Convegno sulle madri in cacere promosso dalla Camera Minorile di Catanzaro
“Custodia cautelare in carcere e detenzione domiciliare di imputata madre di minore di età superiore a tre anni: insufficienza dell’attuale normativa e profili di incostituzionalità”: è questo il tema del convegno organizzato dalla Camera Minorile di Catanzaro nei giorni scorsi. L’iniziativa rientra nel programma di convegni predisposto dai componenti del Comitato direttivo Rossana Greco, Tany Santoro, Annaelisa Rotella tesoriere, Silvia Scerbo segretaria, Antonella Prestia, Angelo Polacco, presidente e di altri validi avvocati associati.
Il convegno ha trattato di un tema rilevante, non solo per le sue caratteristiche strettamente tecniche, ma perché coinvolge il rapporto madre figlio minore, in un momento caratterizzato da particolare difficoltà e da esigenze speciali, sia perché la madre è cautelarmente custodita in carcere, sia perché riguarda un minore in un periodo assai delicato della propria vita e che necessita di particolari cure sotto il profilo psico-fisico in ambito esclusivamente familiare, poiché afflitto da gravissimo handicap.
Il primo saluto, di ringraziamenti, è toccato al Presidente della Camera di Catanzaro, Angelo Polacco, il quale ha sintetizzato brevemente la problematica da cui è scaturito il Convegno.
Il medesimo ha chiarito che, nel caso sottoposto al Tribunale Penale di Catanzaro in composizione collegiale – madre imputata di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, con figlio minore ultratreenne, affetto da grave handicap intellettivo che lo rende incapace di curare i propri più elementari bisogni- il detto organo giudicante ha ritenuto che, sulla scorta di una interpretazione meramente letterale e formale della norma processuale (art.275 c.p.p.) si giustifica la più rigida cautela della custodia in carcere, in quanto il minore, pure gravemente handicappato, ha età superiore ai tre anni, e si esula, perciò, dalle ipotesi tassativamente previste in cui non può disporsi la custodia cautelare in carcere.
Ha poi evidenziato che il Tribunale, non fermandosi alla lettera della legge, si è soffermato sulla sua finalità che è quella di assicurare comunque il ricongiungimento tra madre e figlio incapace e di tutelare e proteggere determinate categorie di soggetti deboli. Ha perciò ritenuto non giustificabile, sotto il profilo della logica e razionalità, la normativa vigente, laddove si riconosce la possibilità di fruire della detenzione domiciliare alla madre di minore di tre anni che non sia disabile e sia magari capace di prendersi cura dei propri bisogni e la si neghi, invece, alla madre di minore che sia affetto da handicap totalmente invalidante ed accertato, solo perché abbia superato il terzo anno di età. Ha perciò rimesso gli atti alla Corte Costituzionale.
Ha portato i saluti al Convegno anche Beniamino Calabrese, Procuratore presso il Tribunale dei Minorenni di Catanzaro.
Il Primo dei Relatori è stato Pietro Scuteri, Giudice presso il Tribunale Penale di Catanzaro, il quale ha sottolineato che la previsione normativa (art.275, commi 4 e 4bis del codice di procedura penale prevede quattro ipotesi nelle quali non può essere disposta la misura della custodia in carcere, se non in caso di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, ed in presenza delle quali può essere disposta la misura cautelare della detenzione domiciliare. Ipotesi che sono tassative e non si prestano ad interpretazione analogica La prima di queste ipotesi riguarda imputata incinta o madre di prole inferiore ai tre anni con òei convivente, oovero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assitenza alla prole).
La norma, però, esprime una linea di tendenza improntata a spirito di favore verso le esigenze di sviluppo e formazione del bambino, il cui soddisfacimento potrebbe essere pregiudicato dalla assenza della figura genitoriale, laddove vi è invece l’esigenza di tutelare un soggetto debole (minore) assolutamente dipendente dalla figura genitoriale non sostituibile e non surrogabile nel compimento delle più elementari esigenze di vita. Per questo, laddove non prende in considerazione minimamente la condizione del figlio minore gravemente invalido-rispetto alla quale il riferimento all’età nonpuò avere valore preminente- si pone in contrasto con l’art. 3 della Costituzione che impegna lo Stato a rimuovere gli ostacoli di ordine sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona ed è zionale all’altro fondamentale impegno di tutelare, anche nel contesto della famiglia nucleare, la salute come fondamentale diritto dell’uomo, e con l’art.33 della Costituzione. Per questo il Tribunale ha ritenuto di rimettere la questione al vaglio della Corte Costituzionale.
La seconda relazione è stata tenuta da Luca Muglia, Presidente dell’Unione Nazionale Camere Minorili. Il medesimo ha esaminato le innovazioni introdotte di recente dal legislatore riguardanti la "tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori".
Nella sua relazione Muglia ha sviscerato gli aspetti principali della nuova legge (che prevede il divieto di disporre o mantenere la custodia cautelare in carcere quando l'imputata sia una donna incinta ovvero madre di prole di età non superiore a sei anni), evidenziando l'importanza delle due nuove forme di misura cautelare: gli arresti domiciliari presso una "casa famiglia protetta" e la detenzione in "istituto a custodia attenuata per detenute madri". L'avvocato Muglia, dopo essersi soffermato sul rapporto tra detenzione e dinamiche familiari sotto il profilo sociologico, ha concluso il suo intervento richiamando le convenzioni internazionali in materia e ribadendo la necessità di garantire il diritto del minore al mantenimento delle relazioni familiari ed alla continuità del legame affettivo, anche nei casi in cui uno dei due genitori sia stato sottoposto a restrizione della libertà personale.
Il Convegno è stato concluso dall’Avvocato Aldo Casalinuovo, Presidente della Camera Penale Diatrettuale di Catanzaro. Il medesimo ha ricordato come la tematica del rapporto madre detenuta-figlio riguardi direttamente anche l’art. 27 della Costituzione che sancisce la pena non potere comunque consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, definendo come situazioni del tutto sovrapponibili, ai fini delle agevolazioni previste per assicurare continuità al rapporto genitoriale, l’esecuzione della pena definitiva e la custodia cautelare in carcere. Ha poi espresso riserve sulla mancata decisione della Corte Costituzionale, investita della compatibilità della custodia cautelare in carcere di madre con figlio invalido al 100%, sollevata dal Tribunale del riesame di Catanzaro, affermando che si è persa un’occasione importante per cristallizzare nel sistema normativo un profilo di civiltà giuridica di grande rilevanza. Casalinuovo ha, infine, sottolineato come per dare concreta attuazione alle previsioni di legge sulle strutture penitenziarie destinate ad ospitare anche le donne detenute con prole, siano necessarie risorse che, nell’attualità, mancano drammaticamente in ogni ambito relativo alla giustizia penale e civile nel nostro paese.