Scale in ferro non pagate: accusato di estorsione, assolto anche in Appello
La Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Castrovillari ha assolto, con la formula “perché il fatto non sussiste”, un noto imprenditore di Corigliano Rossano.
L’uomo era infatti accusato di estorsione: secondo gli inquirenti, in concorso con un’altra persona di Cirò, avrebbe messo in atto una serie di azioni per evitare di pagare la somma residua dovuta per alcuni lavori in ferro.
Il tutto, sempre per l’accusa, sarebbe avvenuto attraverso minacce relative al furto e al ritrovamento di un natante e facendo riferimento alla criminalità organizzata cirotano, costringendo così la vittima a non esigere quando dovutogli.
Durante il processo di primo grado, in sede di discussione, il Pubblico Ministero richiesto per l’imprenditore cinque anni di reclusione mentre la parte civile costituita aveva chiesto la condanna alla pena detentiva e al risarcimento di tutti i danni.
Il Tribunale della città del Pollino, in composizione collegiale, accogliendo totalmente le richieste avanzate del legale dell’imprenditore, l’avvocato Francesco Nicoletti, lo aveva invece assolto con la formula più ampia.
Il procedimento era conseguito alla denuncia per estorsione presentata da un altro imprenditore, che aveva raccontato di un conoscente e di una persona - che si era presentata come il suo “parrino” - che gli avevano commissionato la realizzazione di alcune scale in ferro.
Dopo la consegna del lavoro, avvenuta due mesi dopo in una casa a Cirò, il pagamento concordato era stato però solo parziale. L’imprenditore aveva inoltre spiegato che per paura di ritorsioni non aveva insistito nel richiedere il saldo, anche perché aveva scoperto presunti legami tra il committente e ambienti criminali della cittadina ionica crotonese.
Aveva poi raccontato di un episodio in cui, a causa del maltempo, dopo aver attraccato la barca in un porto custodito, aveva ricevuto una chiamata dalla Guardia Costiera in cui lo avvisava che l’imbarcazione si fosse arenata. Recuperatala, il committente coimputato lo avrebbe però minacciato dicendogli: “Ora l’hai trovata, la prossima volta non la trovi più!”.
Un altro fatto raccontato dall’imprenditore riguardava un’aggressione subita in Germania dal nipote, proprietario di una pizzeria: durante il fatto l’aggressore, parlando in dialetto cirotano, l’aveva minacciato facendo riferimento al padre e allo zio (la parte civile).
Il denunciante aveva infine ricordato che, tentando nuovamente di ottenere il saldo, l’amico del committente, anch’egli imputato, lo aveva invitato a desistere per evitare rischi, sottolineando i legami con persone pericolose di Cirò.
Dunque, al termine del processo di primo grado il Tribunale di Castrovillari aveva emesso una sentenza di assoluzione nei confronti degli imputati, poi impugnata dalla parte civile.
Da qui il procedimento in secondo grado, dinanzi alla Corte di Appello di Catanzaro che, all’esito della camera di consiglio, ha confermato l’assoluzione.