Calabria. L’UNC denuncia il sistema “perverso” del 118
Che la sanità calabrese non fosse propriamente un modello da imitare, lo si sapeva già, lo ha messo in luce anche la relazione finale della Commissione parlamentare d’inchiesta per gli errori nella sanità, che evidenzia come la Calabria sia al secondo posto della classifica delle regioni in cui sono stati riscontrati più episodi di malasanità, ovviamente salvo i dovuti distinguo e le debite eccezioni, ma che si potesse addirittura morire per la mancanza di un semplice risponditore automatico (per i non addetti ai lavori trattasi di una semplice segreteria telefonica) o del servizio “Chi è”, non lo avevamo ancora appurato e siccome al peggio non c’è mai fine, il presidente regionale dell’Unione Nazionale Consumatori Calabria, presso cui opera il “Centro Difesa del Malato” Avv. Saverio Cuoco, svela il meccanismo “perverso” del 118. Il 118 è un servizio pubblico di pronto intervento sanitario 24 ore su 24 che esplica un attività, rivolta alle sole urgenze, su tutto il territorio nazionale.
L’emergenza sanitaria legata al 118 comprende situazioni che per imprevedibilità e gravità mettono rapidamente a repentaglio l’integrità fisica e la sopravvivenza dell’individuo e in tali casi, una inutile, dannosa, ingiusta perdita di tempo per chi alla fine ha il diritto di cure tempestive può considerarsi letale per l’individuo. Nei mesi scorsi, a tale proposito era già stata presentata una denuncia alla Procura della Repubblica, poiché trovandosi una famiglia in una situazione di assoluta emergenza per complicanze cardiache di un congiunto, abbia composto ripetutamente il suddetto numero telefonico, senza ricevere dall’altro capo del telefono alcuna risposta, ovvero la linea risultava perfettamente libera ma nessuno rispondeva alla richiesta di aiuto. Visti vani i tentativi di mettersi in contatto con il servizio di emergenza sanitaria, non rimaneva altro ai familiari che rivolgersi al 113 servizio di emergenza della Polizia di Stato, che riusciva finalmente a mettersi in contatto con il 118 ed allertare un’ambulanza presso l’abitazione del malcapitato, quando ormai non c’era più nulla da fare. Dalle risultanze istruttorie avviate dalla Procura della Repubblica, emerge un quadro a dir poco allucinante di come viene gestito il servizio telefonico d’emergenza 118 e precisamente nel dettaglio: “sono gli infermieri a dover rispondere alle varie chiamate che pervengono da parte dei cittadini in cerca di aiuto, inoltre una volta venuti a conoscenza telefonicamente delle problematiche presentate, dopo una consultazione medica a seconda i casi, si provvede ad inviare eventualmente un’ambulanza, nei casi gravi, o in casi meno gravi la locale guardia medica”. “Può capitare che per lo stesso caso, pervengono presso la suddetta centrale diverse chiamate, così come per esempio in caso di incidente stradale, in cui numerosi cittadini o parenti provvedono a chiamare il servizio 118, anche quando già si è provveduto ad inviare l’ambulanza, contribuendo così ad intasare il centralino”. In pratica il servizio telefonico della centrale del 118 è strutturato nel seguente modo: “in centrale operativa vi sono tre postazioni, anche se avviene che qualche turno sia coperto solo da due operatori, i quali se impegnati in altre conversazioni di gestione richieste di soccorso, ovviamente non possono interrompere la comunicazione in corso per rispondere alle altre chiamate. Di fatto il cittadino che richiede il servizio 118, avverte che l’utenza telefonica è libera anche se gli operatori sono impegnati. In particolare il server che gestisce le chiamate in entrata, automaticamente le mette in coda, e l’operatore può rispondere alla successiva, che il sistema individua e mette a disposizione in base all’ordine temporale, solo dopo aver chiuso la chiamata in corso”. Da ciò emerge in tutta la sua gravità la “mala gestio” del servizio d’emergenza 118 per diversi ordini di motivi tra i quali principalmente: quello di trovare libera la linea telefonica anche se gli operatori sono occupati, costringendo così chi invoca aiuto a dover riprovare più volte a telefonare in attesa di una agognata risposta, perdendo tempo prezioso inutilmente allorché potrebbe rivolgersi a servizi privati di ambulanza o trovare soluzioni alternative, ma, cosa ben più grave, nel momento in cui l’operatore risponde al telefono dopo aver chiuso la precedente conversazione, potrebbe impegnare le proprie energie in richieste di aiuto magari per incidenti banali, mentre chi provava a telefonare durante la conversazione telefonica poteva necessitare invece di un immediato intervento sanitario in codice rosso.
La conclusione assurda ed incomprensibile di tale meccanismo perverso è che gli operatori sanitari del 118 hanno da diversi anni avanzato richieste all’Amministrazione, affinché dotasse il sistema informatico preposto alla gestione delle chiamate di un risponditore automatico di cortesia e del servizio denominato “Chi è”. Richieste rimaste del tutto inevase. Ora non vogliamo minimamente raffrontarci con altri sistemi d’emergenza d’oltre oceano, dove mentre l’interlocutore al telefono fornisce preziose informazioni agli operatori sanitari sulle funzioni vitali del degente, l’ambulanza è già diretta in suo soccorso, ma che in Calabria, sostiene l’Avv. Saverio Cuoco si possa morire anche per la mancanza di una semplice segreteria telefonica e di un servizio abbonamento a “Chi è” dell’importo di poche centinaia di euro, che consenta al personale addetto al 118 di poter individuare e contattare immediatamente il chiamante, è un’aberrazione inaccettabile che dimostra la totale assenza di una seria programmazione d’emergenza sanitaria. Anche questa è malasanità o peggio ancora denegata sanità ed il “Centro Difesa del Malato” dell’Unione Nazionale Consumatori proseguirà la propria attività per fare piena luce su tali vicende, che hanno dell’assurdo, chiedendo di individuare le responsabilità penali e civili, imputabili a negligenza, imperizia, superficialità che quotidianamente mettono a repentaglio la salute umana. Su tale argomento la giurisprudenza è chiara e sostiene in maniera inequivocabile che le obbligazioni a carico dell’ente ospedaliero o della casa di cura sono diverse e comprendono anche la sufficiente e idonea organizzazione, da intendersi quale buona organizzazione come disponibilità di sufficiente personale qualificato e nei momenti necessari (comprese le emergenze); sorveglianza e coordinamento dei servizi, disponibilità di attrezzature adeguate e tecnologicamente aggiornate.