Senza remore razziavano mezzi e attrezzature: presa banda rom, otto arresti

Reggio Calabria Cronaca

Tutto è partito nell’estate dell’anno scorso: in pieno luglio l’amministratore della Castore, la società che gestisce i servizi pubblici per il Comune di Reggio Calabria, denuncia il furto di diversi mezzi pesanti, del valore di oltre 270 mila euro, trafugati dalla sede della stessa azienda, in via Ravagnese Inferiore (QUI).

A distanza di pochi mesi, uno stesso episodio lo subisce la Idrorhegion (QUI), a sua volta impegnata nella gestione del servizio di depurazione delle acque reflue su tutto il comune dello Stretto.

In particolare, dei sette siti di cui la società si compone, l’attenzione dei malviventi si concentra, guarda caso, su quello di via Ravagnese Inferiore, in posizione vicina alla Castore: in quest’ultimo caso, oltre ad alcuni mezzi pesanti, sono vengono rubare anche diverse attrezzature da lavoro procurando un danno alla società di diverse decine di migliaia di euro.

Entrambe i fatti, comportano anche, come diretta conseguenza, ingenti disservizi per la popolazione che fruisce evidentemente dei servizi erogati proprio dalle stesse aziende.

Sono questi i furti forse più eclatanti, quantomeno i più “allarmanti”, che secondo gli inquirenti sarebbero stati perpetrati da un gruppo criminale composto da otto persone, in prevalenza rom, di età trai 21 e i 39 anni, e per i quali stamani si sono spalancate le porte del carcere (QUI).

Si tratta di Leonardo Guerino (39 anni); Cosimo Bevilacqua (32), Patrizio Berlingeri (35), Marcello Amato (33), Vincenzo Amato (21), Damiani Ieraci (22), Rocco Surace (38) e Gianluca Guerino (37).

Per gli inquirenti avrebbero fatto parte di sodalizio che si sarebbe in pratica “specializzato” nel trafugare - tanto a privati quanto appunto a società erogatrici di servizi pubblici locali per il Comune dello Stretto - mezzi pesanti, macchine e attrezzature da cantiere ma anche rame.

Al gruppo si imputa infatti ed anche un furto in località Terreti, subito appunto da un privato, al quale è stato sottratto un escavatore idraulico del valore di oltre 40 mila euro e che teneva parcheggiato in un capannone, oltre che quello di un ingente quantitativo di rame “sparito” nel territorio di Caulonia.

LA BASE OPERATIVA

Le indagini condotte dai carabinieri hanno potuto avvalersi anche delle immagini registrate dagli impianti di videosorveglianza pubblici e privati, grazie ai quali sono stati individuati i percorsi di fuga seguiti dai malviventi, per lasciare i diversi siti delle imprese, e di scoprire anche come la base logistica fosse all’interno di “Ciambra”, area popolare di Gioia Tauro.

Identificato inoltre il metodo utilizzato, che in pratica sarebbe stato sempre lo stesso. “In maniera consolidata e sistematica - spiegano gli investigatori - il gruppo agiva nottetempo, e mediante la forzatura di cancelli e porte di ingresso, si introducevano nelle diverse sedi lavorative, impadronendosi di attrezzi da lavoro e mezzi pesanti, per poi allontanarsi, successivamente, a bordo di questi ultimi. Alcune volte, i malviventi utilizzavano, al momento della fuga, delle auto come ‘apri-pista’ anticipando, nel percorso, i mezzi rubati guidati dagli stessi”.

NESSUNA TITUBANZA

Si ipotizza ancora che il gruppo, di volta in volta, si sia avvalso di soggetti provenienti dallo stesso quartiere e dallo stesso contesto sociale, disponibili a commettere reati di rilevante gravità e specializzati in questo tipo di furti, utilizzando anche schemi operativi collaudati e indicativi dell’assenza di qualsiasi titubanza.

“I gruppi, costituiti all’abbisogna, si sarebbero difatti introdotti nei cantieri, danneggiando gravemente i dispositivi di protezione dei beni pur di assicurarsi la refurtiva, allontanandosi dai luoghi a bordo dei mezzi rubati, attraversando la città, confidando evidentemente nell’impunità” sostengono sempre gli inquirenti.

I presunti appartenenti al sodalizio risultano essere, eccetto uno di loro, già pregiudicati per reati contro il patrimonio. La gravità dei reati commessi, per gli investigatori sottolineerebbe una “spiccata pericolosità degli indagati, evidentemente inseriti nel contesto criminale locale e del tutto insensibili all’effetto deterrente delle precedenti condanne, anzi determinati a perseverare nelle condotte illecite”.