Calabria Pride, spazio all’integrazione dei migranti e alla formazione
L'onda avanza. Il fatidico giorno della “passiata” come ormai è stata ribattezzata, si avvicina, e una molteplicità di eventi accompagnano il percorso di sensibilizzazione e riflessione intrapreso.
In terra di “accoglienza” non poteva non essere affrontato il tema omosessualità e migranti, legame delicato e spesso sottovalutato, anche dalle associazioni che di migranti si occupano da anni. Il focus è stato l'occasione per evidenziare lacune e avanzare proposte per la gestione delle situazioni che vedono interessati i nostri fratelli migranti.
Del ruolo di moderatore è stato investito Vanni Piccolo, calabrese, ex preside, membro dell'ufficio nazionale antidiscriminazione e omosessuale, che sente particolarmente questo Pride, lo vive con sentimento, ne riconosce la scelta coraggiosa e riconosce che la partecipazione trasversale al Calabria Pride apre orizzonti nuovi, e determina già di per sè un cambiamento, perché coinvolge settori della società più ampia, che non hanno mai presto attenzione a questo tipo di tematiche
Il concetto di cambiamento sociale e culturale viene ripreso dalla dott.ssa Cristiana Russo dell'UNAR che presentando le attività finalizzate alla costruzione di strategie, invita alla partecipazione ad un percorso dal basso, unendosi alla rete antidiscriminazione e pensando ad una forte presenza nei centri di accoglienza di punti di riferimento per migranti della comunità LGBT.
Si parla di punti di riferimento, e a tal proposito non potevano non essere coinvolte associazione che sul territorio sono attive da anni sul tema dei migranti con eccezionali risultati
Inizia Ernesto Romeo, responsabile settore immigrazione dell'Arci Territoriale di Reggio Calabria, che, pone l'accento sulla portata eccezionale del Pride, e facendo un quadro degli ultimi accadimenti che hanno visto la nostra città etichettata come terra di 'ndrangheta e di “inchini”, ne mette in luce il riscatto etico, civile e sociale, frutto di ciò che si è seminato negli anni.
Romeo prosegue parlando di minoranze qualitative e quantitative, unite, seppur nella loro diversità, dal diritto alla felicità, ricerca del benessere, diritto ad avere le stesse opportunità, diritti ad oggi non ancora rispettati. “È vero - continua Romeo - che non ci sono più le persecuzioni di un tempo, ma se il diritto alla felicità si concretizza anche con la possibilità di stare col proprio compagno e famiglia, misure come l'idoneità alloggiativa richiesta in alcune regioni, che di fatto rende difficoltoso il ricongiungimento, osta al raggiungimento di tale status. I diritti essenziali dunque, vengono calpestati non solo nel rapporto tra privati, ma anche tra stato e migranti, nella misura in cui non vengono garantite le stesse opportunità”.
Si fa appello all'Unione Europea per superare episodi di discriminazione “indiretta” e si auspicano politiche inclusive finalizzate al rispetto dei diritti. Come il diritto a crearsi una famiglia anche da parte di persone appartenenti alla comunità LGBT, perché, come sottolinea Vanni Piccolo, gli omosessuali sono soggetti affettivi e guardano alla famiglia per connotarsi come “cellula famiglia”, e il no alla formazione di questo tipo di nucleo, non è un semplice preconcetto, ma un errato presupposto.
Sul tema dei diritti si innesta l'intervento della responsabile Lidu Maria Antonia Belgio che definisce tale discriminazione la violazione di una delle sfere più intime dei diritti della persona.
Questo tipo di discriminazione pone l'Italia al trentaseiesimo posto nella classifica dei paesi che violano diritti degli omosessuali, molto vicina alla Russia, e propone come soluzione la formazione, parlare ai giovani e abbattere quel muro di silenzio che rende difficile affrontare l'argomento nelle scuole.
Questo tipo di sensibilizzazione determinerebbe il cambiamento così come testimonia l'esperienza in merito ad attività sui migranti, portata avanti dalla CRI, che ha svolto attività di sensibilizzazione in piccole comunità in cui c'è la solidarietà alla povertà e della tradizione
Un percorso fatto di piccoli passi in cui si configurano come parole chiave Relazioni e Responsabilità, come dice Antonio la Rosa: relazioni al fine di costruire con i migranti un'acculturazione per sapersi meglio rapportare con la società che li accoglie e per determinare quindi un impatto sociale positivo, Responsabilità come consapevolezza dei diritti e dei doveri per essere cittadini, per una migliore crescita e integrazione .
Integrazione perseguibile, come detto dal responsabile Fidem Silvio Nocera, ponendo l'attenzione sulla centralità dell'individuo nella sua complessità, come “ insieme”, che solo se rispettato in toto può portare alla felicità.
Perché la felicità è uguale per tutti se non ci sono barriere di esclusione e di derisione, se si individuano spazi e punti di riferimento, affinché gli omosessuali non si sentano soli e abbiano la forza di “metterci la faccia”, senza timore, perché i figli che si suicidano sono figli di una società escludente.
In apertura e chiusura del focus ci sono stati due ulteriori momenti molto importanti e partecipati di riflessione.
