Maxi confisca alla cosca Crea. Sigilli per 6 milioni di euro
Ammonta a sei milioni di euro il valore dei beni confiscati dalla Polizia di Reggio Calabria su disposizione della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale del capoluogo.
Il provvedimento va a colpire la cosca Crea, della piana di Gioia Tauro, e ha riguardato un edificio di pregio composto da tre appartamenti e due locali usati come deposito o garage; una villa; due abitazioni e un locale utilizzato anch’esso come deposito; un immobile in costruzione; tre appartamenti e un altro locale destinato ad attività commerciale; due stabili, tra cui un’abitazione e un caseificio; sei fabbricati impiegati come stalle; 18 terreni; l’impresa agricola individuale “Burzi’ Clementina” con sede a Rizziconi; titoli Agea emessi a favore di Marinella Crea.
LA CONFISCA arriva a seguito delle attività investigative eseguite dopo l’inchiesta Deus, condotte dalla Mobile di Reggio Calabria e coordinate dalla Dda, a conclusione delle quali è stata eseguita un’ordinanza, emessa dal gip, con cui sono state disposte, nei confronti di 16 persone, misure di custodia cautelare in carcere e ai domiciliari per i reati di associazione di stampo mafioso, estorsione aggravata, intestazione fittizia di beni e truffe alla Comunità Europea.
Tra i destinatari del provvedimento restrittivo, oltre a Teodoro Crea, 78ennne ritenuto il capo storico della famiglia, ci sono anche persone considerate vicine alla cosca, tra cui Antonio Crea detto “u Malandrinu” e Domenico Crea, 63 anni, detto “Scarpa Lucida”, legati da vincoli di parentela con Teodoro, e tre ex amministratori pubblici del Comune di Rizziconi.
Le indagini avrebbero messo in evidenza l’assoluta egemonia della cosca Crea tanto nelle normali attività criminali quanto nel condizionamento della vita pubblica, così da portare allo scioglimento del Comune di Rizziconi nel 2011.
Durante le investigazioni sarebbe poi emerso che Giuseppe Crea, 39enne, nonostante fosse latitante dal 2006, avrebbe attestato di essere un imprenditore agricolo, ottenendo così l’erogazione da parte dell’Agea dei contributi comunitari per oltre 180 mila euro relativi Piano di Sviluppo Rurale.
Stesso reato è stato contestato al padre Teodoro, alla madre Clementina Burzì e alla sorella Marinella, per contributi pari a quasi 50 mila euro.
Il provvedimento ha interessato svariati beni riconducibili a Teodoro Crea, boss indiscusso dell’omonima cosca, sottoposto al regime del 41 bis, carcere duro; alla moglie, Clementina Burzì, alla figlia Marinella e al marito, Francesco Barone.
Le indagini patrimoniali dimostrerebbero che le persone in questione sarebbero riuscite ad accumulare un capitale sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati. I tre avrebbero inoltre reinvestito il denaro nell’acquisto di terreni, società e beni immobili, e per eludere la normativa antimafia li avrebbero intestati ai propri familiari.