Riciclaggio: richiesta di arresto per Di Girolamo
L'ex amministratore delegato di Fastweb Silvio Scaglia e il senatore del Pdl, Nicola Paolo Di Girolamo sono due dei nomi 'eccellenti' coinvolti nella maxi inchiesta sul riciclaggio di denaro sporco che ha portato la magistratura romana ad emettere 56 ordinanze di custodia cautelare affidandone l'esecuzione ai carabinieri dei Ros e al Nucleo Speciale valutario della Guardia di Finanza. Per tutti il reato ipotizzato e' l'associazione per delinquere transnazionale pluriaggravata e dichiarazione infedele mediante l'uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti in concorso con altri. Misura cautelare in carcere, non eseguibile, per il senatore Nicola Paolo Di Girolamo, eletto nelle file del Popolo della libertà nella circoscrizione estera Europa. Avvocato e imprenditore, 50enne nato a Roma e risiede a Bruxelles. ù
E' stato eletto a Palazzo Madama alle ultime consultazioni politiche del 2008 ed e' componente della commissione Esteri e del comitato per le questioni degli italiani all'estero. Il gip Aldo Morgigni, infatti, chiederà l'autorizzazione a procedere per violazione della normativa elettorale con l'aggravante mafiosa. Per la sua elezione nella circoscrizione Estero-Europa, la Dda di Roma ha accertato che Di Girolamo era supportato da esponenti della 'ndrangheta calabrese che si era attivata per la raccolta di voti tra gli emigrati calabresi in Germania. Dagli accertamenti e' emerso che a sostenere la candidatura di Di Girolamo e' stato, in particolare, Gennaro Mokbel, legato in passato ad ambienti della destra eversiva. Mokbel, dopo aver assunto l'incarico di segretario regionale del Lazio del movimento 'Alleanza Federalista', a seguito di contrasti con i vertici nazionali, si e' fatto promotore di una nuova piattaforma politica denominata 'Partito Federalista', con sedi in diversi municipi del Comune di Roma, attribuendo ad alcuni sodali incarichi di responsabilità. In occasione delle elezioni politiche dell'aprile 2008, Mokbel ha lavorato per conto dell'avvocato Di Girolamo, suo stretto collaboratore, già utilizzato per la costituzione delle società internazionali di comodo funzionali al riciclaggio. Dalle indagini si e' scoperto che si sono tenute alcune riunioni ad Isola di Capo Rizzuto, con esponenti della 'ndrangheta, per la raccolta di voti tra gli emigrati calabresi in Germania. Agli incontri, oltre a Di Girolamo e Mokbel, avrebbero partecipato esponenti della cosca Arena, tra cui il reggente Fabrizio Arena e Franco Pugliese, già sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. Nell'occasione, Pugliese avrebbe incaricato una persona di sua fiducia affinché si mettesse a disposizione di un emissario del gruppo Mokbel per sovrintendere nel distretto di Stoccarda alla fasi finali della propaganda e alla materiale compilazione delle schede elettorali recuperate dagli emigrati italiani. Secondo gli investigatori, il sodalizio era riuscito ad appropriarsi di un cospicuo numero di schede elettorali di quel distretto, sulle quali aveva fraudolentemente espresso la preferenza per Di Girolamo, inviandole successivamente al competente Consolato italiano. Dopo la sua elezione, la procura ha avviato un procedimento parallelo per verificare la regolarità delle operazioni di voto e il possesso del requisito indispensabile della residenza in Belgio da parte del neo senatore. E così e' emerso che il nome del candidato era stato manoscritto da un gruppo ristretto di persone, come individuato da una consulenza del Ris dei carabinieri. Non solo, ma all'indirizzo belga indicato nel modulo di accettazione della candidatura, il parlamentare non risultava avere alcuna residenza. Ecco perché il 7 giugno del 2008 il gip emise nei confronti di Di Girolamo una misura cautelare, con contestuale richiesta di autorizzazione all'arresto alla Giunta delle elezioni e delle Immunità. Autorizzazione negata successivamente tanto che il Senato, un anno fa, ha deliberato di rinviare gli atti alla Giunta affinchè la prosecuzione dell'attività di verifica fosse subordinata all'esito del processo, una volta passato in giudicato. Oggi, quella del gip Morgigni e' una seconda misura cautelare che non sarà eseguita.