Dalla scuola al lavoro alla famiglia: aumenta la violenza sulle donne, l’online un campanello d’allarme

Calabria Cronaca

“La violenza di genere è un fenomeno complesso, si traveste spesso da ‘amore gelosoe confonde le proprie tracce anche online, si struttura nel tempo come una spirale che piano piano, intrappola la vittima e la costringe all’isolamento e alla paura”.

A descrivere così, sinteticamente, l’odioso fenomeno che ormai quasi quotidianamente occupa lo spazio nella cronaca locale e nazionale è Ivano Gabrielli, Direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni.

Polizia Postale che è impegnata costantemente nelle attività di sensibilizzazione rivolte tanto ai più giovani che al mondo degli adulti nella certezza che sia decisamente fondamenta imparare a riconoscere i primi segnali di controllo, i tentativi di sottomissione che oggi possono passare dall’uso distorto di smartphone, app e socialnetwork, e che minacciano concretamente la libertà e quindi la sicurezza delle donne, soprattutto in rete.

Gli specialisti dell’Unità di Analisi del Crimine Informatico hanno rilevato infatti come a livello nazionale, nei primi dieci mesi di quest’anno, non siano affatto rassicuranti: sono 826 i casi di violenza di genere online contro le donne gestiti dalla Polizia Postale, condotte cibernetiche con cui in molte situazioni persone vicine alla cerchia di fiducia della donna cercano di invadere, contaminare e minacciare il suo mondo, controllandone ogni singolo aspetto.

“È imponendo controllo psicologico, come nello stalking e nelle molestie sui socialnetwork - spiega ancora Gabrielli - che si realizzano aggressioni che, pur non toccando fisicamente le vittime ne travolgono la vita, cancellando ogni concreta traccia di serenità”.

Quando invece è la vita intima ad essere oggetto di manipolazioni e minacce, come nel revenge porn e nella sextortion, “è proprio in quel momento che si compie l’aggressione concreta al senso di libertà e sicurezza delle donne contro il quale vogliamo fortemente agire oggi e sempre” sottolinea il capo della Postale.

ATTENTI A SOCIAL E SMARTPHONE

Entrando nell’analisi dei dati presi in esame viene fuori come i socialnetwork e gli smartphone abbiano guadagnato un posto di primo piano nel veicolare le comunicazioni tra persone, da quelle più personali a quelle familiari, fino a quelle amorose e intime.

Non è solo un segno, non sempre positivo, dei tempi che corrono, è un dato di fatto imprescindibile nella vita di ognuno di noi e questo è tanto più evidente e vero per i giovani e i giovanissimi, che affidano ai social, ai messaggi “effimeri”, persino i primi approcci e le prime sperimentazioni sessuali.

La Polizia, attraverso la Postale, ha costruito un’esperienza di contrasto ai fenomeni di aggressione in rete secondo un approccio multidisciplinare, nel quale ai momenti classici dell’indagine fossero affiancate analisi criminologiche e tecniche informatiche innovative.

L’Unità di Analisi del Crimine Informatico, composta da psicologi della Polizia, provvede ad integrare l’azione di contrasto con quanto studiato e descritto dalle scienze sociali della psicologia, sociologia e criminologia in riferimento a tutti i fenomeni di aggressione online.

“Quanto accade in rete, quanto viene condiviso dalle persone, veicolato e scambiato sui social, rappresenta un prolungamento ubiquitario e senza tempo della nostra vita sociale ed è sempre più frequente il fatto che comportamenti violenti verbalmente, persecutori e delatori, diffusi in rete, siano un’anticipazione, un prodromo di violenze e persecuzioni concrete” affermano gli specialisti.

Tutto può partire dalla pretesa della condivisione dei profili social come segno di fedeltà, si prosegue con l’obbligo di una supervisione sull’outfit della serata tra amiche, fino alla pretesa di una geolocalizzazione sempre aperta, che consenta al partner di verificare “da remoto” gli spostamenti.

Sono forme di controllo che diventano spunti per minacce e molestie online, anche quando la relazione magari è finita.

LE MINACCE E MOLESTIE ONLINE

I dati, intanto, ed a conferma, ci dicono che nel 2022 sono state 347 le donne che hanno denunciato perché vittime di minacce online.

Nei primi dieci mesi del 2023, invece, le denunce sono state già 371: si tratta di un preoccupante incremento pari al +24%. Le minacce sono spesso un primo passo per avviare una vera e propria persecuzione online

Sempre in quest’anno, poi, gli strumenti online più utilizzati per minacciare le donne sono i social network (50%), e le App di messaggistica (31%), attuali medium irrinunciabili delle comunicazioni con gli altri.

