Imponimento, ex consigliere provinciale denuncia collaboratore di giustizia
Avrebbe fornito false dichiarazioni e testimonianze al solo fine di accreditarsi come collaboratore di giustizia, in modo da godere dei benefici e degli sconti di pena previsti.
Questa la dura accusa mossa dall’ex consigliere provinciale di Vibo Valentia, Domenico Fraone, coinvolto e a luglio scorso assolto nell’ambito dell’inchiesta Imponimento (QUI)e che oggi che ha dato mandato al suo legale, l’avvocato Francesco Matteo Bagnato, di denunciare il “pentito” Giovanni Angotti.
A renderlo noto è lo stesse Fraone, che sostiene come le dichiarazioni di Angotti siano da ritenersi “mendaci, intrinsecamente contraddittorie, inverosimili e non supportate da alcun elemento di riscontro esterno”.
Questi avrebbe infatti avrebbe accusato, nel corso di un’udienza del 2021, l’allora consigliere provinciale di essere stato eletto a seguito di un accordo con il clan degli Anello, e dunque tramite il voto di scambio.
Circostanza però che sarebbe stata definitamente smentita dalla recente sentenza del Tribunale di Catanzaro (QUI), che quest’anno ha messo nero su bianco l’estraneità dio Fraone la cosca, affermando che tale legame è stato riferito solo ed esclusivamente dal collaboratore di giustizia.
A seguito della sentenza, l’ex consigliere provinciale afferma che il collaboratore “possa autoaccusarsi di reati di stampo mafioso ed accusare calunniosamente soggetti estranei, senza neppure conoscerli, di gravi reati allo scopo di ottenere i benefici derivanti dalla posizione di collaboratore di giustizia e di ottenere sconti di pena; infatti, Angotti, oltre a godere della protezione, nel rito abbreviato ha riportato una condanna alla pena di 4 anni di reclusone per associazione a delinquere di stampo mafioso, nonostante a suo dire lo stesso avrebbe sparato alle gambe ignoti elettori, per procurare voti a Fraone”.
Circostanza definita dallo stesso Fraone come “assolutamente illogica” che avrebbe lasciato spazio, “per troppo tempo”, alle gravissime accuse del collaboratore, che come emerso dalle indagini “non trovano alcun riscontro”: “non esiste alcun incendio di auto, nessuna percossa, nessuna gambizzazione mediante colpi di armi da sparo”. Episodi che si sarebbero svolti, tra l'altro, in “un collegio diverso da quello in cui era candidato” l’ex consigliere.