Arresto latitante: la storia criminale della cosca Condello
Colpo grosso dei Carabinieri del R.O.S., del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dei “Cacciatori di Calabria”, che ieri sera, a conclusione di una serrata attività tecnica e di prolungati appostamenti, hanno arrestato il boss Domenico Condello, soprannominato “Micu u pazzu”, inserito nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità in ambito nazionale, facenti parte del "programma speciale di ricerca".
Il latitante, cugino di Pasquale il “Supremo”, boss della ‘ndrangheta arrestato dal Ros nel 2008, condannato a diversi ergastoli, è stato catturato in Catona (Rc) tra Via Sabauda e Via Figurella, mentre effettuava uno spostamento a bordo di una vettura condotta da Roberto Megale, 28 anni, pregiudicato reggino, tratto a sua volta in arresto per procurata inosservanza di pena. Il ricercato ed il favoreggiatore non hanno opposto resistenza, mentre il tentativo di fuga del favoreggiatore è stato immediatamente neutralizzato dai militari dell’Arma. I due non erano armati.
Come riporta una nota dell’Arma, l’uomo arrestato era un elemento di vertice dell’omonima cosca della ‘Ndrangheta di Reggio Calabria (Rc); il boss cinquantaseienne era ricercato dal 1991 e deve espiare la pena dell'ergastolo per omicidio, associazione di tipo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, rapina, armi, ed altro. Dallo stesso anno era ricercato in campo internazionale per l’arresto ai fini estradizionali.
Dopo l’arresto del “supremo”, Domenico Condello, aveva assunto la guida dell’organizzazione criminale dirigendone gli affari, soprattutto nel traffico di stupefacenti e di armi, nell’infiltrazione negli appalti, nel controllo del racket delle estorsioni.
Nella nota dei carabinieri, poi, è narrata la storia storia della cosca Condello, che si intreccia con la storia della guerre di mafia a Reggio.
“Nella seconda metà degli anni ‘80 i Condello-Imerti si staccarono dal clan De Stefano (uscito vincitore dalla prima guerra combattuta contro il clan Tripodo, contrario ad immettersi nel traffico di droga) di cui fino alla metà dei ’70 avevano fatto parte iniziando un sanguinosissimo scontro combattuto a colpi di kalashnikov e autobombe che alla fine lascerà sul terreno più di seicento morti.
Era il lontano 10 ottobre 1985 allorché, in Villa San Giovanni, un’autovettura Fiat 500 imbottita di esplosivo e posteggiata accanto all'autovettura blindata del noto boss Imerti Antonino, 66 anni - cognato del Condello Domenico - veniva fatta esplodere con comando a distanza. La deflagrazione aveva provocato la morte di tre persone – Umberto Spinelli, Vincenzo Palermo e Angelo Palermo- guardie del corpo di Antonino Imerti - ed il ferimento di quest'ultimo e di BUDA Natale, persona che notoriamente svolgeva la mansioni di autista del boss.
Il 13 ottobre, a soli tre giorni di distanza, nel rione Archi di Reggio Calabria e cioè nel cuore del suo regno, veniva ucciso Paolo De Stefano, capo incontrastato dell’omonima famiglia. Assieme a lui cadeva il fido picciotto Antonino Pellicanò. I due, che si trovavano in stato di latitanza, stavano viaggiando a bordo di una moto intestata a Saraceno Bruno (classe 53), affiliato alla cosca De Stefano e più volte segnalato quale autista di De Stefano Orazio nel periodo della latitanza di questi.
I due gravi fatti di sangue avevano segnato la clamorosa rottura dell'unità della cosca De Stefano con le federate famiglie dei Condello e dei Fontana di Archi, ed il conseguente loro transito nelle fila del gruppo facente capo ad Imerti Antonino che, seppur originario di Fiumara di Muro, aveva da tempo trasferito il suo centro di affari - leciti ed illeciti - nel più prosperoso centro di Villa San Giovanni.
Quest’episodio rappresenta l’inizio della “carriera criminale” di Condello Domenico nelle file del nuovo “federamento” anti – destefaniano; difatti, a seguito di tale episodio delittuoso veniva colpito da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa in data 21 ottobre 1985, per il reato di duplice omicidio, porto e detenzione abusiva di armi ed altro.
In data 30 luglio 1986 veniva colpito da un mandato di cattura emesso dal giudice istruttore presso il Tribunale di Reggio Calabria per duplice omicidio ed altro.
L’11 ottobre 1986 veniva colpito da un mandato di cattura emesso dal giudice istruttore del tribunale di Reggio Calabria per associazione di tipo mafioso.
Il 7 dicembre 1990 veniva colpito dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dalla Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria per inosservanza degli obblighi impostigli dell’A .G., a seguito di scarcerazione per decorrenza dei termini della custodia cautelare, per associazione di tipo mafioso ed altro.
In data 22 maggio 1992 veniva colpito da un ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale della Repubblica di Reggio Calabria, dovendo espiare la pena di anni 6, mesi 1 e giorni 17 di reclusione per violazione art. 416 bis C.P..
Il 3 aprile 1993 è stato colpito dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dall’Ufficio GIP di Reggio Calabria, per associazione di tipo mafioso ed altro.
Il 25 marzo 2004 è stato colpito dall’Ordine di carcerazione della Procura Generale della Repubblica presso la Sezione di Corte di Appello di Reggio Calabria, dovendo espiare la pena dell’ergastolo per omicidio.
Le recenti operazioni concluse dall’Arma sul capoluogo reggino (Indagini Meta, Lancio e Reggio Nord), che hanno interessato gli affiliati alle cosche “Condello” e “De Stefano- Libri”, tra cui lo stesso Domenico Condello, hanno confermato le sinergie criminali, nel corso del tempo instauratesi e consolidatesi tra le citate consorterie, in passato sanguinosamente contrapposte ed oggi nuovamente federate per privilegiare il perseguimento di obiettivi illeciti condivisi. In tal senso, particolarmente significativa è risultata l’accertata costituzione di un organismo decisionale unitario, al vertice del quale era stato posto Condello Pasquale, coadiuvato da De Stefano Giuseppe, il cui ruolo di raccordo era svolto proprio da Condello Domenico e LibrI Pasquale, allo scopo di assicurare il rispetto delle regole elaborate e la ripartizione dei proventi tra le diverse locali del capoluogo.
Durante la sua latitanza, Domenico Condello ha continuato a gestire con autorità le strategie della cosca di riferimento, imponendo la propria leadership sui diversi gruppi criminali del capoluogo reggino nella ripartizione delle attività criminali tra le diverse cosche locali.
L’intervento - conclude la nota dei Carabinieri - andrà pertanto ad incidere in maniera significativa sulle dinamiche evolutive della ‘ndrangheta reggina, ponendo fine all’ascesa di Condello, ormai proteso ad estendere la propria influenza criminale anche al di fuori del capoluogo reggino”.