“Avvicinarsi a strumenti per comunicare con la paura di subire attacchi verbali costituisce già un forte elemento di limitazione della libertà personale” evidenziano dall’unità di analisi.

Nel 2022 sono state poi 412 le donne vittime di molestie online e nei primi dieci mesi del 2023, la Polizia Postale ha già registrato 377 casi, con un incremento del 10% rispetto allo scorso anno: “La molestia online presuppone una certa ripetitività delle azioni lesive che colpiscono la vittima limitandone il senso di sicurezza”.

Quest’ultime avvengono in prevalenza attraverso servizi di messaggistica (38%) e attraverso i socialnetwork (33%). Come per quanto osservato per le minacce, è il luogo virtuale della comunicazione e della socializzazione l’obiettivo dei persecutori che cercano di estendere il controllo sulla vittima proprio “inquinando” anche i suoi spazi virtuali di espressione.

LA STALKING

La maggioranza delle persecuzioni in rete sono messe in atto da persone che, non solo si conoscono nella vita reale, ma magari hanno condiviso percorsi di vita comune: ex coniugi, compagni di vita, colleghi di lavoro che, soprattutto attraverso i socialnetwork, prolungano la forza lesiva della loro aggressione, usando la rete per insultare, diffamare o diffondere contenuti privati.

Nel 2022 sono state 101 le donne vittime di stalking online e, nei primi dieci mesi di quest’anno, sono stati già registrati 87 casi, eguagliando il numero complessivo di denunce raccolte nell’analogo periodo dell’anno scorso.

IL REVENGE PORN

“Quello che talvolta nasce come un gioco sessuale consensuale tra adulti, può diventare lo strumento di una vendetta subdola e violenta che travolge la vita della vittima, distruggendone l’immagine pubblica, riaffermando con violenza la potenza dell’altro”.

È il caso del revenge porn, un fenomeno che aggredisce soprattutto le donne e per il quale risulta sempre complesso chiedere aiuto perché ci si sente responsabili di un errore di valutazione sulle intenzioni dell’altro, sulla genuinità dei suoi sentimenti. In questo caso sono state 191 le vicende arrivate all’attenzione della Polizia nel 2022.

Quest’anno, al 31 ottobre, i casi denunciati da donne per diffusione illecita di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, sono 163, con un andamento in linea con quello registrato nell’analogo periodo del 2022.

LA GENEROSITÀ AFFETTIVA

Le denunce sporte dalle donne sono spesso difficili da formalizzare perché, secondo un atto di generosità affettiva, molte vittime non vogliono segnare la vita dei loro ex-mariti, ex-compagni, con una denuncia penale, soprattutto quando questi ex sono anche genitori dei loro figli.

Le violazioni fatte di post che insultano, di indiscrezioni diffuse sui social, di incursioni nei profili personali, vengono considerate talvolta un male minore, qualcosa di fastidioso ma che non sempre determina un senso di vulnerabilità e di pericolo urgente come quando i pedinamenti e le minacce avvengono sotto casa, sul posto di lavoro, nel bar della colazione tra amiche.

Eppure oggi i reati online sono così strettamente legati alla violenza concreta, da dovere essere valutati come un campanello d’allarme che suona, indicando una minaccia concreta alla sicurezza.

LA DENUNCIA DETERMINANTE

La denuncia però è spesso determinante per i reati procedibili a querela di parte, cioè per quegli atti che rappresentano l’inizio di un’escalation di violenza a cui molte donne sono sottoposte; si tratta di un passo non semplice da compiere per la paura delle ritorsioni o per la colpa di formalizzare un atto di accusa verso qualcuno a cui si è stati legati sentimentalmente.

La capacità dei social, della messaggistica istantanea di fornire informazioni dettagliate su cosa si fa, su dove si fa, su come si interagisce con gli altri sembrano essere il pretesto per estendere in rete la tendenza violenta al controllo e alla dominanza che è propria delle persone nocive.

Diventa sempre più urgente considerare il correlato virtuale della violenza di genere come un’altra modalità con cui si manifesta una dominanza criminale, morbosa, malata che può portare via vite, può vanificare, con l’ennesimo doloroso omicidio, l’impegno degli operatori della sicurezza: le vittime hanno bisogno di accoglienza e ascolto ma hanno anche bisogno di qualcuno che le aiuti e le accompagni verso la rivendicazione legittima e salvifica dei loro diritti, anche quando la minaccia è solo “virtuale” e sembra loro meno pericolosa, un aiuto che può e deve essere dato anche con azioni singole di tutela e coraggio. Chi si trova in pericolo ha bisogno dell’aiuto di chiunque si renda conto della minaccia.