Omicidio imprenditore lametino,chiesta conferma condanna dell'omicida
La condanna a 30 anni di reclusione per Nicola Paciullo, imputato per l'omicidio di Antonio Perri, deve essere confermata, perche' gli elementi di prova a suo carico su cui si e' basata la prima sentenza sono inconfutabili. E' quanto ha sostenuto oggi il sostituto procuratore generale Giovanni Grisolia davanti alla Corte d'assise d'appello di Catanzaro, al termine della sua lunga requisitoria nel processo di secondo grado a carico di Nicola Paciullo, 28enne gia' condannato in primo grado per l'omicidio di Antonio Perri, l'imprenditore lametino 71enne assassinato il 10 marzo 2003 nel Centro commerciale "Atlantico" a Lamezia Terme. Il pg ha ripercorso il quadro probatorio che ha condotto inesorabilmente alla condanna dell'imputato, arrivata il 17 ottobre del 2008 dal giudice dell'udienza preliminare di Catanzaro, al termine del giudizio abbreviato che ha evitato all'imputato l'ergastolo per via del previsto sconto di pena di un terzo per la scelta del rito. Anzitutto il riconoscimento del 28enne quale killer di Perri da parte di due testimoni su tre che con certezza, dopo due ricognizioni - una fotografica ed una di persona -, lo hanno indicato come colui che entro' nel centro commerciale chiedendo chi fosse il proprietario, cioe' proprio Perri, prima di udire i colpi di pistola con cui la vittima fu ucciso. In secondo luogo, la pubblica accusa si e' basata su quella perizia effettuata dal consulente informatico Gioacchino Genchi che, monitorando l'attivita' del telefono cellulare di Paciullo in quel 10 marzo di sette anni fa, ricostrui' i suoi spostamenti a partire dalle ore 16.23, quando si mosse dalla zona dove viveva, nel reggino, fino a Lamezia Terme, da dove il giovane fece una telefonata alle 17.45, e poi ancora oltre fino al suo ritorno a casa, nei cui pressi giunse alle 20.13, circa un'ora dopo l'omicidio. Meno peso, infine, la Procura ha voluto attribuire a quella segnalazione anonima che indico' proprio in Paciullo l'assassino di Perri, spiegando che il giovane, presunto affiliato al clan Cataldo, fu inviato a Lamezia su richiesta dei vertici di una delle piu' note cosche della Piana, che sarebbero state solite scambiarsi favori del genere con i clan reggini. Completamente opposta la tesi dell'avvocato Vincenzo Nobile, uno dei due difensori di Paciullo, che ne ha chiesto l'assoluzione contestando soprattutto la validita' del riconoscimento effettuato dai testimoni, i quali secondo il penalista furono invece alquanto titubanti nell'identificare il suo cliente come quel sicario che, la sera del 10 marzo, entro' a volto scoperto nel magazzino del Centro commerciale, situato al piano sottostante il supermercato e, dopo aver chiesto del titolare, Antonio Perri, gli scarico' addosso una pistola calibro 9. Cinque colpi raggiunsero l'imprenditore tra l'addome e il torace ammazzandolo sul colpo, prima che l'assassino fuggisse per allontanarsi a bordo di un'auto ritrovata poco distante e risultata rubata. Per conoscere la decisione dei giudici di secondo grado nei confronti di Paciullo, comunque, bisognera' attendere ancora due giorni, poiche' giovedi' e' prevista l'arringa dell'altro suo difensore, l'avvocato Salvatore Staiano, ed eventuali repliche del pg. Sara' a quel punto trascorso ben oltre un anno da quando fu proposta l'impugnazione della sentenza di primo grado - giunta oltre tutto dopo oltre due anni dall'inizio del giudizio abbreviato -. Un tempo talmente lungo da indurre lo scorso giugno i familiari della vittima, che non avevano ancora notizie circa la fissazione del processo, ad inviare un'accorata missiva al ministro della Giustizia Angelino Alfano, al Consiglio superiore della magistratura, al procuratore generale presso la Corte d'appello di Catanzaro ed al presidente della Corte d'assise d'appello, chiedendo che venissero "assunte tutte le iniziative opportune e necessarie al fine di accelerare la trattazione del procedimento".