Bancarotta fraudolenza, Cassazione annulla condanna per imprenditore crotonese
Finisce per ora con un rinvio la vicenda giudiziaria di un imprenditore 60enne di Crotone, titolare di un’importante società con sede proprio nel capoluogo pitagorico, che era accusato di bancarotta fraudolenta documentale.
La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha difatti accolto i motivi di ricorso presentati dal suo legale, l’avvocato Francesco Nicoletti, annullando appunto con rinvio la condanna inflitta allo stesso imprenditore.
Era stata la Procura della Repubblica di Crotone a formulare l’imputazione a carico di quest’ultimo, contestandogli che, nella sua qualità di socio, amministratore unico e legale rappresentante dell’azienda, avesse sottratto o comunque non avesse consegnato alla curatela i libri e le scritture contabili o, ancora, di non averle tenute nel rispetto degli obblighi connessi alla loro tenuta e conservazione in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio.
Con decreto di citazione a giudizio emesso dal Gup, l’imputato era stati poi rinviato a giudizio dinanzi al Tribunale pitagorico in composizione collegiale.
L’istruttoria dibattimentale si articolò nell’assunzione della testimonianza del curatore del fallimento dalla cui escussione emerse che la società, che si occupava di commercio al dettaglio di confezioni per neonati, bambini, bomboniere e articoli da regalo, costituita nel marzo del 2019, aveva sempre operato in due distinte sedi ubicate a Crotone e a Castrovillari.
Nel 2015 il Tribunale del capoluogo ionico ne aveva poi dichiarato il fallimento e con la stessa sentenza ordinato al suo legale rappresentante di depositare i bilanci, le scritture contabili e fiscali obbligatorie, fra cui i bilanci degli ultimi tre anni. L’imputato, tuttavia, non ottemperò all’invito.
A confermare il comportamento totalmente inadempiente tenuto dall’imprenditore le verifiche compiute attraverso i canali telematici dell’Agenzia delle Entrate dalle quali emerse il mancato deposito dei bilanci di esercizio relativi agli anni dal 2009 al 2014 e la mancata trasmissione di tutte le dichiarazioni fiscali (modelli Unici Ires, Iva, Irap, studi di settore e modelli 770).
Secondo quanto ritenuto in sentenza dai Giudici del Tribunale di Crotone, si sarebbe trattato di un comportamento inadempiente grave e persistente, che l’imputato avrebbe tenuto per tutti gli anni in cui ha rivestito la carica di amministratore della fallita: elemento che sarebbe emerso anche dalle testimonianze dei due testimoni indicati in atti come consulenti fiscali della stessa società.
Entrambi, difatti, confermarono di non aver redatto nessuno dei libri e delle scritture contabili obbligatorie che, per legge, dovevano essere tenute in un’azienda che è soggetta a un regime ordinario di contabilità.
I Giudici di primo grado, pertanto, ritennero in modo certo e al di là di ogni ragionevole dubbio, la colpevolezza dell’imputato. La sua condotta, come riferito dal curatore, avrebbe impedito la ricostruzione del patrimonio e del volume di affari della società.
L’imprenditore, dunque, fu condannato a due anni di reclusione, sentenza poi confermata in Appello, a Catanzaro. Proprio quest’ultima statuizione è stata impugnata dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione in totale accoglimento dei motivi di ricorso ha annullato con rinvio la condanna dell’imprenditore.