Pacenza su decreto “Destinazione Italia” al vaglio del Parlamento
“C’è davvero poca chiarezza tecnica e forse anche troppa ambiguità linguistica nelle disposizioni contenute all’articolo 4 del decreto ‘Destinazione Italia’ che il governo ha emanato in dicembre per disciplinare l’attuazione delle bonifiche sui Siti d’interesse nazionale”.
Così il presidente della commissione Sanità Salvatore Pacenza in merito ai contenuti dell'art. 4 del decreto legge 145/2013 denominato "Destinazione Italia" (recante “Misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti di interesse nazionale e misure particolari per l’area di crisi complessa del porto di Trieste”) che è approdato alla Camera dei deputati a partire da quest’oggi. Questo decreto arriva a sostituire l’articolo 252-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Esso prevede delle norme a sostegno di chi è responsabile o proprietario di siti inquinati in Italia. Grazie a tale provvedimento, in pratica, sarà possibile: “(...) stipulare accordi di programma con uno o più proprietari di aree contaminate o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico produttivo in siti di interesse nazionale individuati entro il 30 aprile 2007 ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 426, al fine di promuovere il riutilizzo di tali siti in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale, e di preservare le matrici ambientali non contaminate”.
“Mi auguro – commenta l’onorevole Pacenza – che la deputazione calabrese seduta in Parlamento faccia quadrato e metta in campo tutti gli strumenti a loro disposizione al fine di correggere le disposizioni più controverse contenute in questo provvedimento varato del governo che ha davvero l’aria di essere un condono tombale sulle bonifiche. Sembra, infatti, si voglia liquidare troppo velocemente e senza le dovute garanzie i territori interessati da questi interventi in Italia. Perché già a partire dal comma 1 del provvedimento d’urgenza, lo Stato garantisce ai sottoscrittori degli Apq la ‘messa in sicurezza o bonifica’ dei vari territori.
Questo cosa comporta: che l’accordo si possa limitare anche alla sola messa in sicurezza dei siti, anziché imporre la necessaria bonifica? Inoltre, non convince il fatto che, grazie a tale articolo, lo Stato debba cofinanziare le attività di ripristino ambientale sui siti inquinati. Esistono realtà come Crotone che attendono da anni interventi di bonifica (oramai non più procrastinabili per la salute dei cittadini e la salubrità dell’intero territorio) e che, con questo decreto, rischierebbero di essere vanificati. Perché tale provvedimento cancellerebbe quei piccoli risultati che si erano ottenuti in numerose Conferenze dei servizi tenute al ministero nel corso di oltre un decennio.
Bisogna chiarire – sottolinea ancora l’onorevole Pacenza – quali obblighi avranno le società proprietarie dei terreni inquinati ancor prima di stipulare l’Accordo di programma avvallato dal decreto 145. In buona sostanza, bisogna far sì che il principio comunitario in materia di risanamento ambientale, ossia del “chi inquina paga”, non venga in alcun modo disconosciuto da questo provvedimento.
Soprattutto, a mio avviso, vanno emendati i commi 4 e 5 (lettera a) del decreto, secondo i quali si potrà usufruire dell'accordo di programma co-finanziato dallo Stato se il disastro è stato compiuto prima del 30 aprile 2007 e se, i soggetti proprietari dei siti, proporrano qualche percorso di re-industrializzazione; così come va rivisto il comma 3 dello stesso articolo laddove si sancisce il riconoscimento dell’interesse pubblico generale alla realizzazione degli impianti, delle opere e di ogni altro intervento connesso e funzionale agli obiettivi di risanamento e di sviluppo economico produttivo e dichiarazione di pubblica utilità.
Cosa vuol dire che i nuovi impianti realizzati nei siti inquinati saranno automaticamente dichiarati di pubblica utilità? E se sì, di che tipo di impianti si parla? Il ministro Orlando aveva già sollevato non poche perplessità verso Crotone col decreto legge 31 ottobre 2013, n. 126 che, per fortuna, non è stato poi convertito in legge. Con queste nuove disposizioni sta tentando di liquidare forse troppo leggermente un fardello che lo Stato italiano porta con sé da troppi anni e sta coinvolgendo delle lobby davvero importanti in Italia”.