Stangata alla cosca Crea, otto arresti: favorirono la latitanza del boss

Reggio Calabria Cronaca

Otto persone sono finite in arresto, stamani con le accuse, a diverso titolo, di associazione mafiosa, favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena, aggravati dalle finalità mafiose; mentre altre sette, invece, sono indagate in stato di libertà per i soli reati di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena.

Le indagini, confluite nell’operazione denominata Declino, condotte dalla Squadra Mobile e dall’attuale Sezione Investigativa dello Sco di Reggio Calabria fanno ritenere di aver individuato i presunti appartenenti alla cosca Crea di Rizziconi, che si sono occupati, tra l’altro, di gestire la latitanza di Domenico Crea (41 anni), catturato a Ricadi (nel vibonese) il 2 agosto del 2019, e che ricercato dopo oltre 4 anni (QUI).

Al momento della cattura, Crea - su cui pendevano diversi provvedimenti restrittivi tra i quali figurava una condanna ad oltre 21 anni di reclusione per associazione mafiosa ed estorsione - era ritenuto il reggente dell’omonima cosca di Rizziconi, nel reggino, dato che il padre Teodoro e del ed il fratello Giuseppe erano detenuti, quest’ultimo tra l’altro arrestato dopo oltre un decennio in cui si era reso irreperibile (QUI).

Secondo quanto emerso dalle indagini, la latitanza di Domenico Crea sarebbe stata protetta da una articolata rete di fidati sodali, tra i quali si ritiene vi siano Domenico Pillari (che si sarebbe avvalso della collaborazione del figlio Giovanni) e Rocco Versace, già condannati in passato per aver favorito la latitanza dell’anziano boss Teodoro.

L’ipotesi è che entrambe si siano occupati di garantire l’operatività del clan portando i messaggi agli esponenti di altre cosche; fornendo aiuto ed appoggio all’allora giovanissimo Teodoro Crea, successivamente arrestato nell’operazione Nuova Narcos Europea (QUI); interponendosi nelle trattative di compravendita dei terreni storicamente condizionata dai diktat mafiosi.

L’AIUTO DEI MANCUSO

Quanto al fatto che Domenico Crea abbia trascorso gran parte della sua latitanza in provincia di Vibo Valentia, gli inquirenti sospettano il coinvolgimento di Luigi Mancuso e Pasquale Gallone, condannati nei mesi scorsi, in primo grado, nell’ambito del processo Rinascita-Scott (QUI), rispettivamente a 21 e 20 anni di reclusione, il primo perché ritenuto al vertice dell’omonima cosca ed il secondo considerato invece elemento apicale del clan di Limbadi.

In questa indagine, quindi, sono stati raggiunti dalla misura cautelare essendo sospettati appunto di aver favorito la latitanza di Crea almeno fino al dicembre del 2018.

A mantenere i rapporti con Mancuso e Gallone, allora liberi, sarebbe stato Domenico Pillari, attraverso la mediazione di un altro indagato Antonino Rottura.

LA AZIONI RITORSIVE DEL CLAN

Tra gli arrestati figurano ancora il citato Rocco Versace e Francesco Candiloro, già detenuti in quanto finiti in manette nell’ottobre del 2021, nell’ambito di indagini condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Ancona, essendo ritenuti coinvolti nell’omicidio di Marcello Bruzzese (QUI) - fratello del collaboratore Girolamo Biagio - ucciso a Pesaro il 25 dicembre del 2018 (QUI).

Proprio per questo fatto di sangue, Candiloro è stato condannato in primo grado, in abbreviato, all’ergastolo, mentre per Versace è in corso il processo con rito ordinario.

Gli investigatori sostengono che l’assassinio di Bruzzese, così come altri progetti di attentato per i quali Candiloro, sempre ad ottobre del 2021, è stato raggiunto da un fermo di indiziato di delitto disposto dalla Dda di Brescia, sono ritenuti, siano azioni ritorsive rientranti nel programma della cosca Crea.

IL COORDINAMENTO DELLE DDA

Per queste ragioni è stato avviato un proficuo scambio informativo ed un coordinamento investigativo con le Direzioni Distrettuali Antimafia di Brescia ed Ancona, che fa ritenere di aver arricchito e consolidato il quadro indiziario, anche con le dichiarazioni di due degli indagati del procedimento bresciano, che nel frattempo hanno manifestato la volontà di collaborare con la giustizia, e che avrebbero confermato l’ipotesi che l’omicidio Bruzzese e gli ulteriori propositi omicidiari siano scaturiti da ordini impartiti dai vertici dei Crea.

Per le stesse motivazioni, è stato avviato un coordinamento investigativo anche con la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, diretta dal Procuratore Nicola Gratteri, titolare di procedimenti relativi ad ulteriori fatti inquadrati nel programma della cosca, per i quali la Procura del capoluogo calabrese ha richiesto ed ottenuto dal Gip un’ordinanza di custodia cautelare che è stata eseguita nelle scorse ore, contestualmente ai provvedimenti emessi dal Gip reggino.

Nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Reggio Calabria, oltre all’esecuzione delle misure restrittive, sono state eseguiti anche diversi decreti di perquisizione, in particolare a carico degli indagati in stato di libertà.

La fase finale dell’operazione è stata supportata dal personale dalle Squadre Mobili di Bologna, Nuoro e Vibo Valentia e dalle Sisco di Milano, Catanzaro e L’Aquila, da equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine e dal Gabinetto Polizia Scientifica.