Incarichi a parenti, “volano” via migliaia di euro e l’ente va in dissesto: cinque indagati
Due dirigenti del Sistema bibliotecario vibonese, servizio pubblico locale, gestito e finanziato dalla Regione Calabria, si sarebbero appropriati, nel tempo, di ingenti somme di denaro - si stima poco più di 230 mila euro - destinandole, tra l’altro, a propri parenti conferendogli direttamente degli incarichi, in palese conflitto di interesse, e non rispettando le norme in materia di accesso al pubblico impiego.
È quanto ipotizza la Procura di Vibo Valentia che ha richiesto ed ottenuto dal Gip del tribunale locale, l’emissione di una misura cautelare personale e di un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, nei confronti di cinque persone alle quali viene contestato il reato di peculato: per due di loro - l’ex presidente dell’Sbv, Gilberto Floriani e Valentina Amaddeo - sono stati disposti i gli arresti domiciliari ed il sequestro preventivo di beni per un ammontare pari alla cifra di cui si ritiene si siano appropriati indebitamente. Gli altri tre indagati sono i figli dello stesso Floriani.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, per l’espletamento delle attività connesse alla realizzazione dei progetti a cui ha preso parte l’ente di cui fanno parte i due dirigenti, negli anni si sarebbe avvalso oltre che del personale assunto regolarmente, anche di altri soggetti ingaggiati con dei contratti di lavoro autonomo conferiti attraverso delle lettere di incarico che, per l’accusa, sarebbero prive di ogni riferimento sulla tipologia di selezione utilizzata e nelle quali non si sarebbe dato atto di aver reso pubblica la ricerca di personale in quello specifico settore.
Gli stessi inquirenti sostengono infatti che la pluralità di incarichi dallo stesso contenuto, conferiti reiteratamente a familiari delle persone arrestate, evidenzierebbe, peraltro, la sussistenza di “esigenze non temporanee ed eccezionali, ma ordinarie e perduranti”, rispetto alle quali l0amministrazione “avrebbe dovuto trovare soluzioni idonee in termini di programmazione dei fabbisogni di personale, nonché di aggiornamento e formazione dei profili professionali interni”.
L’analisi della documentazione amministrativa ha consentito, poi, di ipotizzare che, negli anni, l’ente abbia approvato bilanci senza sottoporli al vaglio di un apposito Revisore dei Conti, figura mai nominata.
I bilanci, inoltre, sarebbero stati “manipolati” al fine di dare delle false informative economico-finanziarie, attraverso una rappresentazione fuorviante della situazione reale.
Secondo la Procura, dunque, questa presunta gestione illecita della cosa pubblica, così realizzata, avrebbe portato al dissesto dell’ente che nel periodo preso in esame ha maturato debiti per circa 700mila euro.
LA MISURA a carico degli indagati è stata eseguita dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, insieme alla Aliquota Gdf della Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica e alla Polizia Locale del capoluogo napitino.