Le Misericordie d’Italia sulle ali del ... “vento di legalità”
Il Vicepresidente nazionale delle Misericordie d’Italia Leonardo Sacco ha partecipato al convegno tenutosi nel teatro Alba Radians di Albano Laziale nell'ambito del progetto di educazione alla legalità organizzato dalla professoressa Caterina Viola che ha coinvolto diciotto istituti scolastici, alcune fra le associazioni più rappresentative e i più alti punti di riferimento nella lotta alle mafie nel nostro paese: Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, Ottavio Sferlazza, procuratore reggente di Reggio Calabria, Claudio La Camera, direttore del ‘Museo della ’ndrangheta’ di Reggio Calabria, Francesco Monastero, presidente del Tribunale di Velletri, oltre appunto a Leonardo Sacco, Vicepresidente nazionale delle Misericordie d'Italia accompagnato dal Governatore della Misericordia di Ariccia Fernando Nasoni.
“E’ fondamentale non abbassare la guardia contro la criminalità organizzata. Per farlo – ha detto Piero Grasso – si deve partire proprio dalle nuove generazioni, infondendo loro il culto del rispetto delle regole comuni, come preludio ad una vita migliore per sé e per l’intera società. Questa – ha concluso – rappresenta l’unica strada certa per combattere la malavita e assicurare la vittoria della legalità”.
Dal canto suo, Sacco ha esordito con una domanda che è un pugno nello stomaco. "Voi sapete chi era Domenico Gabriele? - ha esordito. Avrete certamente sentito raccontare. Era un ragazzino poco più piccolo di voi, uno studente bravissimo di undici anni, un bambino che andava a giocare a pallone con il papà tutti i giovedì, soprattutto d'estate. Domenico a scuola non va più e a pallone non gioca più. Lo hanno ammazzato sparando dieci colpi di un potentisssimo fucile a pompa proprio mentre si trovava sul campetto di calcio dove ogni giovedì si dava appuntamento con il papà e i suoi amici. Gli ha sparato la 'ndrangheta. L'obiettivo non era Domenico ma un altro uomo di 'ndrangheta nella solita lotta per il potere, per il controllo delle estorsioni, del traffico della droga. Chi ha sparato dirigendo la sua arma verso il campetto, però, sapeva che era inevitabile colpire altre persone, innocenti. E così è stato. La sera del 25 giugno 2009 è morta la vittima designata, è stato ferito a morte Domenico, sono state colpite altre dieci persone, per fortuna non in modo gravissimo: una di loro, però, qualche tempo dopo si è suicidata forse perché non ha retto il peso psicologico del dramma vissuto".
"Perché vi ho raccontato questa storia?" ha proseguito il Vicepresidente delle Misericordie. "Per dimostrare con un esempio che la questione mafiosa riguarda tutti noi, indistintamente. Fino a quando non sconfiggiamo la mafia, non siamo al sicuro. Non lo è un bambino che gioca a pallone perché rischia di trovarsi coinvolto in un assurdo scontro a fuoco. Non lo è un ragazzino che va a scuola e riceve l'offerta di droghe da persone che spacciano per conto delle organizzazioni criminali. Non lo è un giovane che cade nella tentazione delle scommesse, spende troppi soldi, comincia a farsi debiti e riceve puntuale l'offerta della mafia, disponibile a finanziarlo in cambio di interessi usurari o di qualche altro "favore". Non è al sicuro una signora che apre un negozio perché rischia di pagare un ingiusto "stipendio" a persone prive di scrupoli che offrono... un'assicurazione contro loro stessi. Non lo è un signore che ha un'azienda la quale, per poter ottenere o conservare un appalto, deve per forza assumere un certo numero di uomini di 'ndrangheta privi di qualunque competenza o specializzazione.
"Ma cosa possiamo fare noi? vi starete chiedendo" ha aggiunto Sacco. "La mafia propone (anzi: impone) un modello fatto di prepotenza e ingiustizia. Noi dobbiamo agire in modo esattamente contrario, ispirandoci a civiltà e giustizia. La mafia trucca gli appalti, le gare, i concorsi, mette "gli amici" nei posti che contano. Noi dobbiamo prepararci, studiare, istruirci per essere più bravi dei "raccomandati", degli "amici" e togliere loro - con la forza del sapere - ogni opportunità. La mafia induce i giovani a fare esperienze estreme, a provare le droghe, a puntare i loro soldi sulla partita truccata, a giocare d'azzardo negli scantinati. Noi dobbiamo vivere alla luce del sole, fare sport, andare al cinema e al teatro, scegliere gli amici fra le persone migliori che credono nell'amicizia e nell'amore. La mafia tende a costruire gruppi in cui l'individuo si sente "protetto" quando agisce illegalmente. Noi dobbiamo costruire gruppi di persone sane che stanno insieme preoccupandosi di costruire un futuro migliore.
"Già: i gruppi" ha concluso il rappresentante dell'associazione nazionale. "Le associazioni. Il volontariato. Vedete: sono un formidabile fattore di resistenza rispetto alla mafia e alle sue logiche. Direi proprio che fanno concorrenza alla mafia. Le Misericordie, l'associazione nazionale che rappresento, così come tante altre associazioni sono una straordinaria alternativa perché offrono ai giovani la possibilità di unirsi per fare bene. Per assistere gli anziani o i disabili, per insegnare l'italiano agli immigrati, per fare sport, per dare il proprio contributo in occasione di disastri e calamità naturali, per prestare soccorso a bordo delle ambulanze. Anche per lavorare: la Misericordia di Isola Capo Rizzuto gestisce il Centro d'Accoglienza per Immigrati Richiedenti Asilo Politico essendosi aggiudicata la gara bandita, per questo, dal Ministero dell'Interno.
Ebbene, la nostra associazione svolge tale servizio avvalendosi di centinaia di giovani lavoratori i quali, per essere assunti, devono avere ottenuto il "gradimento" della Prefettura che ovviamente lo rilascia esclusivamente ai giovani onesti. L'onestà dunque conviene. E la Misericordia e lo Stato, tramite questo meccanismo, "fanno concorrenza" alla 'ndrangheta, rendono meno allettante la sua offerta di lavoro e (finto) benessere, impongono la loro cultura della legalità a discapito della cultura del dolore, della sopraffazione, della violenza, della morte".