Catturata “La Mamma”, arrestato il superlatitante Antonio Pelle
È finita la latitanza di Antonio Pelle, detto “La Mamma”, ritenuto il capo indiscusso della cosca Pelle Vancheddu di San Luca, nel reggino, clan consociato con i Vottari, detti “Frunzu”, e che è stato localizzato in un vano segreto, realizzato nel suo appartamento in contrada Ricciolio di Benestare.
Pelle, 54 anni - che è sposato con Teresa Vottari (46), figlia del defunto Giuseppe, già collocato ai vertici dell’omonima cosca - era ricercato dal 2011, quando si rese irreperibile scappando dall’Ospedale di Locri, dove era stato ricoverato d’urgenza (ai domiciliari), ed era inserito nell’elenco, stilato dal Ministero dell’Interno, dei 100 latitanti più pericolosi.
A suo carico pende una pena detentiva di 20 anni e un mese di carcere per associazione mafiosa, coltivazione illecita di stupefacenti, ricettazione, evasione e detenzione abusiva di armi e munizioni.
L’arresto è stato eseguito dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e dallo Sco, il Servizio Centrale Operativo della Polizia.
Il superlatitante è considerato, dunque, il capo dello schieramento criminale che si ritiene responsabile della cosiddetta “Strage di Natale”, avvenuta nel 2006, dove trovò la morte anche Maria Strangio. L’azione di fuoco di allora si inquadrerebbe, secondo gli investigatori, nel più ampio contesto della faida che, ormai dal 1991, insanguina San Luca e che ha visto contrapporsi le cosche Vottari "Frunzu", Pelle "Vancheddu" e Romeo "Stacchi" da un lato e quelle degli Strangio "Janchi" e Mrta "Versu", dall'altro.
Lo scontro culminò nella tristemente famosa “strage di Duisburg”, in Germania, il giorno di ferragosto del 2007, in cui vennero assassinati sei presunti affiliati ai Pelle-Vottari.
Secondo gli inquirenti, anche gli omicidi avvenuti negli anni 1991-1993, tra le due fazioni contrapposte, che hanno preceduto la strage di Natale, vanno tutti inquadrati nello stesso contesto criminale.
A seguito di questi fatti, Pelle, il 30 agosto del 2007, fu raggiunto da un fermo e dal conseguente provvedimento di custodia cautelare (emesso il 17 settembre di quell’anno dal Gip di Reggio nell’ambito dell’Operazione “Fehida”), ai quali però era riuscito a sottrarsi.
La Mobile e lo Sco lo avevano poi arrestato, il 16 ottobre del 2008, ad Ardore Marina, dopo averlo rintracciato in un bunker sotterraneo.
Il 19 marzo 2009, subì la condanna in primo grado a 13 anni e il 14 aprile del 2011 la Corte di Appello della città dello Stretto ne aveva sostituito la custodia in carcere con quella dei domiciliari. Una perizia fatta dai consulenti della Corte d’Assise, infatti, aveva stabilito la sua incompatibilità col regime carcerario per una grave forma di anoressia, sopraggiunta dopo che, in precedenza, si sarebbe rifiutato volontariamente di mangiare. Una situazione tanto grave al punto che in alcune udienze Pelle fu condotto addirittura in barella. Successivamente, il 14 settembre del 2011, veniva ricoverato d’urgenza nell’ospedale di Locri da cui poi fuggì.
Indagini successive avrebbero accertato che Pelle progettava da tempo l’evasione. Durante la detenzione, infatti, come emerso da alcune intercettazioni, gli inquirenti avevano avuto modo di appurare, forse con complicità all’interno del carcere, che fosse riuscito ad avere dei medicinali dimagranti.
Il 16 settembre del 2011 la Corte d’Appello aveva emesso una ordinanza di ripristino della custodia in carcere a suo carico.
Nel 2013, esattamente il 16 di maggio, a seguito del cumulo delle pene inflitte, gli venne rideterminata la pena da scontare in poco più di 20 anni, inflitta una multa di 40 mila euro e fu interdetto perpetuamente dai pubblici uffici con l’interdizione legale per la durata della pena.
(aggiornata alle 13:15)