Usura: Catanzaro, chiesta condanna per agente penitenziario
Una richiesta di condanna a tre anni di reclusione e' stata formulata oggi dal pubblico ministero di Catanzaro, Elio Romano, nei confronti di Vittorio Corigliano, 48 anni, di Locri, agente penitenziario, imputato per usura ed estorsione aggravate ai danni di un collega. Dopo la requisitoria il tribunale collegiale ha rinviato per l'intervento dei difensori - gli avvocati Piero Chiodo e Anselmo Torchia - al prossimo 4 febbraio, giorno in cui e' attesa anche la sentenza.
Ultime battute, dunque, in un processo che va avanti da oltre tre anni, e relativo ad un'inchiesta ben più datata. Era il 15 novembre del 2004 quando, in esecuzione di un'ordinanza cautelare emessa dall'allora giudice per le indagini preliminari Teresa Tarantino, su richiesta del sostituto procuratore Federico Sergi, e sulla scorta del materiale raccolto dalla Squadra mobile, tre persone finirono in arresto. Parlava di "una pesantissima e inaccettabile operazione usuraia, idonea ad annientare la capacità reattiva e di ripresa economica della vittima nonché a condurre a un vero e proprio cedimento psicologico" il provvedimento del giudice che portò dietro le sbarre del carcere di Siano l'agente penitenziario Corigliano, ed agli arresti domiciliari il suo collega 48enne Giuseppe Grandinetti, poi assolto con la formula più ampia, il 18 novembre del 2009, al termine del giudizio abbreviato.
Ai domiciliari finì anche l'imprenditore di Cosenza Angelo Gencarelli, 42 anni, che fu rinviato a giudizio assieme a Corigliano, al termine dell'udienza preliminare, il 15 maggio del 2009, ma la cui posizione e' stata stralciata. Gli uomini, secondo le accuse, avrebbero operato non in concorso fra loro, ma ciascuno per parte sua ed insieme a qualcun altro, a danno però delle medesime vittime e in diverse occasioni. I provvedimenti cautelari giunsero dopo pochi mesi di indagini, partite a seguito della denuncia di un imprenditore, che peraltro già in passato aveva contribuito ad un'inchiesta per reati analoghi a Lamezia Terme. Seguirono gli accertamenti degli uomini della Questura, le intercettazioni, le acquisizioni di documenti, le audizioni delle presunte vittime. Per i prestiti effettuati, sempre stando alle accuse, i presunti "cravattari" avrebbero preteso interessi del 100, del 140, e persino di più del 300 per cento su base annua. Come ricostruito nel caso di un prestito di 35.000 euro fatto a gennaio, con conseguente debito lievitato a 75.000 a maggio.