Gli analisti evidenziano ancora come i rischi insiti nella crescente diffusione dei virtualasset, sui quali anche nel primo semestre 2022 si è incentrata l’attenzione degli organismi internazionali ed europei cosi come quella del legislatore nazionale, trovino conferme nel dispositivo di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

LA RETE OPERATIVA @ON

In tale ambito viene sottolineata l’efficacia della Rete Operativa Antimafia @On di cui la Dia è ideatrice, promotrice e Project Leader, che è oggetto di una apposita disamina nel Focus della relazione semestrale.

La Rete, il cui progetto era stato avviato nel 2013 e recentemente rifinanziato per altri 24 mesi dal “Grant Agreement” tra il Direttorato Generale per la Migrazione e Affari Interni della Commissione Eu Dg-Home e la Dia con ulteriori due milioni di euro “ISF4@ON” a partire dal 1 febbraio 2022, rappresenta lo strumento con cui la Dia favorisce le Agenzie di Polizia (LEAs) nello scambio operativo delle informazioni relative alle organizzazioni criminali presenti negli Stati Membri dell’Unione Europea, per sostenere le indagini transnazionali anche mediante un rapido invio sul posto di investigatori, specializzati nel particolare fenomeno criminale indagato, a vantaggio dei Paesi richiedenti.

LE SIC E LE NUOVE COOPERAZIONI

Nel semestre preso in esame, il Network ha anche supportato le Unità investigative degli Stati Membri della Rete @ON in 80 investigazioni e ha finanziato 286 missioni operative in favore di mille investigatori che hanno portato complessivamente all’arresto di 480 persone, inclusi sei latitanti, e al sequestro di circa 146 milioni di euro, droga e armi.

Sono state inoltre recentemente adottate delle nuove forme di cooperazione giudiziaria (delle cosiddette Sic, Squadre Investigative Comuni) e degli strumenti innovativi finalizzati ad una lotta condivisa al crimine organizzato in ambito continentale (organismi e gruppi di lavoro multilaterali) che devono considerarsi l’anticipazione di una vera e propria legislazione antimafia condivisa tra le nazioni.

L’APPROCCIO GLOBALE

Da quanto riportato nella relazione, dunque, secondo gli esperti della Dia “emerge chiaramente la necessità di un approccio globale nel contrasto alla criminalità organizzata, con particolare attenzione all’aggressione dei beni illecitamente accumulati dalle mafie, anche fuori dai confini nazionali, mediante gli strumenti dei sequestri penali e di prevenzione”.

Su questo fronte, la portata dei provvedimenti preventivi eseguiti nel semestre in esame testimonia la costante attenzione nel peculiare settore della Direzione Investigativa Antimafia che orienta sempre le sue attività a protezione del tessuto economico del Paese dalle ingerenze della criminalità organizzata”, concludono dalla Dia.

I RISULTATI CONSEGUITI

Nei sei mesi analizzati, infine, i risultati conseguiti si sintetizzano nei numeri, importanti, ottenuti: ovvero sono stati eseguiti sequestri per poco meno di 93 milioni di euro, confische per altri 43 milioni; 615 sono state le aziende monitorate che hanno portato all’emissione di 289 interdittive antimafia; oltre 73 mila, infine, le segnalazioni per operazioni sospette che sono state analizzate.

LA ‘NDRANGHETA CALABRESE

Entrando nel merito della ‘ndrangheta calabrese, la relazione evidenzia come l’incisiva azione di contrasto proseguita nel periodo dalle Ddia di Reggio Calabria e di Catanzaro e dalle Autorità prefettizie della regione, abbia permesso di raggiungere dei risultati di assoluto rilievo sia sul piano penale che su quello preventivo.

Anche sul fronte giudiziario le sentenze emesse nel semestre, con pesanti condanne a carico di esponenti di spicco della criminalità, hanno contribuito a ridimensionare il potere delle ‘ndrine.

Gli esiti recenti delle più rilevanti inchieste restituiscono ancora una dimensione della ‘ndrangheta sempre pervicace nella sua vocazione affaristico-imprenditoriale e che ha sinora dimostrato di saper diversificare gli investimenti orientandoli anche negli ambiti economici leciti che maggiormente risentono dell’attuale crisi finanziaria.

