Rifiuti “allegramente” all’estero: dal coinvolgimento del console al ruolo dell’azienda calabrese

Catanzaro Cronaca

Dovranno rispondere dei reati di traffico e gestione illecita di rifiuti, riciclaggio, autoriciclaggio, realizzazione di discarica abusiva, truffa e frode nelle pubbliche forniture le undici persone arrestate questa mattina nel corso di un'operazione dei Carabinieri svolta tra Napoli, Salerno, Potenza e Catanzaro (QUI), e che arriva al termine di una vasta indagine della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo lucano.

Si tratta di imprenditori, titolari di aziende di trattamento o recupero e di società di intermediazione. Per gli inquirenti un presunto gruppo criminale con radici nel sud Italia ma ramificato anche all'estero, in particolare in Tunisia, dove la gestione dei rifiuti risulterebbe essere meno restrittiva.

Gli arresti seguono le indagini del Noe, il Nucleo operativo ecologico di Salerno, e della Dia di Potenza, nata proprio a seguito di una serie di trasferimenti sospetti di rifiuti.

Trasferimenti che sarebbero stati notati a partire dal 2019, quando una società tunisina stipulò un contratto - della durata di un anno - per lo smaltimento di ben 120 mila tonnellate che da Polla, in Italia, finirono a Sousse, nel paese nord africano.

In questo impianto i rifiuti sarebbero stati processati per il recupero o per lo smaltimento. Tuttavia, secondo le autorità tunisine, i materiali ricevuti sarebbero stati difformi e non idonei, e per tanto bloccati e respinti in Italia.

IL "SISTEMA" AZIENDALE

Successive indagini hanno portato a scoprire come la società tunisina - la Soreplast - abbia iniziato a ricevere commesse in Italia grazie ad un'azienda con sede in Calabria, a Soverato - la Ecomanagement - che per prima avrebbe affidato un servizio di smaltimento di circa 10 mila tonnellate di rifiuti.

Successivamente, l'accordo sarebbe stato trasferito alla società lucana - la Sviluppo Risorse Ambientali - che avrebbe esteso il tetto massimo del conferimento fino a 120 mila tonnellate annue.

In questo frangente, sarebbero state le stesse società italiane a fornire i macchinari necessari per il trattamento dei rifiuti alla ditta tunisina: ovvero una vecchia pressa e un nastro selezionatore.

Il trasferimento dei rifiuti sarebbe stato possibile grazie ad un'ulteriore società con sede in Campania - la CG Service - che ha presentato e gestito l'istruttoria per operare sul territorio tunisino, iscrivendosi al rispettivo registro nazionale delle imprese.

Un sistema - sospettanto ancora gli inquirenti - che sarebbe stato architettato, sostanzialmente, per risparmiare sui costi di smaltimento, sensibilmente più bassi al di là del Mediterraneo.

È infatti quantificato in un milione e mezzo di euro il vantaggio economico che sarebbe stato ottenuto dalle società, che anziché smaltire rifiuti al costo medio nazionale di circa 250 euro a tonnellata avrebbe invece sfruttato il prezzo medio tunisino, che è di 48 euro a tonnellata.

LE AUTORIZZAZIONI FACILI

Particolare clamore aveva generato anche un'inchiesta svolta da un'emittente televisiva tunisina, che avrebbe dimostrato come i rifiuti ricevuti dall'Italia non fossero quelli riportati sui documenti ufficiali.

Una circostanza che portò a bloccare 282 container contenenti, complessivamente, 7.891 tonnellate di rifiuti e partiti dal porto di Salerno. Altri 70 container successivamente rinvenuti proprio a Susse vennero invece interessati da un incendio che ne distrusse completamente il contenuto.

Le indagini sui documenti accompagnatori avrebbero poi permesso di accertarne la falsità: gli investigatori sostengono infatti che i rifiuti rinvenuti sul posto sarebbero stati diversi rispetto a quelli dichiarati, e per questo dimostrando quello che definiscono come "un evidente traffico illecito" reso possibile grazie alla concessione di due autorizzazioni rilasciate in Campania, prive di documentazione e corredate persino da autorizzazioni e attestazioni anch'esse ritenute false, permettendo così la partenza di container pieni di rifiuti speciali non smaltibili nell'impianto tunisino.

LE ALTRE AZIENDE COINVOLTE

L'attività investigativa ha così permesso di delinare un presunto sodalizio criminale dedito al traffico illecito transfrontaliero di rifiuti in Tunisia, attuato mediante l’utilizzo "consapevole" di documentali falsi, con il concorso attivo di soggetti e imprese tunisine.

Ma non solo: contestata anche la truffa e la frode in pubbliche forniture, da parte degli amministratori della società S.R.A. , ai danni di Comuni campani e lucani: in quanto titolare di specifici contratti, gestiva infatti i relativi rifiuti urbani, conferendo la parte non recuperabile di essi, dopo il loro previsto trattamento, presso un impianto non autorizzato, sito proprio in Tunisia.

Sarebbe emersa anche una evasione delle imposte, in quanto la stessa S.R.A. avrebbe appositamente trasferito i beni strumentali, i contratti con enti pubblici, gli automezzi e il personale necessario all’attività primaria, alla GF Scavi di Sicignano degli Alburni, nel salernitano.

Contestato, infine, il trasferimento fraudolento di valori, avendo attribuito fittiziamente a terzi la titolarità e la disponibilità di denaro, beni e altre utilità, e l'illecita attività di intermediazione nel settore dei rifiuti, che si ritiene sia stata posta in essere dagli amministratori delle società Ecomanagement di Soverato e GC Service, con sede in Tunisia.