Codex rivelato: presentati in convegno i risultati dell’indagine interdisciplinare

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Il Codex Purpureus di Rossano

Il convegno internazionale sul Codex Purpureus di Rossano, tenutosi il 28 e 29 aprile presso l’Accademia Nazionale dei Lincei a Roma, organizzato dall’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario (ICRCPAL), ha preso le mosse dal recente intervento di conservazione diagnostica e di restauro del prezioso manufatto e l’obiettivo è stato quello di presentare i risultati dell’indagine interdisciplinare condotta dal punto di vista storico-artistico e scientifico, per approfondire la conoscenza del manufatto e definirne le modalità di conservazione.

Alla sessione dei lavori è stata invitata anche la dott.ssa Elena Console, amministratrice della TEA, società catanzarese che ha curato la digitalizzazione del Codex per conto della Direzione Regionale dei Beni Culturali della Calabria, per illustrare le attività di ricerca condotte sul manufatto.

Il Codex è il più rilevante dei codici purpurei illustrati conservati in Europa ed è un esemplare unico che documenta una fase cruciale della storia della cultura grafica e della civiltà artistica tardo antica.

L’insieme delle sue tredici miniature con le storie della Passione costituisce forse il più antico ciclo narrativo della vita di Cristo conservato su pergamena ed offre un prezioso riflesso dell’arte pittorica del periodo, pochissimo documentata nella fase di passaggio tra la fine dell’età classica ed il Medioevo. Nonostante la preziosità e l’importanza, il Codex è un perfetto “sconosciuto”. Le sue vicende, dal momento della sua realizzazione al momento del suo ritrovamento, sono ancora non ben definite.

Il Comitato Scientifico costituito da valenti studiosi, appartenenti a differenti discipline umanistiche e tecniche, ha affrontato un affascinante percorso di ricerca che ha consentito di individuare alcune rilevanti novità rispetto alla storia conosciuta del Codex. La sinergia creatasi ha permesso un’esauriente caratterizzazione del manufatto in tutte le sue componenti materiche e la scelta dei metodi di restauro e la proposta di un adeguato sistema di conservazione. Moltissime le domande alle quali sono state date delle risposte:

Si può confermare a quale epoca risale? Quali sono stati i pigmenti utilizzati per realizzare le miniature? La pergamena è stata davvero intinta con porpora di Tiro? Qual è lo stato di salute del manufatto? E quali e quanti animali sono stati necessari per realizzare il Codex? Chi era Nestore Leoni, l’artefice del, purtroppo, disastroso restauro effettuato nel 1919? Ed è possibile virtualmente recuperare parte del testo ormai cancellato?

Dall’analisi testuale condotta da padre Pisano, insigne biblista attualmente vice rettore del Pontificio Istituto Biblico, è emerso che il tipo di testo che si riscontra nel Codex è una forma antica del testo bizantino, collocando così la realizzazione del manufatto tra il V ed il VI secolo D.C..

Grazie alle analisi chimiche condotte dalla d.ssa Marina Bicchieri, direttrice del Laboratorio di Chimica dell’ICRCPAL, confermate dalle indagini eseguite dal dott. Daniele Ruggeri del Laboratorio di fisica, è stato possibile individuare la tavolozza pittorica e gli inchiostri impiegati per la redazione e la decorazione del Codex. Minio, cinabro, lapislazzuli, indaco, orpimento, biacca e lacche organiche, argento ed oro sono i materiali utilizzati, ma non v’è traccia di porpora di Tiro.

Ulteriore conferma di questo è derivata dallo studio comparativo effettuato dal prof. Maurizio Aceto, Università degli Studi del Piemonte Orientale, su altri cinque codici, tra i quali la famosa Genesi di Vienna, altro prezioso codice purpureo giunto fino a noi, la cui storia è stata raccontata dalla d.ssa Christa Hofmann, direttrice della sezione Conservazione del Biblioteca Nazionale Austrica. In nessuno di questi manufatti sembra essere presente la porpora di Tiro.

Tranquillizzanti i risultati sullo stato di salute del Codex, frutto del lavoro congiunto della d.ssa Maria Carla Sclocchi del Laboratorio di Biologia, dalla d.ssa Flavia Pinzari e dalla d.ssa Abigail Quando, direttrice della sezione Conservazione della carta e dei libri del Walter Art Museum di Baltimora. Dalle analisi condotte dalla d.ssa Francesca Pascalicchio, Laboratorio di Tecnologia, è risultato che la pergamena è di origine ovina e sono state necessarie 47 pelli per produrre le 188 pagine di cui è composto il Codex. Della copertina originaria, sicuramente molto preziosa, non è rimasta traccia. Resta la copertina in legno di conifera probabilmente rifatta dopo il restauro del 1919.

E proprio grazie alle tecniche messe a punto dalla TEA è stato possibile recuperare parte del testo ormai cancellato nelle prime pagine del Codex.

La T.E.A. sas, dopo il Quirinale, anche all’Accademia dei Lincei: un invito importante per parlare di una sinergia vincente, quella tra tecnologia ed arte. La T.E.A. è stata chiamata, dunque, a portare un contributo ed una testimonianza ulteriori nell’ambito scientifico-culturale e delle innovazioni tecnologiche, rappresentando, così, un esempio di eccellenza della nostra regione.

“Sono fermamente convinta – afferma Elena Console - che le nuove tecnologie applicate ai beni culturali possano offrire una serie di vantaggi, non solo da un punto di vista scientifico o didattico, ma soprattutto di conoscenza, di diffusione, di fruibilità: il manufatto è, finalmente, globale e non rimane chiuso nella sua teca ad appannaggio di un’élite di intenditori, ma può essere ammirato da tutti, in ogni parte del mondo. Il lavoro interdisciplinare condotto ha dimostrato che quando si coniugano le scienze umanistiche e quelle tecniche si raggiungono risultati più che eccellenti.

Non posso che ringraziare tutti coloro che hanno creduto nel nostro lavoro ed, in particolare, la dott.ssa Maria Cristina Misiti – direttrice dell’ICRCPAL – che ha fortemente voluto la mia partecipazione al convegno. La speranza di tutto il Comitato Scientifico sul restauro del Codice è che questo sia il punto di partenza per altre ricerche interdisciplinari e che il lavoro non si fermi qui.”