‘Ndrangheta. Sequestrati beni per 3,5 mln ad affiliati alla cosca Gallico di Palmi
Non si arresta l’azione di aggressione della Guardia di Finanza e dell’Autorità giudiziaria ai patrimoni illecitamente accumulati dalle cosche di ndrangheta.
Dalle prime ore di oggi, i militari del GICO del Nucleo di polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, in collaborazione con i colleghi romani dello SCICO (Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata), in esecuzione del provvedimento di sequestro n. 29/12 SEQU., emesso dal Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione, a firma del Presidente d.ssa Kate Tassone, su proposta della Procura della Repubblica di Reggio Calabria D.D.A, nelle persone del Procuratore Aggiunto dott. Michele Prestipino Giarritta e Sost. Proc. d.ssa Sara Ombra, stanno eseguendo sequestri patrimoniali nei confronti di alcuni soggetti vicini e/o contigui alle potenti cosche Gallico di Palmi e Alvaro di Sinopoli.
In particolare si tratta di: Francesco Frisina 56 anni, il quale risulta gravato da numerosi precedenti di polizia e giudiziari, quali associazione di tipo mafioso, porto abusivo e detenzione di armi, tentato omicidio, omicidio, stupefacenti, estorsione, tentata rapina, sorveglianza speciale, nonché una condanna per associazione a delinquere e detenzione e porto illegale di armi e munizioni. È noto alle cronache giudiziarie, inoltre, per essere stato condannato per estorsione tentata nell’ambito del procedimento convenzionalmente denominato “Tallone d’Achille”, parimenti condotto dalla D.D.A. di Reggio Calabria, nonché per essersi reso latitante dopo essere stato raggiunto, nel 1996, da Ordinanza di Custodia in Carcere perché accusato di traffico di sostanze stupefacenti. La latitanza del Frisina terminò il 29 giugno del 1996, quando venne sorpreso all’interno del bagagliaio dell’autovettura condotta dal cognato Carmine Saccà.
Maria Antonia Saccà, coniuge del Frisina, è sorella di Carmine Saccà e figlia di Rosaria Alvaro, la quale – a sua volta – è figlia del noto Carmine Alvaro 97 anni, detto “Pastina”.
Parimenti, come altrettanto noto, Carmine Alvaro è fratello di Giuseppe Alvaro 80 anni - detto “U Rugnusu” - e di Cosimo Alvaro 92 qnni, tutti e tre considerati i capi storici della cosca Alvaro di Sinopoli.
Sono fratelli di Carmine Alvaro, altresì, anche Domenico Alvaro 95 anni, padre del noto boss Carmine Alvaro 59 anni inteso “Cupirtuni” e Angela Alvaro, coniugata con Domenico Alvaro 75 anni, inteso “Micu U Scagghiuni”.
In sintesi, in ragione dei rapporti di parentela descritti, Maria Antonia Saccà è nipote di Carmine Alvaro - inteso “Pastina”, il quale è zio di Carmine Alvaro “Cupirtuni”, a sua volta cugino di secondo grado (per parte di madre) di Vincenzo Alvaro 48 anni, già noto in quanto sottoposto a misura di prevenzione patrimoniale, ex art. 2 bis, comma 6 bis, della Legge n. 575/65, nell’ambito della nota operazione di polizia giudiziaria, convenzionalmente denominata “Cafè De Paris“, eseguita, nel luglio 2009, dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria.
Alessandro Mazzullo, nipote di Francesco Frisina, Maria Antonia Saccà e Carmine Saccà, anche se formalmente incensurato, sul suo conto sono emersi numerosi elementi in ordine alla sua intraneità alla cosca Gallico; in tal senso, piuttosto esplicita è risultata una conversazione in carcere, intercettata nei confronti del noto Giuseppe Galimi il quale, conversando con i propri familiari, indica il Mazzullo – identificandolo proprio come nipote di Francesco Frisina – quale appartenente alla cosca.
Anche il padre, Giuseppe Mazzullo 67 anni, è stato riconosciuto organico alla medesima cosca ed era già stato tratto in arresto nel 2002 per il delitto di cui all’art 416 bis C.P., noto anche per aver preso parte anche al conflitto a fuoco avvenuto il 14/2/2005, a seguito del quale decedeva Giuseppe Galimi 25 anni.
Dalle indagini esperite dal GICO, unitamente ai colleghi dello SCICO, è emerso che i coniugi Saccà- Frisina, trasferitisi da tempo a Roma, nonostante redditi lecitamente percepiti neppure sufficienti a far fronte alle più elementari necessità, hanno, nel corso di pochi anni, acquistato un’abitazione di circa 10 vani nella capitale, vari beni mobili registrati nonché la titolarità delle quote del capitale sociale di varie società.
Analoghe risultanze sono emerse in capo anche al Alessandro Mazzullo il quale, nonostante un reddito medio annuo al disotto della soglia minima di sopravvivenza, ha acquistato un’abitazione in Roma di 9,5 vani per un valore dichiarato in atti di 500.000 Euro, oltre alla titolarità di quote societarie.
È sulla base degli elementi raccolti dalla Guardia di Finanza che la Procura ha avanzato apposita proposta di sequestro anticipato nei confronti dei predetti soggetti ed il Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione ha disposto il sequestro di: Villino sito a Roma, di 10 vani, intestato a Maria Antonia Saccà, Unità Immobiliare sita a Roma intestata a Maria Antonia Saccà, Villino sito a Roma, di 9,5 vani, intestato a Alessandro Mazzullo, Unità immobiliare, di 125 mq., intestato a Alessandro Mazzullo, Quote societarie relative a 3 persone giuridiche per un valore complessivo di circa 3,5 milioni di Euro.
La presente operazione conferma il consolidato interesse delle cosche reggine per il mondo economico capitolino e, in particolare, per il settore della distribuzione alimentare e dei bar e ristorazione, ulteriormente acclarando l’ormai provata capacità di proiezione affaristico/imprenditoriale sull’intero territorio nazionale e estero, avvalendosi sia di soggetti loro legati da legami di parentela sia attraverso prestanome e imprenditori compiacenti.