Disperati e “strozzati”. Tre arresti per usura: tassi anche al 600%
Un giro di prestiti a tassi usurai - che in un caso avrebbero superato addirittura la soglia del seicento percento annuo - e che sarebbe andato avanti per circa un quarto di secolo, ovvero dal lontano anno Duemila.
Questa la tesi con cui la Guardia di Finanza ha arrestato stamani tre persone di Catanzaro, una - principale indagata - finita tra le sbarre e le altre due - di cui finora si ipotizza il coinvolgimento in due episodi di “strozzinaggio” ed in una presunta estorsione - sono stati invece sottoposti ai domiciliari.
Si tratta di Carlo Francesco (in carcere) e Giuseppe Procopi (ai domiciliari), entrambi fratelli e rispettivamente di 60 e 61 anni, imprenditori l’uno nel settore della compravendita di autoveicoli e di oggetti preziosi e l’altro nella compravendita di immobili; e Daniele Masciari (domiciliari), 52 anni, titolare di una palestra.
Il Gip del capoluogo di regione, che ha firmato le misure cautelari a loro carico, gli contesta oltre al reato di usura anche quelli di esercizio abusivo dell’attività finanziaria, estorsione e autoriciclaggio.
Vittime d’ogni genere
Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria delle fiamme gialle, fanno ritenere dunque di aver scoperto un’attività di erogazione di prestiti usurari esercitata a Catanzaro dal soggetto oggi finito in carcere.
Gli inquirenti evidenziano come fosse abbastanza variegata la categoria delle vittime quanto a età, estrazione sociale o lavoro svolto ma che tutte versassero in uno stato di bisogno a causa di importanti debiti o della mancanza di liquidità - a volte solo momentanea - per far fronte anche alle più banali esigenze di vita.
La violenza e le minacce
Così come sottolineano che gli arrestati, almeno in un paio di occasioni, abbiano imposto la restituzione del denaro usando la violenza e le minacce, e facendo leva sulla contiguità ad ambienti criminali del principale indagato, di cui gli usurati avevano ampia consapevolezza e nutrivano quindi paura.
Al soggetto finito in carcere, poi, si contesta l’autoriciclaggio poiché in una occasione avrebbe usato un’auto sottratta ad una delle vittime che gestiva proprio una rivendita di vetture.