In apertura il Teatro dell'Oppresso curato da Ciccio Tedesco ha interrogato la parte più intima sul diritto alla scelta, inducendo ad attivare un percorso di riflessione con metodologia partecipata e di gruppo.
La proiezione del Film “Fuoristrada” di Elisa Amoruso, presentato da Fabio Mollo, ha concluso degnamente un focus che ha indotto ad una riflessione generale e ha generato proposte interessanti.
Sulla Formazione, da più parti indicata come soluzione alle difficoltà affrontate, si è incentrato il focus della mattinata di venerdì 18 luglio, a Palazzo Campanella presso la sala Monteleone: appuntamento dal titolo “Formazione e Antidiscriminazione”, anch'esso patrocinato dall'UNAR. Ha moderato l'incontro Vanni Piccolo, che ha subito introdotto il punto focale della discussione: l'importanza del compito formativo della scuola, di una scuola che sappia fare l'anamnesi di ogni alunno, che riesca a conoscerne la situazione, e che sia pronta ad accogliere anche una persona omosessuale al pari di tutte le altre; “è nel periodo scolastico che si forma la sensibilità- ha aggiunto Vanni Piccolo- e non parlare di omosessualità equivale a negare la possibilità di sviluppare conoscenza e rispetto delle diversità”.
Lucio Dattola, Presidente del comitato provinciale Arcigay di Reggio Calabria ha sottolineato l'importanza del ruolo degli insegnanti, il bisogno di conoscenza e formazione che coinvolge tutti, anche i docenti, e la necessità di non perdere mai il bisogno di interrogarsi sul proprio ruolo, e nello specifico di chiedersi come intervenire di fronte all'omofobia.
Sonia D'Aniello, della Segreteria del CGD (coordinamento genitori democratici) si è soffermata sul ruolo genitoriale: “La scuola ha il dovere di sostenere i ragazzi omosessuali, e le famiglie hanno contemporaneamente il dovere di sostenere i ragazzi e la scuola stessa in questo percorso”. “Compito del genitore è che i figli abbiano tutti i mezzi per poter compiere scelte libere” ha aggiunto la D'Aniello, che ha individuato nella laicità della scuola la condizione essenziale per raggiungere questi risultati.
Beppe Bagni, Presidente del CIDI (centro iniziativa democratica insegnanti) si è soffermato sulla necessità di formare gli insegnanti: “I ragazzi a cui dobbiamo insegnare non hanno nulla in comune con i ragazzi che siamo stati noi. E' necessario cambiare la scuola, la didattica, ed avviare un cambio di metodi radicale, a partire dalla messa in discussione del classico insegnamento frontale, ormai obsoleto davanti alle diversità degli alunni”.
Paola Schipani, docente del Liceo Artistico Mattia Preti di Reggio Calabria, ha coinvolto la platea con il racconto dell'esperienza del “laboratorio di educazione alla legalità e ai diritti” creato nell'istituto, raccontando l'episodio del confronto con i rappresentanti dell'Arcigay di Reggio, e di quanto questo sia servito per destrutturare tanti pregiudizi. Ha poi ammonito tutti sul rischio indifferenza “Quando si dice di essere indifferenti, che ognuno può fare quello che vuole, non si è aperti, ci si sta solo lavando le mani e rifiutando il confronto”.
Dopo i saluti dell'Assessore regionale al Bilancio Giacomo Mancini e della Dottoressa Anna Maria Ciaccio, del settore Politiche Sociali della Regione, è stata la volta di Paola Di Lazzaro, in rappresentanza dell'UNAR: è dal 2010 che l'Unar si occupa, oltre che di discriminazioni razziali, di tutti gli altri tipi di discriminazione, quindi anche quella basata sull'orientamento sessuale. Restando al tema della Formazione l'ufficio nazionale anti discriminazioni razziali ha predisposto cicli di formazione a cascata, che a partire dai ministeri fino ad arrivare a tutti gli uffici periferici, coinvolgano ogni ambito: sono già partiti progetti formativi per le forze dell'ordine e il mondo del lavoro, da settembre si partirà con la scuola, “bisogna fornire a tutti gli strumenti per capire e vivere le differenze”.
Filomena Fotia del MIUR ha parlato di una scuola che non può essere definita tale se non svolge prima di tutto un compito di integrazione. Presentando il portale internet “Noi siamo pari” (un progetto ministeriale incentrato sulle pari opportunità nel mondo della scuola) la Fotia ha riportato alcuni dati ISTAT secondo i quali mentre la maggioranza della popolazione è dalla parte dei diritti lgbt, ancora c'è molta strada da fare sull'accettazione dell'affettività omosessuale, che spesso viene rimossa. Per questo la scuola ha l'obbligo di saper parlare di diversità.
Michela Calabrò, responsabile della Formazione per l'Arcigay di Reggio, ha parlato dell'esperienza dell'Osservatorio provinciale per l'analisi e il contrasto all'omo-transfobia. Oltre mille le presenze in un anno di attività, per la maggior parte persone omosessuali, tanti eterosessuali e nessuna persona transessuale. Un'utenza giovanissima (solo una persona su dieci ha dai 35 anni in su). Ma ci sarà un incontro specifico a settembre in cui verranno presentati i dati dell'Osservatorio.