IL CONTROLLO DELLE RISORSE PUBBLICHE

Le investigazioni hanno anche documentato la capacità della criminalità calabrese di proporsi a imprenditori in crisi di liquidità dapprima come sostegno finanziario, subentrando poi negli asset e nelle governance societarie per capitalizzare illecitamente i propri investimenti.

“L’attività di prevenzione antimafia condotta dai Prefetti nel territorio nazionale, nella Regione di origine e in quelle di proiezionesi legge ancora nel report - ha disvelato l’abilità delle ‘ndrine d’infiltrare le compagini amministrative ed elettorali degli enti locali al fine di acquisire il controllo delle risorse pubbliche e dei flussi finanziari, statali e comunitari, prodromici anche ad accrescere il proprio consenso sociale, invariato rimane l’interesse della criminalità organizzata calabrese nel traffico illecito dei rifiuti, come confermato risulta anche quello nell’usura e nel racket delle estorsioni”.

LA ‘NDRANGHETA FUORI SEDE

Anche al di fuori dei territori di origine, la ‘ndrangheta esprime la sua spiccata capacità imprenditoriale grazie ad ingenti risorse economiche derivanti dal narcotraffico.

I sodalizi calabresi, in quest’ambito, continuano a rappresentare gli interlocutori privilegiati per i cartelli sudamericani in ragione degli elevati livelli di affidabilità criminale e finanziaria, garantiti ormai da tempo.

Negli ultimi anni, anche l’Africa occidentale, in particolare la Costa d’Avorio, la Guinea-Bissau e il Ghana, è diventata per le cosche uno snodo logistico sempre più importante per i traffici di droga.

I flussi intercontinentali di stupefacenti non hanno fatto registrare flessioni significative neanche nel periodo di limitazioni alla mobilità imposte a causa della nota crisi pandemica.

I PORTI DELLA DROGA

Significative risultanze investigative nel semestre hanno pertanto confermato la centralità degli scali portuali di Gioia Tauro (per la Calabria) e quelli di Genova, La Spezia, Vado Ligure e Livorno per l’alto Tirreno.

La crescita nell’ultimo biennio dei sequestri di stupefacenti raggiunta grazie anche al costante affinamento delle tecniche di controllo delle forze di polizia impegnate nel contrasto al narcotraffico, è evidenziata nel “Rapporto della DCSA 2022” che, con riferimento alla Città Metropolitana di Reggio Calabria, riporta che “Nel 2021, in questa area metropolitana, i quantitativi di sostanze sequestrate sono aumentate dell’87,97%, passando da 7.514,28 kg del 2020 a 14.124,37 kg del 2021... Va evidenziato, in proposito, che il 67,28% del totale della cocaina, sequestrata in questa città metropolitana, è stata intercettata al porto di Gioia Tauro. Nel medesimo contesto, è stato sequestrato il 53,59% di tutta la cocaina sequestrata a livello nazionale, lo 0,07% dell’eroina, lo 0,04% dell’hashish, l’1,05% della marijuana e il 6,36% delle piante di cannabis”.

Nel semestre scorso, sempre con riferimento al traffico di droga, appare esaustivo anche il rinvenimento di numerose piantagioni di cannabis coltivate in varie aree della regione, come documentato da un’inchiesta conclusa nel periodo in esame.

LA REPLICAZIONE DEL MODELLO

Al di fuori della Calabria, oltre a insidiare le realtà economico-imprenditoriali, le cosche tentano di replicare i modelli mafiosi originari facendo leva sui tradizionali valori identitari con proiezioni di ‘ndrangheta che fanno sempre riferimento al Crimine quale organo di vertice deputato a dettare le strategie, dirimere le controversie e stabilire la soppressione ovvero la costituzione di nuovi locali.

Le inchieste sinora concluse hanno infatti consentito di individuare nel Nord Italia 46 locali, di cui 25 in Lombardia, 16 in Piemonte, 3 in Liguria, una ciascuna in Veneto, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige.

Anche all’estero le cosche calabresi sono state in grado di cogliere le asimmetrie dei rispettivi sistemi normativi privilegiando il reinvestimento dei capitali illeciti in Paesi meno “cooperativi” sul piano giudiziario come dimostrato nel semestre dagli esiti dell’operazione “Black Frog”.