Cardinale Ravasi a Catanzaro: il saluto di Wanda Ferro
Riceviamo e pubblichiamo il contenuto dell’intervento di saluto del presidente della Provincia di Catanzaro, Wanda Ferro, in occasione dell’incontro su “Etica, Religiosità, Corresponsabilità” tenuto ieri pomeriggio presso il centro sportivo polifunzionale di Giovino, con la partecipazione di Sua Eminenza Card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, mons. Vincenzo Bertolone. Dopo aver portato il proprio saluto alle autorità civili ed ecclesiastiche presenti, ed in particolare all’illustre ospite card. Ravasi, cui ha espresso riconoscenza per la gradita visita, il presidente Ferro ha introdotto l’incontro con una riflessione:
“Mi ha colpito, ricevendo l’invito a partecipare all’incontro di oggi, la scelta della citazione di Emmanuel Mounier, che facendo una riflessione sul cristianesimo, ricordava come la Fede cristiana non è più minacciata dall’eresia, ma da una silenziosa apostasia provocata dalla sua stessa distrazione e dall’indifferenza.
Nel maggio del ’46 il filosofo prefigurava la nascita di una nuova cristianità, da nuovi strati sociali e da nuovi innesti extra europei, e la necessità di non soffocarla con il cadavere della morente “cristianità occidentale, feudale e borghese”. Una riflessione attualissima, che assume rinnovato interesse all’indomani dell’ascesa al soglio pontificio di un Santo Padre venuto da lontano, Papa Francesco, che nel suo vissuto porta le sofferenze di strati sociali ai margini, di un enorme popolo senza voce.
I fenomeni migratori, l’apertura al dialogo con altre religioni, la capacità della Chiesa di offrire un sostegno al vastissimo mondo del bisogno, ha modificato l’auto-coscienza cristiana, preparando il terreno per visione più ampia, globale, della cristianità, che sposta il suo centro da un luogo geografico – l’Europa, Roma – a quel luogo dello spirito rappresentato dalla Fede.
Nell’esperienza della Fede, nella attuale coscienza cristiana, la centralità del Cristo crocefisso si riflette in tutti i crocefissi del nostro tempo, nei diseredati, nei deboli, in chi vive ai margini della società una continua lotta per la sopravvivenza.
In un mondo che vive una crisi economica e sociale sempre più profonda, la storia ha convocato la Chiesa ad ascoltare il grido dei poveri, e a fare una scelta di povertà, di semplicità. La scelta che ha fatto il Santo Padre Bergoglio, scegliendo per sé il nome del Santo D’Assisi. Una scelta che ha risvegliato un entusiasmo troppo a lungo sopito nella comunità cristiana, che ha sollevato la pesante coltre dell’indifferenza, che ha allontanato quella di una ingiusta diffidenza.
Questo cammino di sobrietà, di responsabilità, di reale attenzione per i bisogni dei più deboli, è lo stesso che deve essere percorso dai rappresentanti politici, dalle istituzioni. Senza tentennamenti, senza ritardi, senza scorciatoie, e non per una calcolata necessità di auto-conservazione, ma per la volontà di garantire un futuro pacifico, sereno, ai nostri figli e alle generazioni che verranno. Un mondo in dissoluzione, in cui continuano a venir meno i valori e i punti di riferimento, in cui trionfano le spinte individualiste e disgregatrici, un mondo che vive una profonda crisi esistenziale, non può che invertire la rotta partendo dalla ricostruzione di un uomo integrale, che non divida la sua umanità dalla sua fede, il suo essere uomo dalla sua volontà di appartenere a Dio.
Occorre ricostruire l’individuo nel suo senso etimologico: quello dell’unicità, dell’indivisibilità, tra la parte ‘fisica’ dell’uomo e quella etica, spirituale, religiosa. Deve essere l’ethos il pilastro su cui costruire una nuova società, in cui tutti abbiano gli strumenti per distinguere il bene dal male e tutti siano guidati dalla ricerca del bene comune. è una instancabile volontà di bene per l'uomo. Se la fede cristiana non maturasse nell’individuo la stessa volontà di bene per l’uomo, sarebbe una semplice ideologia.
La vita di ciascun individuo, i valori che la guidano, non interessano soltanto la sfera privata, ma producono la coscienza collettiva, la vita sociale, determinano la direzione in cui si muoverà il futuro dell’umanità intera. Etica e Corresponsabilità. Chi acquista la consapevolezza dell’importanza di questa sfida etica, sia esso laico o credente, è doverosamente chiamato all’impegno, alla responsabilità pubblica, a dare un contributo alla crescita della propria comunità, a ricercare la giustizia sociale. Una corresponsabilità che deve essere assunta soprattutto dai giovani, e che deve essere vissuta in termini di effettiva solidarietà.
Ciascuno deve sentirsi parte della Comunità, ciascuno deve dare il proprio contributo alla sua costruzione. Dobbiamo avere a cuore questa sfida, in particolare in una terra come la nostra, in cui è forte la presenza della criminalità e ancora troppo diffuso una sorta di senso di ineluttabilità dell’illegalità e dell’abuso. Soprattutto, in una terra in cui la fede viene troppo spesso confusa con forme di superstizione ed espressioni tradizionali di una religiosità senza Dio, usate da capi delle organizzazioni criminali per ammantare di sacralità un’autorità costruita soltanto sulla violenza e sulla paura.
Per questo ho particolarmente apprezzato le posizioni espresse dal nostro amato arcivescovo, mons. Vincenzo Bertolone, rispetto all’assoluta inconciliabilità tra Vangelo e ‘ndrangheta. Una posizione netta, determinata, inequivoca, nel solco dell’esempio di Padre Pino Puglisi, di cui mons. Bertolone è postulatore della causa di beatificazione, che rappresenta una luce che deve illuminare il cammino non soltanto dei cristiani, ma dell’intera società civile.
Un cammino di vita, di solidarietà, di giustizia. Da percorrere tutti insieme”.